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mercoledì 16 marzo 2016

Il complesso di Crisioni già conosciuto come Gruttiacqua - Sant'Antioco



di Marcello Cabriolu
Ph: Marcello Cabriolu
Archeolbia
Protonuraghe di tipo E - Gruttiacqua - Sant'Antioco
Subito dopo il ponte che introduce al paese, svoltare a sinistra per la via Carbonia e dopo averla percorsa tutta svoltare nuovamente a sinistra per la zona industriale. Oltrepassare la caserma dei carabinieri e proseguire fino allo spartitraffico che incrocia la SP 76 che conduce alle spiagge, poco dopo il depuratore. Svoltare di nuovo a sinistra e proseguire sempre dritti per circa 6,5 chilometri. Arrivare alla piazzola della Fontana Cannai e, superata questa, svoltare sulla sinistra (all’altezza di un ponticello) per la strada che conduce alla spiaggia di Coaquaddus. Dopo 200 metri svoltare a destra in una stretta stradina di penetrazione agricola asfaltata che conduce alla zona de “Su Semafuru”. Dopo 1,7 chilometri si supera l’incrocio per “Su Semafuru” e si prosegue sulla destra per 1,6 chilometri di strada sterrata fino a giungere alla piazzola dell’area archeologica. L’area, molto vasta, si raggiuge percorrendo a piedi lo stradello fiancheggiato da muretti a secco che si prende dopo aver attraversato l’ovile antistante la piazzola.
L’area è molto vasta e non comprende il semplice bastione turrito ma si articola in una vera e propria borgata con quartieri specifici. L’ampio complesso, che vede la presenza umana stanziale dal Neolitico Recente (3200-2850 a.C.) sino al Medioevo, si sviluppa in un altipiano di origine vulcanica sfruttandone le cime e le conche. L’insediamento non è mai stato fatto oggetto di indagini stratigrafiche ma esclusivamente di interventi di mantenimento e pulizia sotto indicazione della Soprintendenza ai BB.CC.AA. 
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Bacino di Gruttiacqua - Sant'Antioco
L’estensione del complesso è di gran lunga superiore ai cento ettari ma quella osservabile si riduce a circa 5 Ha. L’insediamento è strutturato con un quartiere civile, ampio quanto il contesto di Serucci di Gonnesa o forse più, che ospita le capanne e gli isolati ad indirizzo abitativo dove, attorno al XIX sec. a.C., si svolgeva la vita quotidiana. Il quartiere si sviluppa dalla cima di mt 137 s.l.m. in direzione sud-ovest quasi in prossimità del bastione nuragico. Il nuraghe complesso, eretto proprio sulla cima, si presenta di almeno due livelli ed è composto da un mastio centrale A, di forma sub ellittica, a cui si addossa un bastione formato da quattro cortine rettilinee, intercalate da quattro torri: B, C, D ed E. Queste, accostate al mastio in maniera concentrica, si orientano rispettivamente a nord-nord-ovest, est-nord-est, sud-sud-est, ovest-sud-ovest e si costituiscono, come il resto del complesso, di massi sub rettangolari di andesite basaltica legati con tecnica edilizia a “sacco”. 
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Domus de janas
La parte sommitale del nuraghe si mostra scoperchiata e, osservando i mensoloni crollati e quelli rimasti eretti, di vari litotipi quali arenaria beige e trachite violacea, si è portati a considerare che la sua cima fosse caratterizzata da policromia come in molti altri contesti sardi. Gli ambienti scoperchiati si rivelano di pianta sub ellittica e disordinata, con piattebande a coprire corridoi e sale, suggerendo che l’edificio sia nato come protonuraghe attorno al XVII sec. a.C. Tutt’attorno al nuraghe si sviluppa l’antemurale con almeno tre torri: F, G, H, orientate rispettivamente a nord-nord-ovest, sud-sud-est, ovest-sud-ovest. Il fianco occidentale dell’altipiano ospita il quartiere artigianale formato da tre pozzi in  “cascata” e un sistema di induzione delle acque che potremmo tranquillamente definire come acquedotto preistorico. Tramite canalette scolpite nella roccia trachitica, l’acqua piovana viene concentrata nei bacini sottostanti creati in prossimità di falde permanenti. Da un bacino agli altri, posti a quote leggermente inferiori, l’acqua viene indotta attraverso dei canali, anche sotterranei, che fanno defluire il “troppo pieno” creando un sistema idrico importante. 
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circolo megalitico
I tre bacini sinora riscontrati vedono l’adattamento di conche naturali con grossi muraglioni di contenimento e di induzione delle acque. All’esterno di questo settore si aprono gli ambienti rettangolari con i mortai per la lavorazione dell’argilla. In questo punto, sia grumi informi di argilla cotta che numerosissimi frammenti di ceramiche sono facilmente visibili in superficie. Il quartiere ad indirizzo cultuale si identifica con un laghetto incassato in una conca ignimbritica, una sorta di vasca lustrale come quella di Su Romanzesu di Bitti, ottenuto sia dalla concentrazione delle acque piovane dal circondario sia dallo sfruttamento di una falda sorgiva. Il laghetto è dotato di un canale di scolo che, percorse diverse centinaia di metri, riversa le proprie acque nella valle sottostante quasi in prossimità di un pozzo sacro. Quest’ultimo, edificato in ignimbriti e di pianta ellittica, è costituito tuttora da un atrio-vestibolo e da una cella di sezione tronco conica che termina in un’apertura sommitale. Ancora ingombro di crollo, presenta le pareti dell’atrio formate da filari di conci poligonali accostati. 
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bacile
L’ingresso alla cella si mostra di luce  rettangolare sormontato da un architrave coronato da una finestrella di scarico molto ampia. Il quartiere funerario, molto vasto, posto sopra l’altipiano, è formato da due “rodas”, ossia due circoli megalitici di circa nove macigni ortostatici ciascuno. Tali circoli, comuni in contesti funerari quali quello di Pranu Mutteddu di Goni, erano gli ambienti dove deporre il defunto e officiare, da parte delle piangenti, la cerimonia de “S’Attittu” o commemorazione del defunto. Accanto a questi circoli megalitici si notano diffuse nell’intorno numerose Domus de Janas e nelle vicinanze, a quota 113 mt s.l.m., sorgono due protonuraghi distanti tra loro non più di 30 mt. L’area funeraria continua in direzione ovest per circa 1,3 km: appare ben chiara l’esistenza di sentieri lastricati con la presenza di menhir. In particolare, in prossimità di una cresta di origine vulcanica nota come “Sa Corona ‘e su Crabì”, sorgono due Tombe dei Giganti e una Domus de Janas, indicate entrambe per via del toponimo del luogo come de “Su Niu de su Crobu”. 
Delle due Tombe gentilizie ne rimane in discrete condizioni solamente una, l’unico monumento preistorico dell’isola ad aver ricevuto un’indagine stratigrafica. Si compone di un corridoio funerario absidato nella parte posteriore e aperto verso est con un’esedra asimmetrica che ne decora la facciata. Della seconda sepoltura residua ben poco essendo stata violata e ricoperta sia dai tombaroli che dalla macchia mediterranea. La domus de janas, l’ipogeo a sviluppo orizzontale più imponente, detta de Su Niu ‘e su Crobu, si apre in una collina vulcanica - detto tafone - e presenta tutt’attorno un muro a “sacco” che ne evidenzia l’area sacra, sottolineando come tutto il contesto finora descritto abbia visto una frequentazione continua dal Neolitico recente almeno sino al Bronzo Recente e Finale.

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