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Associazione ArcheOlbia
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ArcheOlbia
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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.

domenica 11 dicembre 2016

ArcheOlbia - Sa sedda 'e sos carros di Oliena

di Marcello Cabriolu
Ph Internet

Individuato l’isolato - che ricorda fortemente gli ambienti complessi di Serra Orrios a Dorgali oppure quelli di Su Romanzesu a Bitti - si decise nel 1977 di dare l’avvio agli scavi. L’area, sviluppata su una pendenza, a cui si può accedere da una scalinata creata migliaia di anni fa, si estende su un insieme di ambienti concentrati attorno a un unico cortile attraversato da un canale di scolo. Uno degli elementi degni di nota è il bagno termale, scoperto durante gli scavi del 1995, segno di un livello civile di riguardo. L’ambiente è di forma circolare con alzato di conci in basalto in mezzo ai quali, a un’altezza di circa 1 mt dal pavimento, si trova un filare di conci di calcare fissati tra loro tramite colate di piombo. Il filare di calcare venne utilizzato per creare una canaletta stagna in grado di distribuire l’acqua in tutto il vano. Nella faccia a vista dei massi di calcare vennero scolpite nove teste di ariete dal cui muso, tramite ugelli di piombo, l’acqua zampillava verso il centro dell’ambiente. Al centro della stanza, sul pavimento fatto di calcare e leggermente in pendenza, venne poggiata una base cilindrica sopra cui venne sistemata una vasca di arenaria con bordo rialzato e una fessura sul fondo a raccogliere il getto degli ugelli.

Un sedile anulare in basalto venne addossato alla parete e sotto uno dei seggi venne ricavata un’apertura per far defluire i liquidi in uscita dalla vasca. La parte superiore delle pareti venne rifinita con conci di basalto con faccia a vista obliqua, tali da far supporre che la volta del bagno termale fosse a tholos mentre l’ingresso del vano venne reso con una soglia in basalto e degli stipiti. Si presume che, quando il bagno termale cadde in disuso, questo spazio venne utilizzato come deposito di oggetti bronzei in quanto si rinvennero circa 150 kg di oggetti di bronzo frammentari con protomi taurine, cervine, vasi askoidi, asce, picconi, pannelle di rame e parecchie armi. All’esterno del vano si conservano un piccolo forno e la pavimentazione lastricata. Dell’isolato fa parte una vasca gradonata formata da conci in basalto, che richiama fortemente la vasca gradonata di Su Romanzesu di Bitti, sottratti probabilmente dallo smantellamento di un edificio precedente. 

Durante i lavori di pulizia dell’intorno dell’isolato è emerso un muraglione di quasi 3 metri di altezza, in cui si aprono i canali di scolo dell’agglomerato pertinenti sia al bagno termale che al cortile centrale, che circonda l’agglomerato. Anche in questa zona, a seguito degli scavi del 2002, è stato rinvenuto un secondo ambiente considerabile come un bagno termale: il sedile è rotondo e vi compare una vasca al centro. Data l’altezza di uno dei canali di scolo, di circa 1,20 mt, si può considerare realmente intenzionale, da parte dei costruttori, l’idea di creare ampi canali per poterli manutenzionare. All’esterno dell’isolato gli scavi hanno evidenziato diverse altre strutture che sottolineano l’ampiezza dell’insediamento, di gran lunga superiore al solo isolato ora evidente. All’interno del bosco, vicinissima alla strada e quasi in corrispondenza della piazzola di sosta, esterna all’area gestita dalla biglietteria, si individua il profilo di una Tomba dei Giganti, di cui appaiono ben chiari sia il corpo che l’esedra.

