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giovedì 24 marzo 2016

OTTANA(NU) LA PISCINA LIMARIA IN REGIONE S'ORTU E SOS VANZOS



MARCELLO CABRIOLU
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Ottana - Piscina Limaria
Prot. Soprintendenza BBSSAA SS 4976 del 16 maggio 2014
            Premessa
Il contesto è conosciuto come S'Ortu e sos Vanzos (Ottana – Foglio n°207 quadrante IV S.O.), e consta in un edificio quadrangolare, situato alla periferia NW dell'abitato di Ottana (NU) (4453908 N; 1503447 E GB). Il terreno ove sorge la struttura si presenta costituito sia da rioliti in cupole di ristagno e rare colate (28,4-23,3 milioni di anni fa) che da conglomerati, sabbie e argille in terrazzi e conoidi alluvionali generati dalla presenza prossima del fiume Tirso (antiche alluvioni 5,3 – 1,8 milioni di anni fa)[1] . Il monumento si colloca ad una quota orografica di circa 185 mt s.l.m. in seno alla piana alluvionale, di circa 20 kmq, compresa tra i fiumi Liscoi e Tirso, il cui andamento è regolato da un sistema di faglie[2]. L'edificio qui indagato, è tuttora conosciuto come facente parte di un bagno termale, eretto o riattato tra il 190 e il 240 d.C[3]. Con azimuth di 33° dal fianco nord della struttura si individua una sorgente-pozzo, denominata su Cantaru o Puttu Novu, costeggiata da un breve tratto murario ipotizzato di pertinenza all'impianto termale[4]. Distante circa 50 mt, probabilmente alimentata dal Rio S'Abba Viva,  questa sorgente - come numerosi altri pozzi più o meno moderni osservabili nel giro di qualche decina di metri quadrati - è ricordata dalla memoria locale come alimentata da acqua salubre. La situazione pedologica e attitudinale dei suoli ci mostra come questa porzione di territorio, costituita da tufi e depositi alluvionali, sia poco idonea all'irrigazione (pochi orti ad uso domestico e un seminativo asciutto) e incline perciò al pascolo.
Indagine al suolo
Per l’indagine del suolo, tenendo presente che il terreno risulta sgombro da recinzioni e da indicatori di confine, si è proceduto ad una ricognizione di superficie di tipo asistematico corredata da fotografie scattate a seguito dell'intervento di pulizia dalle erbacce operata da un cantiere comunale[5]. Avanzando sul terreno lungo strisce stabilite con orientamento Est - Ovest, valutando sul posto le strutture evidenti, si è proceduto all'indagine e allo sviluppo dello studio.

Fittili
La continua frequentazione dell'area e del complesso legata all'edificazione civile e all'uso agricolo intensivo, almeno sino alle soglie del XXI secolo, ha reso impossibile il rinvenimento, seppur fortuito, di fittile .

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Ricostruzione di una piscina limaria
Il contesto
La piana compresa tra il Rio Liscoi e il fiume Tirso pare ospitare, in epoca severiana, una guarnigione o un insieme di insediamenti, i quali probabilmente necessitavano di un frequente apporto idrico. Piero Meloni descrive, nella Sardegna alle soglie del II sec. d.C, una situazione composta da grossi latifondi, facenti capo ad una grossa villa, fulcri della ricchezza agricola, in cui i lavoratori, liberi o schiavi, vivevano talvolta sparsi in borgate (i vici), contornanti gli edifici principali[6]: una breve e sintetica descrizione che pare riassumere egregiamente la situazione antropica ottanese correlabile con il decentramento di insediamenti e manufatti di epoca imperiale rinvenuti nel territorio comunale[7]. Possiamo pensare che da insediamenti e latifondi come quelli ottanesi la ricchezza (risorse alimentari) fluisse verso la città mentre i numerosi centri minori, compresi quelli locali, documentano, in età severiana, un intenso rinnovamento edilizio[8]. In particolare sotto i Severi (197-235 d.C)[9], secondo Meloni, vengono riattati edifici e opere pubbliche di notevole impegno quali terme e acquedotti accanto a officine e abitazioni private signorili. Le ricognizioni da me effettuate nei mesi di Marzo e Aprile 2014 inducono a inquadrare cronologicamente proprio in questo periodo, di intenso rinnovamento edilizio[10], l'edificio di pianta quadrangolare denominato S'Ortu e sos Vanzos, o perlomeno la sua ristrutturazione[11], individuabile in regione Santa Margaida. Le ricognizioni hanno portato alla riscoperta di una struttura evidente, rimasta per secoli ignorata o incompresa, dando il via ad un'indagine con la quale ho voluto riesaminare, dal punto di vista topografico e sulla base dei dati attualmente disponibili in letteratura, la questione relativa a quella che fu, probabilmente, la principale rete di approvvigionamento idrico dell'insediamento ottanese. La struttura, residuo di una piscina limaria inserita in un acquedotto, appare interrata per metà e composta da un basamento[12] in opera quadrata di blocchi litici, sopra il quale venne posta una muratura realizzata in opera cementizia e rifinita esternamente con opera laterizia[13]. La parte soprastante la costruzione - resa anch'essa in opera cementizia - risulta essere la piscina vera e propria, in cui si depositavano impurità e limi, rifinita da un intonaco in cocciopesto in grado di  garantire un'efficiente impermeabilizzazione[14]. Nei fianchi settentrionale e meridionale della piscina residuano, impermeabilizzate da terracotta, le canalette di adduzione e di fuoriuscita dell'acqua; così come doveva essere impermeabilizzato il fondo della piscina stessa, costituito tuttora da ampie lastre in terracotta visibili solo esternamente. Tuttora non risulta ancora visibile il muro interno trasversale, tanto da far supporre la sua inesistenza. Una riflessione sul posizionamento delle canale di adduzione e di svuotamento spinge a ipotizzare che lo sviluppo dell'acquedotto fosse a 35° circa di azimuth rispetto alla piscina, infatti pare di notare che l'edificio quadrangolare si estenda lungo quest'asse. Il complesso di Vanzos risulta inoltre attorniato da tratti murari parzialmente interrati, supposti, da precedenti studi, come pertinenti alla struttura principale[15], uno dei quali è indicato dalla memoria storica come Su Cantaru. Questo, coincidente secondo quanto riporta la tradizione ad un pozzo di acqua salubre attivo sino a pochi decenni fa, è l'elemento maggiormente indiziato - pur non mostrando una resa in opera cementizia vera e propria e non essendovi elementi che permettono di comprendere come tale manufatto supportasse un'eventuale canalizzazione - di essere il residuo di un piedritto dell'antico acquedotto nel quale si inseriva la piscina limaria.
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Ricostruzione dell speco e della piscina secondo S. Vannuzzi
L'indagine dei massi disseminati nel terreno e accumulati in prossimità della struttura mostra la presenza di residui calcinosi e cementizi in quantità tale da far ipotizzare che si tratti della risulta dei piedritti e delle arcate del sistema idrico, su cui poggiava lo speco, andati in disfacimento. In conclusione mi sento di esprimere che i resti attualmente visibili e attribuibili al passaggio dell'acquedotto sono esigui e mal conservati, ne scaturisce che ogni possibile ricostruzione basata su indagini a carattere territoriale deve considerarsi del tutto preliminare in attesa che si compiano ulteriori e specifiche indagini, possibilmente suffragate da dati di scavo.  


