di Marcello Cabriolu
Ph: Marcello Cabriolu
Ph: Marcello Cabriolu
Protonuraghe di tipo E - Gruttiacqua - Sant'Antioco |
L’area
è molto vasta e non comprende il semplice bastione turrito ma si articola in
una vera e propria borgata con quartieri specifici. L’ampio complesso, che vede
la presenza umana stanziale dal Neolitico Recente (3200-2850 a.C.) sino al
Medioevo, si sviluppa in un altipiano di origine vulcanica sfruttandone le cime
e le conche. L’insediamento non è mai stato fatto oggetto di indagini stratigrafiche
ma esclusivamente di interventi di mantenimento e pulizia sotto indicazione
della Soprintendenza ai BB.CC.AA.
Bacino di Gruttiacqua - Sant'Antioco |
L’estensione del complesso è di gran lunga
superiore ai cento ettari ma quella osservabile si riduce a circa 5 Ha.
L’insediamento è strutturato con un quartiere civile, ampio quanto il contesto
di Serucci di Gonnesa o forse più, che ospita le capanne e gli isolati ad
indirizzo abitativo dove, attorno al XIX sec. a.C., si svolgeva la vita
quotidiana. Il quartiere si sviluppa dalla cima di mt 137 s.l.m. in direzione
sud-ovest quasi in prossimità del bastione nuragico. Il nuraghe complesso,
eretto proprio sulla cima, si presenta di almeno due livelli ed è composto da
un mastio centrale A, di forma sub ellittica, a cui si addossa un bastione
formato da quattro cortine rettilinee, intercalate da quattro torri: B, C, D ed
E. Queste, accostate al mastio in maniera concentrica, si orientano
rispettivamente a nord-nord-ovest, est-nord-est, sud-sud-est, ovest-sud-ovest e
si costituiscono, come il resto del complesso, di massi sub rettangolari di
andesite basaltica legati con tecnica edilizia a “sacco”.
Domus de janas |
La parte sommitale
del nuraghe si mostra scoperchiata e, osservando i mensoloni crollati e quelli
rimasti eretti, di vari litotipi quali arenaria beige e trachite violacea, si è
portati a considerare che la sua cima fosse caratterizzata da policromia come
in molti altri contesti sardi. Gli ambienti scoperchiati si rivelano di pianta
sub ellittica e disordinata, con piattebande a coprire corridoi e sale,
suggerendo che l’edificio sia nato come protonuraghe attorno al XVII sec. a.C.
Tutt’attorno al nuraghe si sviluppa l’antemurale con almeno tre torri: F, G, H,
orientate rispettivamente a nord-nord-ovest, sud-sud-est, ovest-sud-ovest. Il
fianco occidentale dell’altipiano ospita il quartiere artigianale formato da
tre pozzi in “cascata” e un sistema di induzione
delle acque che potremmo tranquillamente definire come acquedotto preistorico.
Tramite canalette scolpite nella roccia trachitica, l’acqua piovana viene
concentrata nei bacini sottostanti creati in prossimità di falde permanenti. Da
un bacino agli altri, posti a quote leggermente inferiori, l’acqua viene
indotta attraverso dei canali, anche sotterranei, che fanno defluire il “troppo
pieno” creando un sistema idrico importante.
circolo megalitico |
I tre bacini sinora riscontrati
vedono l’adattamento di conche naturali con grossi muraglioni di contenimento e
di induzione delle acque. All’esterno di questo settore si aprono gli ambienti rettangolari
con i mortai per la lavorazione dell’argilla. In questo punto, sia grumi
informi di argilla cotta che numerosissimi frammenti di ceramiche sono
facilmente visibili in superficie. Il quartiere ad indirizzo cultuale si
identifica con un laghetto incassato in una conca ignimbritica, una sorta di
vasca lustrale come quella di Su Romanzesu di Bitti, ottenuto sia dalla
concentrazione delle acque piovane dal circondario sia dallo sfruttamento di
una falda sorgiva. Il laghetto è dotato di un canale di scolo che, percorse
diverse centinaia di metri, riversa le proprie acque nella valle sottostante
quasi in prossimità di un pozzo sacro. Quest’ultimo, edificato in ignimbriti e
di pianta ellittica, è costituito tuttora da un atrio-vestibolo e da una cella
di sezione tronco conica che termina in un’apertura sommitale. Ancora ingombro
di crollo, presenta le pareti dell’atrio formate da filari di conci poligonali
accostati.
bacile |
L’ingresso alla cella si mostra di luce rettangolare sormontato da un architrave
coronato da una finestrella di scarico molto ampia. Il quartiere funerario,
molto vasto, posto sopra l’altipiano, è formato da due “rodas”, ossia due circoli megalitici di circa nove macigni
ortostatici ciascuno. Tali circoli, comuni in contesti funerari quali quello di
Pranu Mutteddu di Goni, erano gli ambienti dove deporre il defunto e officiare,
da parte delle piangenti, la cerimonia de “S’Attittu”
o commemorazione del defunto. Accanto a questi circoli megalitici si notano diffuse
nell’intorno numerose Domus de Janas e nelle vicinanze, a quota 113 mt s.l.m.,
sorgono due protonuraghi distanti tra loro non più di 30 mt. L’area funeraria
continua in direzione ovest per circa 1,3 km: appare ben chiara l’esistenza di
sentieri lastricati con la presenza di menhir. In particolare, in prossimità di
una cresta di origine vulcanica nota come “Sa Corona ‘e su Crabì”, sorgono due
Tombe dei Giganti e una Domus de Janas, indicate entrambe per via del toponimo
del luogo come de “Su Niu de su Crobu”.
Delle due Tombe gentilizie ne rimane in
discrete condizioni solamente una, l’unico monumento preistorico dell’isola ad
aver ricevuto un’indagine stratigrafica. Si compone di un corridoio funerario
absidato nella parte posteriore e aperto verso est con un’esedra asimmetrica
che ne decora la facciata. Della seconda sepoltura residua ben poco essendo
stata violata e ricoperta sia dai tombaroli che dalla macchia mediterranea. La
domus de janas, l’ipogeo a sviluppo orizzontale più imponente, detta de Su Niu
‘e su Crobu, si apre in una collina vulcanica - detto tafone - e presenta
tutt’attorno un muro a “sacco” che ne evidenzia l’area sacra, sottolineando
come tutto il contesto finora descritto abbia visto una frequentazione continua
dal Neolitico recente almeno sino al Bronzo Recente e Finale.
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