Il video è curato dalle aziende Teravista, per le riprese aeree e le elaborazioni 3D, e Seies Comunicazione e Design, per la modellazione, l'animazione e il rendering.
La ditta Sim Tech ha fornito il supporto tecnico e la consulenza per la costruzione del modello.
La società Geores di Roma ha collaborato alla realizzazione.
Copyrigt 2013-2014 Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano 

https://www.youtube.com/watch?v=iPC9lGP-rys 

Per informazioni:
Telefono: 349 5082766
Email: info@gestursardegna.com

 

mercoledì 7 dicembre 2016

ArcheOlbia - La leggenda della regina di pietra Iddocca

di Durdica Bacciu
Ph Internet

Numerose leggende sarde parlano di una potente regina dal nome Iddocca che, sotto richiesta del suo popolo, decise di costruire una dei più grandi nuraghi di tutta la Sardegna, sia per omaggiare le divinità ma anche per proteggere il suo popolo in caso di necessità.
La regina, forte e decisa, aveva una bellissima figlia alla quale teneva molto e per la quale avrebbe dato la vita. Durante una giornata di lavoro, venne nel villaggio di Iddocca, una messaggero che annunciò lo sbarco dei nemici lugo la costa e la direzione del loro cammino verso l'entroterra. Udendo queste parole, la figlia della regina si offrì volontaria per andare a prendere informazioni su chi fossero questi nemici, promettendo di tornare con più notizie possibili per preparare la difesa. La regina fu parecchio contraria a questo gesto da parte della figlia ma, rispettando la volontà e la libertà di essa, acconsentì con il cuore pieno di paure.

Passati alcuni giorno e non avendo notizie della figlia, la regina si fermò durante il lavoro a scrutare l'orizzonte. Non fece in tempo a pensare che vide un uomo vestito di nero avvicinarsi al galoppo verso di lei. Il cavaliere si scoprì essere un messaggero le cui notizie non furono buone. La figlia della regina era caduta per mano dei nemici. 
La rabbia e il dolore della regina si poteva vedere nel suo volto e nelle sue azioni, si guardò intorno disperata e inizò a prendere le grosse pietre destinate alla costruzione del nuraghe e a lanciarle lontano e mandandole a fissarsi nella terra tutto intorno. Distrutta dal dolore, essa stessa si tramutò in pietra, pietra come il suo cuore ormai consumato dal dolore, freddo e duro.

Ancora oggi, nel territorio di Laconi si può vedere questa pietra, in memoria della regina e del suo grande dolore per la perdita della figlia.

lunedì 5 dicembre 2016

ArcheOlbia - La fonte sacra "Su Tempiesu" di Orune

di Marcello Cabriolu
Ph Internet


Il monumento venne scoperto nel 1953 dai Sig.ri Sanna, proprietari del terreno che in origine si chiamava “Sa Costa de sa Binza”, mentre cercavano di terrazzare il fianco del monte per impiantare un frutteto. Il nome “Su Tempiesu” è legato a un mito della zona in cui si parlava di un uomo proveniente da Tempio che, nei primi del ’900, lavorò al taglio dei boschi per produrre carbone. La prima campagna di scavi avvenne nel 1953 ma i resoconti relativi vennero pubblicati solo nel 1958. La necessità di un restauro, vista la progressiva rovina del monumento, richiese un intervento della Soprintendenza Archeologica che durò dal 1981 al 1986 e fu gestito dalla Prof.ssa Maria Ausilia Fadda, attraverso il quale venne intrapresa un’indagine più approfondita. Si scoprì allora che le genti preistoriche avevano individuato la presenza della falda d’acqua che scaturiva dalla roccia scistosa, e vi avevano eretto la costruzione a pianta rettangolare.
Utilizzando della trachite e lavorandola a martellina, gli Shardana crearono, addossata alla roccia, una struttura templare con tetto a doppio spiovente che rispetta il principio edilizio dei nuraghi: il muro a sacco. La rifinitura dei pezzi del tetto venne curata in maniera esagerata, risparmiando solamente quelle che ora vengono definite “bugne” ma che in origine dovevano essere lunghe corna riprodotte in onore della Dea Madre, come si fece nel Pozzo Sacro di Perfugas. Il prospetto venne rifinito con una sorta di cornicetta, il timpano, di forma triangolare, che presentava degli incavi in cui vennero trovate infilzate delle spade di bronzo, dal basso verso l’alto, fissate con colate di piombo. Sotto il timpano venne lasciato uno spazio vuoto, di luce triangolare, dove vennero posti due archi in pietra a soprastare il vestibolo del pozzo. Il piano di calpestio venne completamente lastricato lasciando lo spazio per una canaletta d’acqua e il deflusso del pozzo. Ai lati del vestibolo vennero ricavati i sedili e il pozzetto venne incorniciato con un portello e una soglia con beccuccio adduttore corrispondente alla canaletta di scolo. L’imboccatura del pozzetto venne strombata verso l’esterno e dotata di gradini simbolici verso il pozzetto di captazione e la parte superiore architravata con gradoni rovesci.
Al momento della scoperta e del restauro si notò che tutti i conci e i blocchi erano saldati tra loro da verghe di piombo, addirittura nel pozzetto i lati erano stati rivestiti di piombo per evitare la fuoriuscita dell’acqua. Alcuni studi sostengono che il tempio fosse in origine circondato da un recinto, ma osservando la struttura viene spontaneo ritenere che anticamente esso fosse cupolato a tholos e solo dopo fosse stato ristrutturato a doppio spiovente. L’area antistante il vestibolo rivelò un recinto curvilineo che alla base, nel punto in cui scolava la canaletta, terminava in un bacile in pietra con beccuccio per un ulteriore scolo. Affianco è presente un concio, inserito nel muro della struttura, che riporta un viso scolpito con le sembianze della divinità, ovvero l’arcata sopraccigliare e il setto nasale ben marcato. Il bacile fu oggetto di deposito di numerosissimi oggetti in bronzo quali spade, bottoni, bracciali, stiletti, anelli e bronzetti mentre l’esplorazione stratigrafica dei vani del complesso ha riportato alla luce due ambienti ben definiti usati da deposito per gli ex-voto rimossi dal pozzetto.

