Corpo preistorico a Gruttiacqua Sant'Antioco |
MARCELLO
CABRIOLU
Premessa
Il
toponimo di Gruttiacqua (Capo Sperone –
Foglio n°572 sez IV) inquadra una porzione di territorio, situata nel settore
sud occidentale dell’Isola di Sant’Antioco, costituita da rioliti (circa 16
milioni di anni fa)[2],
riodaciti, daciti e subordinatamente comenditi, in espandimenti ignimbritici,
cupole di ristagno e rare colate[3]
(27-24 milioni di anni fa). Oggetto di questa comunicazione è la segnalazione
di un complesso preistorico, già conosciuto come tempio a pozzo[4].
Il sito si colloca a circa 320 mt a WSW dal già conosciuto Nuraghe complesso di
Gruttiacqua con un azimuth di 261°. L’oggetto della segnalazione si colloca nel
punto 32S 1448526 E 4314629 N GB e la quota orografica si fissa a 89 mt s.l.m.
Il materiale impiegato risulta estratto in loco dove una cupola lavica formata
da rioliti vide la luce circa 16 milioni di anni fa[5].
Indagine al suolo
Da
tempo l’area è riconosciuta come complesso archeologico. In particolare
l’edificio si addossa, aperto verso NNE, nel vertice NNW di un piccolo sperone
roccioso. E’ doveroso evidenziare che nell’area sia stata effettuata attività di
pascolo, oltreché violazioni da parte di vandali che ne possono aver modificato
l’aspetto superficiale. Studiando sul posto sia i manufatti che le strutture
evidenti, si sono potute individuare numerose tracce di frequentazione che
vanno dalla preistoria almeno sino all’epoca imperiale.
Fittili
Tramite
una ridotta analisi dei reperti visibili sul suolo si possono individuare delle
forme ceramiche (dagli spessori con piccole inclusioni micacee e varianti dai
toni beige a quelli bruni) inquadrabili - grazie allo studio degli orli e delle
forme aperte - come appartenenti a varie culture, dalla facies di Monte Claro
sino all’epoca imperiale.
Il contesto
Addossato
al vertice NNW di uno sperone roccioso, l’edificio oggetto di indagine presenta
un corpo fortemente ellittico con asse lungo la direzione NNE-SSW di circa mt
8,60. Nonostante sia stato già precedentemente inquadrato nella tipologia dei
templi a pozzo nella variante di falda, esso presenta innanzitutto una
struttura non affatto ipogeica, bensì ricavata all’interno di una piattaforma
muraria che si eleva per almeno due metri dal piano di campagna. Se dal lato
orientale il monumento risulta addossato alla roccia, nel fianco occidentale lo
spessore murario, reso chiaramente a “sacco”, mostra ancora la sua integrità. Lo
spessore del paramento si presenta di almeno un metro e cinquanta e risulta
costituito esternamente da corsi di colossali macigni poligonali accostati. Il
lato interno, sempre del paramento, è composto da conci poligonali peduncolati
rincalzati da numerose zeppe e disposti a formare dei filari. L’ambiente, che i
precedenti studi inquadrano come il vano scala, si presenta di pianta ellittica
e i filari che compongono l’alzato si sovrappongono con aggetto sino a livelli
superiori rispetto a quella che viene inquadrata come la cella del pozzo, in antitesi
alle canoniche strutture le cui pareti si mostrano sempre parallele. Il crollo
che ingombra l’ambiente ellittico si dispone in pendenza verso la cella, ma
osservando i lati dello spazio non si notano incastri tali da far supporre la
presenza di una scala.
