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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.
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domenica 16 aprile 2017

Il Nuraghe Adoni di Villanovatulo - ArcheOlbia



di Marcello Cabriolu 
Ph Internet
 
Il complesso del Nuraghe Adoni, conosciuto sin dai primissimi anni del milleottocento, venne indagato solamente dal millenovecentonovantasette al millenovecentonovantanove per intervento del prof. Mario Sanges. Il complesso si è rivelato costituito da un mastio A attorniato da un bastione quadrilobato costituito dalle torri B, C, D, E, rispettivamente collocate a E, N, W, S e circondato ulteriormente da un antemurale turrito. Fondamentalmente la struttura si poggia sopra un tacco di calcare ben visibile nel settore orientale e, data la forma irregolare e non simmetrica nonostante le torri si mostrino ad addizione concentrica, in origine, attorno al XVI sec. a.C., doveva essere un protonuraghe che comprendeva il mastio A e la cortina panciuta a sud. L’elemento litico usato sono dolomie e calcari assemblati sostanzialmente senza rispettare filari e con il supporto di numerose zeppe di sostegno combinati a creare un indubbio paramento a “sacco”. Si accede da un ingresso leggermente sopraelevato sistemato tra la cortina curvilinea a S e la torre E, sulla sinistra si accede alla torre con feritoie mentre sulla destra si sale, attraverso un corridoio stretto, verso il secondo livello del complesso.
La torre E, descritta con feritoie, si presenta molto simile a quella del Nolza di Meana Sardo o del Serbissi di Osini, quindi come queste è inquadrabile, soprattutto in virtù del distacco dal corpo del complesso e di un rinvenimento di un ripostiglio nelle vicinanze, come una fornace per l‘estrazione dei metalli. La rampa d’ingresso conduce ad una sorta di pianerottolo superiore che alcuni studiosi denominano come cortile Y, a ovest del mastio, e che si mostra simmetrico al cortile X sistemato a est del mastio. Ci sono valide motivazioni per credere che questo non sia altro che un unico elemento, un corridoio anulare, che circonda il residuo del piano superiore del bastione, proprio come quello che circonda la sala al piano terra del Santu Antine di Torralba. Si parla di residuo del piano superiore del mastio innanzitutto perché l’antica sala superiore voltata a tholos è scoperchiata e poi perché lo spessore murario è parecchio più stretto del livello sottostante, il che fa supporre che alla parte superiore della torre manchi qualche “rifascio”. Da sottolineare che al centro della sala, resa in dolomia, sono stati riposti i mensoloni di coronamento in calcare e basalto che in origine donavano all’apice del mastio una composizione bicromatica. Si è già parlato dell’andito verso la torre E per aggiungere che dal corridoio anulare al primo piano partono anche gli altri anditi che conducono alle torri secondarie B, C, D. In particolare il percorso verso la  torre B, come si suppone avvenisse per la torre D, si sviluppa curvilineo e si ferma a quota mt 4 dal pavimento della sala, alta circa mt 7, facendo ipotizzare che l’ambiente fosse diviso in due livelli da un soppalco in legno. La parte settentrionale del bastione presenta un andamento irregolare che suggerisce una maggior ampiezza nell’estensione e la presenza di qualche altra torre riunita al corpo principale da un antemurale con torri. In particolare il settore settentrionale si amplia in un cortile che ospita una cisterna con copertura a tholos, profonda circa 3 mt.
Questa, resa in calcare e con un paramento a “sacco” riempito di argilla e pomice, opportunamente indagata, mostra un deposito di vasi e ceramiche per la fruizione delle acque. Il complesso è circondato da un villaggio dove si possono individuare almeno dodici capanne con una scalinata che conduce al sottostante insediamento, ancora da indagare, che si sviluppa nel bosco. Qui si possono osservare strutture raggruppate a isolati con vani concentrati su cortili. L’analisi del deposito e le forme edilizie ci mostrano un periodo di ampliamento e di utilizzo che va dal XIII al X sec.a. C. almeno, testimoniando un fase di vita ricca e florida che vedeva la forgiatura di lesine, pugnali, punte di lance, scalpelli, navicelle, pannelle di rame, brocche, bracciali e tanto altro materiale per le esigenze di vita quotidiana.