Come arrivare
Lasciare l'abitato di Orune e seguire le indicazioni per Su Tempiesu. Giunti in prossimità del cimitero, svoltare in una stradina asfaltata che conduce, dopo pochi chilometri, all'ingresso dell'area archeologica. Si lascia l'auto e si procede a piedi per un sentiero in discesa che, dopo alcune centinaia di metri, termina davanti alla fonte.  

Bibliografia
G. Lilliu, "Nuovi templi a pozzo della Sardegna nuragica", in Studi Sardi, XIV-XV, 1955-57, p. 244 ss.;
M.A. Fadda, "Il Tempio a Pozzo di Su Tempiesu (Orune, Nuoro)", in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXVII, 1982, p. 284 ss.;
M.A. Fadda, "Il Tempio a Pozzo di Su Tempiesu (Orune, Nuoro)", in La Civiltà nuragica, Milano, Electa, 1985, p. 208;
V. Santoni, "I templi di età nuragica", in La Civiltà nuragica, Milano, Electa, 1985, p. 181 ss.; 
M.A. Fadda, "Su Tempiesu di Orune e il culto nuragico delle acque", in Archeologia Viva, XVIII, 74, 1999, pp. 78-83. 

venerdì 2 dicembre 2016

ArcheOlbia - Il nuraghe Orolo di Bortigali

di Marcello Cabriolu
Ph Durdica Bacciu


durdica bacciu
Collocato a quota 785 mt sl.m., quasi sul bordo di un altopiano, il nuraghe Orolo offre uno spettacolo di inusuale bellezza. Già di per sé il monumento si presenta architettonicamente bello ed elegante, costituito da conci isodomi, ma in più lo scenario sottostante della Planargia vista dall’alto ci rende un’idea della concentrazione delle strutture e della capillarizzazione di queste nel territorio. La struttura è costituita da conci in trachite combinati a creare una torre arcaica, dal profilo molto slanciato, a cui si accostano, nel prospetto, due torri secondarie accorpate in un bastione. Si accede a questo da un ingresso architravato che conduce a tre vie: frontalmente vi è l’accesso alla torre principale, sulla destra quello alla torre orientale mentre sulla sinistra si accede alla torre occidentale.