L’osservazione dell’aggetto delle pareti porta a
considerare seriamente che questa superficie fosse in origine coperta da una volta
a “schiena d’asino”, in virtù dell’analisi del crollo che non presenta
piattabande ma solamente conci poligonali. Sulle pareti residuano segni
evidenti di fuoco che non aveva ragione di essere in una pendenza scomoda quale
è adesso il crollo, ma che probabilmente si effettuava quando l’ambiente era ancora
completamente sgombro. Il vano ellittico si raccorda a quella che finora è stata
definita la cella del pozzo attraverso un ingresso di luce rettangolare
sormontato da una sottile lastra-architrave, coronata a sua volta da un’ampia
finestrella di scarico di luce sempre rettangolare. Al di sopra di questa, larga
e bassa anziché molto sottile e alta come solitamente si trova nella forma
canonica, si poggia un poderoso macigno, attorniato da altri, che delimita in
altezza quella che è la cella che, viste le ridotte dimensioni, pare più che
altro una nicchia nella muratura. Al di sopra di questo vano la struttura si
eleva ancora, data la presenza di conci con aggetto sul fianco sinistro. La
camera del presunto pozzo, normalmente di pianta circolare con corsi di pietre
sovrapposti in aggetto a formare un’ogiva, si mostra in questo caso coassiale
al vano ellittico, di pianta semi circolare e con piano di calpestio più basso
rispetto all’ambiente antistante. Il fondo, in parte ingombro di crollo, non
poggia sulla roccia, o meglio, in seguito ad un’accurata pulizia, potrebbe
mostrare la base della canna. Non compare alcun pozzetto di captazione, ma
bensì, in direzione SSE verso lo sperone di roccia, un bassissimo corridoio di
luce rettangolare. Cosa porta quindi ad una sostanziale revisione della
tipologia del monumento? La constatazione, condotta dalle nostre indagini, che
anziché una canonica struttura a pozzo ipogeica con scalinata marginata da
pareti parallele, in parte aperta e in parte architravata a gradoni, confluente
in una cella circolare, questa struttura sia parte di un bastione turrito,
poggiato ad uno sperone roccioso, che si eleva sopra il piano di campagna,
costituito da una parte anteriore ellittica completamente coperta e da una
parte posteriore che si mostra più come una nicchia nel fondo di una sala che un
pozzetto circolare.
Evidenti e precisi confronti si possono condurre con il
complesso a bastione di Albucciu di Arzachena, poggiato ad uno sperone
roccioso, dove sulla destra del corridoio di ingresso si apre la sala a di pianta ellittica[6].
Nella parte postica della sala, di cui si allega immagine, compare una nicchia b coassiale all’accesso al vano a, dalla pianta sempre ellittica. Alla
nicchia b si accede da un ingresso
trapezoidale sormontato da una sottile lastra - architrave e coronato da
un’ampia luce di scarico. Il piano di calpestio della nicchia si presenta più
basso rispetto al piano del vano a e
da qui si sviluppa un corridoio di luce rettangolare, percorribile a carponi,
che conduce fuori dalla massa muraria. Questi non sono gli unici esempi che
raccordano l’edilizia gallurese del Bronzo Medio con la contemporanea
antiochense, perchè le similitudini accorpano anche l’edificio absidato in
antis di Nuraghe e’ Mori con il simile di Malchittu; la tomba dei Giganti
di Su Niu ‘e su Crobu con Su Mont’e s’Ape di Olbia e infine i circoli tombali
di De Chirigu con le analoghe strutture di Li Lolghi di Arzachena. L’attuale
assenza di indagini sistematiche non rende giustizia alla reale situazione edilizia
che scaturirebbe più precisa - ovvero un bastione turrito con camera ellittica
e nicchia anziché un sommario inquadramento
come tempio a pozzo - in seguito ad una più attenta analisi dei contesti.
Cella a nicchia b Nuraghe Albucciu - Fonte Carlo Delfino Editore |
Settore del Nuraghe Albucciu di Arzachena |
[1]
V.Marras, Emergenze archeologiche extraurbane di età preistorica nel territorio
del Comune di Sant’Antioco, in Quaderni 13/1996 SS.AA.Ca-Or AA.VV (a cura di),
Ed. Stef, Cagliari 1996 pag 92
[2]
L.Maccioni, M.Marchi, A.Assorgia, Carta Geopetrografica dell’Isola di
Sant’Antioco scala 1:25000, (a cura di) Regione Autonoma della Sardegna –
Assessorato all’Industria
[3]
S.Barca, L.Carmignani, G. Oggiano, P.C. Pertusati, I. Salvadori, Carta
geologica della Sardegna scala 1:200000, (a cura di) Comitato per il
coordinamento della Carta Geologica e Geotematica della Sardegna,
[4]
V.Marras, Emergenze archeologiche extraurbane di età preistorica nel territorio
del Comune di Sant’Antioco, in Quaderni 13/1996 SS.AA.Ca-Or AA.VV (a cura di),
Ed. Stef, Cagliari 1996 pag.95
[5]
L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di
Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
[6]
A.A. Ruju – M.L. Ferrarese Ceruti, Il Nuraghe Albucciu e i monumenti di
Arzachena, Ed. Carlo Delfino Editore, Sassari 1992, pag 46
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