Come raggiungerlo

 Dall’abitato di Villanova Tulo prendere la SP52 per Laconi. Dopo circa 3,5 km svoltare a sinistra ed imboccare una strada sterrata ma agevole che sale sull’altipiano che ospita il nuraghe. Al termine della strada si trova la piazzola di sosta dove parcheggiare l’auto. Si procede quindi a piedi per qualche centinaio di metri sullo stradello in salita fino a giungere alla pinnetta in cui è ospitata la biglietteria.

mercoledì 22 marzo 2017

Il nuraghe Nolza di Meana Sardo - ArcheOlbia



di Marcello Cabriolu
Ph Internet

L’altipiano scistoso di Su Pranu, sito nella Barbagia di Belvì, ospita nella sua cima più alta, Cuccuru Nolza (736 mt s.l.m.), l’omonimo complesso nuragico già frequentato attorno al XVI sec. a.C.. Il nuraghe si presenta ora con un bastione quadrilobato che si accentra attorno al mastio, costituito da una torre arcaica A (posta curiosamente al livello superiore) preceduta attualmente ad est e a nord da un cortile o terrazzo semicircolare che in antichità era probabilmente un corridoio anulare coperto, inglobato nella massa muraria del rifascio. In origine, attorno al XV sec.a.C., con molta probabilità il complesso era un trilobato formato dal mastio A e dalle torri E  (a nord-ovest) ed F (ad est), entrambe elevate in scisto. Successivamente si assemblarono le torri D (a sud-ovest) e C (a sud-est), costruite ed accorpate con del porfido.
La sala relativa al mastio A, posta infatti a livello superiore, si presenta di forma sub circolare con un alzato tendente all’ogiva. Vi si penetra tramite un ingresso architravato sormontato da una finestrella di scarico per giungere all’interno dove in antico stava una nicchia, frontale all’ingresso, ora tamponata. All’esterno di questo ambiente si presenta attualmente un terrazzo che in origine doveva costituire un corridoio anulare coperto e inglobato nella massa muraria del rifascio. Una fase successiva mostra che in tale spazio venne predisposto un focolare di lastre ortostatiche mentre, inglobato nella massa muraria alle spalle del mastio A, venne creato una sorta di pozzetto.
Le caratteristiche e le peculiarità del pozzetto potrebbero magari in un futuro rivelare una scala discendente verso la nicchia murata o la massa muraria del bastione ancora inesplorata. Attualmente si accede al bastione attraverso un ingresso architravato sormontato da una finestrella di scarico, aperto nella cortina occidentale, mentre tramite una scala curvilinea si sale al terrazzo antistante il mastio A. Al piano terra il bastione si presenta quasi completamente murato da una massa impenetrabile. È formato da quattro torri: C, D, E, F assemblate rispettivamente dalle cortine sud, ovest, nord, est ed è reso per metà in scisto e per metà in porfido. Ad alcune di queste torri - come ad esempio a quella D - si può accedere dal primo livello, dove, in prossimità della cortina occidentale, oltre alla scala per il secondo livello, si apre anche un ingresso ad ogiva per la torre, il cui piano di calpestio è più basso del corridoio.  La volta si mostra a tholos ma tutt’oggi residua scoperchiata mentre nelle pareti, rese con conci disposti a “nido d’ape”, sono ricavate feritoie rettangolari ed ogivali.
Per accedere alla torre C, scoperchiata anch’essa, è necessario raggiungere il secondo livello e penetrarvi attraverso una strettissima scalinata, verosimilmente non di pubblico utilizzo e posta fronte al mastio A, chiusa da un soffitto basso e a doppio spiovente. La sala relativa a questa torre si mostra nell’alzato tendente ad un cilindro anziché ad ogiva e i conci di porfido, in cui è resa con criterio a “nido d’ape”, risultano parecchio anneriti come se avessero subito dei processi di combustione. L’ambiente, il quale trova corrispondenza nella torre E del Nuraghe Adoni, potrebbe inquadrarsi come fornace, molto simile alla torre B del Nuraghe Serbissi di Osini, sia in virtù dei tantissimi reperti bronzei rinvenuti nel sito sia in considerazione della relativa vicinanza del contesto minerario, sfruttato nella preistoria, di Funtana Raminosa di Gadoni. La torre F risulta tutt’ora chiusa al pubblico in quanto si stanno ancora indagando i materiali depositati sul fondo, mentre la torre E risulta completamente ingombra di crollo.