[1]              S.Barca, L.Carmignani, G. Oggiano, P.C. Pertusati, I. Salvadori, Carta geologica della Sardegna scala 1:200000, (a cura di) Comitato per il coordinamento della Carta Geologica e Geotematica della Sardegna,
[2]              Maria Antonietta DESSENA – Giuseppe BIANCO, Analisi ambientale del comune di Ottana, in Ottana Archeologia e territorio, Giuseppe TANDA (a cura di), Stampato Studiostampa, Nuoro maggio 1990, pag. 17
[3]              Antonio Maria CORDA, L'Età romana, in Ottana Archeologia e territorio, Giuseppe TANDA (a cura di), Stampato Studiostampa, Nuoro maggio 1990, pag. 88
[4]              Anna DEPALMAS, Schede dei monumenti, in Ottana Archeologia e territorio, Giuseppe TANDA (a cura di), Stampato Studiostampa, Nuoro maggio 1990, pagg. 192-193
[5]              Si ringrazia calorosamente il Sindaco di Ottana (NU) GianPaolo MARRAS per il supporto tecnico e per la spiccata sensibilità alla promozione culturale mostrata infinite volte
[6]              Piero MELONI, La Sardegna romana, Edizioni Chiarella, Sassari 1980, pag. 152
[7]              Antonio Maria CORDA, L'Età romana, in Ottana Archeologia e territorio, Giuseppe TANDA (a cura di), Stampato Studiostampa, Nuoro maggio 1990, pag. 88
[8]              Piero MELONI, La Sardegna romana, Edizioni Chiarella, Sassari 1980, pag. 152
[9]              Giovanni GERACI- Arnaldo MARCONE, Storia romana, Edizioni Le Monnier Università, Firenze 2004, pag. 224
[10]             Sostanzialmente per il rispetto della letteratura ancora non confutata
[11]             Infatti lo studio delle opere di induzione delle acque nella penisola suggerisce, con forti richiami non trascurabili, un'epoca compresa tra il II sec. a.C. e il I sec. a.C.
[12]             Si ipotizza, in assenza di sondaggi, che possa essere essere persino un rivestimento in opera quadrata di blocchi di tufo che rifascia un pilastro di calcestruzzo, elemento con riscontri stringenti con l'Aqua Marcia, lungo la Via Appia, l'acquedotto fatto costruire dal  pretore urbano Q. Marcius Rex nel 144 a.C.
[13]             Chiara RAGAZZONI, Indagine sugli acquedotti di Roma antica in ambiente GIS, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Roma 2011, pag.91
[14]             Durdica BACCIU, L'Urbanistica di Olbia in età romana, Tesi di Laurea, Università degli studi di Sassari – Facoltà di Lettere e Filosofia – Corso di laurea in beni storico-artistici e archeologici, Anno accademico 2007/2008 , relatore Gian Piero Pianu, pag. 29
[15]             Anna DEPALMAS, Schede dei monumenti, in Ottana Archeologia e territorio, Giuseppe TANDA (a cura di), Stampato Studiostampa, Nuoro maggio 1990, pagg. 192-193

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