durdica bacciuLa torre arcaica, in origine composta da almeno tre livelli, presenta al piano terra sia una rampa di scale che sale in senso antiorario che una sala con tre nicchie. Quest’ultima, voltata a ogiva, è priva soltanto delle lastre della copertura finale e presenta, lungo il profilo e leggermente rialzati dal piano di calpestio, quattro piccoli stipetti ricavati nella massa muraria. La sala del primo piano, di forma anomala affatto circolare, presenta tre nicchie irregolari e, oltre all’assenza di una parte del pavimento da cui si intravede la camera sottostante, presenta due pozzetti ricavati nella massa muraria sottostante. In questo ambiente si può osservare un finestrone, sistemato sulla verticale dell’ingresso alla torre e dell’ingresso al bastione, coronato da un poderoso architrave. Degna di nota è la feritoia che si apre, fino all’esterno WNW del mastio, nella nicchia opposta all’ingresso, la quale trova similitudini con quella esistente al primo piano del nuraghe Santu Antine  di Torralba: essa riproduce una testa bovina e probabilmente indica un seggio spettante, all’interno di un’assemblea, a un personaggio di spicco della società. Non si cita nessuna novità degna di nota relativa alle due torri secondarie in quanto le informazioni relative a scavi sono scarsissime se non assenti, si può ricordare solo che alcuni studi segnalano la presenza di alcune capanne e l’intorno vede, a poche centinaia di metri, altri due nuraghi, una fonte e delle Domus de Janas.

durdica bacciuCome arrivare
Lasciare la SS 131 all'altezza del km 149,5 e prendere la strada per Mulargia. Superata la frazione, dopo circa 2 km, si continua a destra in direzione di Bortigali; percorsi 600 metri, sulla destra, si trova una strada asfaltata, in salita, che porta al campo di tiro. Seguirla per altri 600 m, sino a raggiungere un bivio; si prende la strada a destra e si giunge al nuraghe dopo 400 metri
durdica bacciu Bibliografia
V. Angius, in G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, II, Torino, G. Maspero, 1834, p. 517;
A. Della Marmora, Voyage en Sardaigne ou description statistique, phisique et politique de cette ile avec des recherches sur ses productions naturelles et ses antiquités, II (antiquités), Paris, A. Bertrand-Torino, J. Bocca, 1840, p. 107;
G. Spano, Memoria sopra l'antica cattedrale di Ottana e scoperte archeologiche fattesi nell'isola in tutto l'anno 1870, Cagliari, Tipografia del commercio, 1870, p. 31;
A. Taramelli, "Foglio 205, Capo Mannu; Foglio 206, Macomer" in Edizione archeologica della carta d'Italia al 100.000
, Firenze, Istituto geografico militare, 1935, p. 58, n. 41;
A. Moravetti, Relazione preliminare sui monumenti archeologici dei comuni di Birori, Borore, Bortigali, Macomer e Sindia, Macomer, 1973;  
A.Moravetti, Ricerche archeologiche nel Marghine-Planargia, I, Collana "Sardegna archeologica. Studi e monumenti" Sassari, Carlo Delfino, 1998, pp. 242-247.













mercoledì 30 novembre 2016

ArcheOlbia - Il nuraghe Nuraddeo di Suni

di Marcello Cabriolu
Ph Internet

Il complesso, ancora in fase di scavo e di studio, si mostra reso in basalto locale. Composto da un mastio centrale a cui si addossa un bastione trilobato, mostra uno sviluppo tronco conico fino all’altezza di 10,50 mt mentre per i successivi quattro filari (circa 4,50 mt) presenta uno sviluppo cilindrico. Il bastione si compone di tre torri: la “B” a NNE, la “C” a ESE e la “D” a WSW, raccordate da altrettante cortine murarie delle quali, quella occidentale, si apre nel cortile antistante al mastio. Si penetra nel bastione e si giunge ad un cortile aperto posto tra la torre B ed il mastio e da lì si raggiunge, tramite un corridoio architravato con finestrella di scarico di forma taurina, la sala al piano terra della torre A.
Il corridoio, dalla volta ad ogiva, non presenta nicchie e si raccorda con la sala quasi integra se non per l’assenza dei massi sommitali della tholos. La sala presenta sulla sinistra una nicchia e contrapposto ad essa, a circa mt 2,50 di altezza dal pavimento, si apre un vano scala che sale in maniera oraria al secondo livello. La scala giunge al primo piano e va ad incrociare un corridoio che congiunge un finestrone, orientato a NNE, con la sala del primo piano. Questa sala, fuori asse rispetto alla stanza del piano terra, si presenta ancora integra nella tholos, e al suo interno, sulla destra, a circa mt 1,10 dal piano di calpestio, si apre il vano per un ulteriore scala che sale in senso orario verso un piano superiore di cui residua ben poco. Il bastione presenta delle cortine rettilinee ad accorpare le torri, circolari sia nella pianta che nella camera: alla torre B si può accedere attraverso un ingresso parzialmente rilevabile aperto sul cortile, mentre alla torre C - che come la torre D presenta un ambiente attiguo che la separa dal mastio - tramite un accesso direttamente con l’esterno mediante una postierla. La torre D infine, pur essendo di forma circolare, non mostra - forse per via del crollo che la ingombra - ancora nessun ingresso. Da una visione area si possono intravedere un intorno costellato di tante strutture ed un antemurale a cingere l’impianto.