Alla periferia sud di Meana Sardo, anziché imboccare la SS 128 in direzione di Laconi e Aritzo, svoltare a destra in una strada di penetrazione agricola che sale verso l’altipiano. Il percorso, prima asfaltato e poi sterrato ma sempre agevole e sicuro, si sviluppa per circa 8 km segnalato da numerosi cartelli turistici che indicano il complesso archeologico. Una volta risaliti nell’altipiano di Su Pranu il sentiero giunge a circa 100 mt dal complesso nuragico. L’area è servita da biglietteria.

lunedì 13 marzo 2017

Il megaron Su Monte di Sorradile - ArcheOlbia



di Marcello Cabriolu
Ph D.Bacciu 

durdica bacciu
Il complesso fu individuato alla fine degli anni Ottanta e fu scavato negli anni 1998, 1999 e 2000 e sorge in riva al Lago Omodeo. Il monumento principale A presenta una forma riconducibile ad megaron con il corpo di forma rotonda e un vestibolo con antis. La struttura è resa con la tecnica a “sacco” ed è composta da grossi macigni sia di basalto che di trachite. Si accede all’edificio attraverso un lastricato di basalto che anticipa una soglia di diversi metri di lunghezza. Attraverso la soglia si accede al vestibolo dell’edificio templare, frequentato dal XII al IX sec.a.C, marginato da un sedile che contorna sia ingresso che antis. Attraverso l’ingresso si giunge alla sala circolare sul cui profilo si aprono tre grandi nicchie come quelle presenti nella camera di un nuraghe. La nicchia frontale all’ingresso si presenta fuori asse verso sinistra, ma nel contesto le tre cavità risultano sempre disposte a croce e sfasate tra loro di 90°.
durdica bacciu
La sala, che probabilmente in antichità era lastricata, presenta al suo centro una vasca dal contorno trapezoidale resa in trachite rosa i cui conci sono assemblati da colate in piombo. La parte sommitale della vasca presenta una modanatura nelle cui fessure e cavità ancora compaiono i residui dei bronzetti che vi venivano infissi. Un vertice della vasca presenta un concio, sicuramente non originale, riproducente una modanatura a nuraghe, che caratterizza anche altre vasche quali ad esempio quella di Su Mulinu di Villanovafranca e quella del megaron B di S’Arku e is Forros di Villagrande Strisaili, mentre l’altro vertice rimane scoperchiato senza concio superiore. Come sicuramente non è originale un altro concio posto ai piedi della vasca, con delle cavità per fissare oggetti votivi. E’ doveroso sottolineare che la vasca di Su Monte e quella di S’Arku ‘e is Forros presentavano al loro interno uno strato ad alto contenuto di cenere e probabilmente ambedue erano dei grossi bracieri anziché delle vasche lustrali. A chiudere frontalmente l’edificio A venne eretto un complesso murario di pianta semiovale che presenta un corridoio lastricato a congiungere due ingressi posti in prossimità dei raccordi murari con l’antis frontale, parallelo alla soglia del vestibolo. Questo ambiente, riconducibile alla “Pratza ‘e Funtana” del complesso di “Sa Testa” di Olbia, pare creato apposta ad accogliere gruppi umani numerosi.
durdica bacciu
L’impianto è circondato da un muraglione che si sviluppa  sino a contenere un villaggio. Numerosi sul terreno sono i conci a T e a coda di rondine, sistemati a precedere di qualche metro il complesso, che presentano segni di scrittura ben precisi. La nicchia centrale dell’edificio ha restituito un ricco deposito di oggetti bronzei: una navicella, asce bipenni, scalpelli, statuette, pugnali, pugnaletti ad elsa gammata e virghe sardesche oltre un ampio campionario di vasellame sia locale che d’importazione.

durdica bacciu
Dalla SS 131 DCN prendere lo svincolo per Sorradile ed entrare nella SP 15. Proseguire attraversando i paesi di Boroneddu e Tadasuni. Quindi passare il viadotto sull’Omodeo e proseguire per alcune centinaia di metri. Oltrepassare l’innesto con il viadotto Canale e dopo circa 290 metri, all’altezza del secondo svincolo sulla destra, parcheggiare l’auto. L’accesso all’area archeologica è delimitato da un cancello seminascosto sulla sinistra della strada, frontale allo spartitraffico.