di Marcello Cabriolu
Ph: Durdica Bacciu
Ph: Durdica Bacciu
L’area
archeologica, tagliata in due settori dalla strada che conduce a Senorbì, sorge
sopra un tavolato di arenaria e scisto e corona a oriente un insediamento
preistorico. La collocazione cronologica la inquadra nella facies di San
Michele di Ozieri che va dal 3200 al 2850 a.C., ma nulla esclude, per alcune
sepolture dalla tipologia monocellulare, che siano più antiche. I reperti
rinvenuti ci mostrano un utilizzo dell’area funeraria e una tumulazione di
defunti almeno sino al 1900 a.C.. Il settore settentrionale, caratterizzato
dalle tombe a circolo, ospita un allineamento di menhir, di dubbia arcaicità, alcuni aniconici e alcuni antropomorfi, molti dei quali erano sul
terreno e sono stati eretti recentemente.
Tra questo tipo di sepolture spiccano la II, la IV e la V denominata “Nuraxeddu”. Le tombe a circolo sono costituite da una cista; da una parte interna in cui veniva deposto il defunto in posizione fetale o anche seduto, accompagnato dal corredo, e che in origine risultava coperta da un tumulo di terra; e dal peristilio, il circolo di pietre che segnala e circonda la sepoltura vera e propria. La curiosità del peristilio dei circoli tombali sardi - quello di Goni come quello di Sa Serra ‘e Su Paroni di Sant’Antioco - è che il muro si presenta legato a “sacco”, dimostrando quanto la tecnica edilizia tipica dei nuraghi abbia un’alta antichità. La sepoltura II si evidenzia per la cista centrale - creata da un blocco in arenaria scavato in due ambienti e trasportata da lontano sino al centro del circolo funerario - e per un altro macigno scavato a creare un portello di ingresso.
Frontalmente alla cista si apre un corridoio che taglia il peristilio e vede nell’ingresso, sulla destra, un grosso menhir eretto, simboleggiante un antenato. Attorno a questa sepoltura, che per tipologia e bellezza doveva appartenere ad un aristocratico, ne sorgono delle altre, simili sotto l’aspetto formale ma un po’ più semplici, con la cista ricavata da piccole pietre accostate a cassone. La sepoltura V in particolare, detta Nuraxeddu, forse più recente, mostra che al circolo originario venne aggiunto un corridoio di lastre ortostatiche, che poteva essere coperto da piattabande, dando origine ad un allé couverte. La tomba IV invece, dal profilo circolare, viene detta la “Triade” per la presenza di tre menhir infissi nel terreno e tangenti al peristilio. Il resto della necropoli si estende sul roccione di Genna Accas ed è formata principalmente da Domus de Janas. Forse ad accogliere la componente sociale più povera, in confronto alla magnificenza dell’altro tipo tombale, l’insieme di queste domus venne scavato accanto alle sepolture a cista, in prossimità di un roccione su cui venne sagomata una testa antropomorfa: quella Dea Madre, usanza praticata anche nelle necropoli di Filigosa a Macomer o di Locci Santus a San Giovanni Suergiu. La cima di Genna Accas ospita, tra le altre strutture, una “roda”, ovvero un circolo di pietre dove is attittadoras, le piangenti, officiavano il rituale di veglia e sepoltura. Le tombe qui descritte presentano consistenti tracce di umidità, come se fossero state scavate in prossimità di acque sorgive o come se fosse stato desiderio voluto quello di far concentrare al loro interno le acque piovane. Nelle camere, di forma uterina o semicircolare, gli individui (in numero di uno o più) vennero deposti in posizione fetale proprio in prossimità dell’accumulo idrico, quasi a riprodurre una forma di grembo materno con tanto di liquido amniotico. A rappresentare una nuova nascita dopo la morte.
Tra questo tipo di sepolture spiccano la II, la IV e la V denominata “Nuraxeddu”. Le tombe a circolo sono costituite da una cista; da una parte interna in cui veniva deposto il defunto in posizione fetale o anche seduto, accompagnato dal corredo, e che in origine risultava coperta da un tumulo di terra; e dal peristilio, il circolo di pietre che segnala e circonda la sepoltura vera e propria. La curiosità del peristilio dei circoli tombali sardi - quello di Goni come quello di Sa Serra ‘e Su Paroni di Sant’Antioco - è che il muro si presenta legato a “sacco”, dimostrando quanto la tecnica edilizia tipica dei nuraghi abbia un’alta antichità. La sepoltura II si evidenzia per la cista centrale - creata da un blocco in arenaria scavato in due ambienti e trasportata da lontano sino al centro del circolo funerario - e per un altro macigno scavato a creare un portello di ingresso.
Frontalmente alla cista si apre un corridoio che taglia il peristilio e vede nell’ingresso, sulla destra, un grosso menhir eretto, simboleggiante un antenato. Attorno a questa sepoltura, che per tipologia e bellezza doveva appartenere ad un aristocratico, ne sorgono delle altre, simili sotto l’aspetto formale ma un po’ più semplici, con la cista ricavata da piccole pietre accostate a cassone. La sepoltura V in particolare, detta Nuraxeddu, forse più recente, mostra che al circolo originario venne aggiunto un corridoio di lastre ortostatiche, che poteva essere coperto da piattabande, dando origine ad un allé couverte. La tomba IV invece, dal profilo circolare, viene detta la “Triade” per la presenza di tre menhir infissi nel terreno e tangenti al peristilio. Il resto della necropoli si estende sul roccione di Genna Accas ed è formata principalmente da Domus de Janas. Forse ad accogliere la componente sociale più povera, in confronto alla magnificenza dell’altro tipo tombale, l’insieme di queste domus venne scavato accanto alle sepolture a cista, in prossimità di un roccione su cui venne sagomata una testa antropomorfa: quella Dea Madre, usanza praticata anche nelle necropoli di Filigosa a Macomer o di Locci Santus a San Giovanni Suergiu. La cima di Genna Accas ospita, tra le altre strutture, una “roda”, ovvero un circolo di pietre dove is attittadoras, le piangenti, officiavano il rituale di veglia e sepoltura. Le tombe qui descritte presentano consistenti tracce di umidità, come se fossero state scavate in prossimità di acque sorgive o come se fosse stato desiderio voluto quello di far concentrare al loro interno le acque piovane. Nelle camere, di forma uterina o semicircolare, gli individui (in numero di uno o più) vennero deposti in posizione fetale proprio in prossimità dell’accumulo idrico, quasi a riprodurre una forma di grembo materno con tanto di liquido amniotico. A rappresentare una nuova nascita dopo la morte.
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Telefono e fax (uffici): 070-982059 http://www.pranumuttedu.com/chi_siamo.html
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