Informazioni
Esiste un servizio di visita guidata lungo l'itinerario archeologico ambientale che comprende anche il nuraghe Seneghe, le domus de janas di Chirisconis e la zona umida di Pischina. A Suni è possibile visitare anche il Museo Casa della Tecnologia contadina Tiu Virgilio.
Ente Titolare: Comune di Suni
e-mail: protocollo@pec.comune.suni.or.it
sito web: www.comune.suni.or.it
Telefono 0785 34273 - fax 0785 34170 


Come arrivare: 
Si lascia l'abitato di Suni e si prende la strada per Padria. Arrivati al km 65,5 si svolta a sinistra e si oltrepassa un cancello che introduce in un viottolo per l'area archeologica, distante circa 200 m.


 
 

sabato 26 novembre 2016

ArcheOlbia - La necropoli di Anghelu Ruju

di Marcello Cabriolu
Ph Internet

La necropoli venne scoperta in maniera fortuita nel 1903, mentre si cavavano pietre per la costruzione di una casa colonica. Dopo le segnalazioni all’archeologo Antonio Taramelli riguardanti la presenza di un cranio e di frammenti di un vaso tripode, l’area vide l’inizio degli scavi e delle indagini nel 1904. Coadiuvato da Nissardi, l’allora Soprintendente alle antichità poté inquadrare e riprodurre su carta almeno dieci ipogei (tombe scavate nel sottosuolo) nella prima fase di scavo, mentre nella seconda il numero raggiunse 21 unità. Le ricerche condotte durante gli anni trenta e sessanta elevarono ancora il numero delle sepolture sino alle 38  unità, evidenziando l’abitudine già sottolineata in altre località, da parte degli uomini preistorici sardi, di scavare ampie necropoli per soddisfare le esigenze funerarie di più centri abitati.
Ricavata in parte sulle rive di un torrente (Riu Filibertu), e in parte su una mezza collina di circa 23 mt s.l.m., la necropoli mostra l’intenzionalità dei costruttori di implicare le acque fluviali nel rituale di seppellimento degli individui. La pianta dell’area ci mostra una disposizione delle tombe a semicerchio, sia in prossimità del fiumiciattolo che a circondare la mezza altura, considerazione valutabile dall’osservazione dei dromos (corridoi d’accesso) e delle camere. Gli ingressi alle sepolture si rivelano di vari tipi: sia a pozzetto verticale o anche obliquo che a dromos discendente. Le camere si presentano generalmente a pianta tondeggiante (la tipica forma dell’utero della divinità) tranne quelle a dromos le quali presentano ambienti rettilinei. Le pareti delle sepolture, a sottolineare il carattere sacro, presentano decorazioni architettoniche, pitture rosse, protomi taurine e false porte.
Nei pavimenti sono ricavate delle coppelle (forme tondeggianti incavate), nelle quali venivano alloggiati i betilini votivi. L’utilizzo della necropoli è testimoniato per un ampio periodo che va dal Neolitico Recente (3500 a.C.) alla cultura di Bonnannaro (1800 a.C.), dimostrando una continuità culturale di ben 1700 anni. Le analisi condotte sui resti umani mostrano che la popolazione era in maggioranza (84%) di tipo mediterraneo, con cranio dolicomorfo (forma cranica allungata, lunghezza maggiore rispetto allo spessore tra tempia e tempia). Le forme grafiche ben precise e i segni scolpiti su alcune sepolture ci fanno inoltre intuire che le genti dell’epoca conoscevano già simbologie idonee a una primordiale forma di scrittura.


Come arrivare:
Da Alghero si prende la "strada dei due mari". Dopo 10 km sono i visibili i cartelli che segnalano la necropoli
Per informazioni:
Telefono +39 329 4385947 /+39 349 0871963
Sito internet: www.coopsilt.it
e-mail: silt.coop@tiscali.it 
 

giovedì 24 novembre 2016

ArcheOlbia - Il nuraghe Palmavera di Alghero

di Marcello Cabriolu
Ph Internet



Nel 1905, a seguito della volontà da parte del Soprintendente A. Taramelli di indagare un sito in prossimità del mare per cogliere elementi di importazione tra i prodotti indigeni, si decise di scavare il Nuraghe Palmavera. Questa scelta fu motivata dal fatto che l’area, dall’enorme massa di pietre sconvolte, occupava una posizione dominante, ma allo stesso tempo si presentava riparata e facilmente raggiungibile dalla strada provinciale. Le indagini condotte, rese a segnare i limiti della costruzione e le parti che la costituivano, evidenziarono una struttura formata originariamente da un Mastio (torre A) e da alcune capanne attorno, edificate attorno al XVI sec. a.C., tutto in calcare. La seconda fase edilizia, individuabile tra il XII e il X sec. a.C., dovrebbe coincidere con il momento di edificazione della torre B, in calcare anch’essa, che venne compresa, tramite il rifascio in arenaria, in un unico corpo con la torre arcaica e con una sorta di cortile interposto tra le due strutture.
Nello stesso momento il villaggio crebbe e sorsero numerose altre capanne e strutture, compresa la “capanna delle riunioni”. Al momento è ancora possibile notare uno stacco netto tra la struttura turrita e il resto del villaggio. La separazione è resa dall’antemurale di forma pentagonale, con torri disposte nei vari vertici liberi, a eccezione del versante sud ovest, occupato dalla capanna delle riunioni. Quest’ultima risulta l’unica struttura inglobata in un particolare ‘temenos’, un recinto sacro o comunque inviolabile. La torre principale conserva due nicchie di luce trapezoidale ed è ancora voltata a ogiva, mentre la torre aggiunta, originariamente in calcare come mostrano le foto d’epoca, venne scoperta quasi rasa al suolo e letteralmente ricostruita da chi compì gli scavi, inglobando numerosi elementi in arenaria provenienti dal rifascio. La capanna delle riunioni, forse la più grande dell’insediamento, mostrò in fase di scavo di avere un bancone - sedile che seguiva parzialmente il profilo circolare della struttura. Il punto in cui non si segnalava la presenza del sedile era opposto all’ingresso e corrispondeva a una grossa nicchia sulla cui soglia era posizionato un seggio - tronetto in arenaria, probabilmente destinato alla figura di potere della comunità.
Al fianco destro del seggio del comando stava uno spazio quadrangolare delimitato da lastre ortostatiche - inquadrato come vasca - mentre al centro della sala stava una base con un betilo che, verosimilmente, fungeva da supporto per il simbolo della giustizia e della divinità: l’ascia bipenne. In relazione all’area indagata si segnala una quantità abbondante di reperti: dalle ceramiche rese con il tornio e decorate con uno stampiglio in osso di bovino, agli strumenti reali (non votivi) in bronzo e in rame, passando per la consistente quantità di ceramiche restaurate con grappe di piombo. Tutti elementi che, per consistenza e varietà, ci indicano un’economia di tipo misto: agricoltura, allevamento, caccia, pesca, metallurgia e commercio. Un insieme di risorse per un modello di vita più che dignitoso.


Per informazioni
Telefono: 079 9944394; Fax 079 981101
Gestione: Coop SILT a r.l., via Mattei 14/16, Alghero  Sito internet: www.coopsilt.it e-mail: silt.coop@tiscali.it


Bibliografia:
A.Taramelli, "Il nuraghe Palmavera di Alghero", in Monumenti Antichi dei Lincei, XIX, 1904;
G. Lilliu, I nuraghi Torri preistoriche della Sardegna, Cagliari, La Zattera, 1962, p. 86-89;
E. Contu, "Considerazioni su un saggio di scavo", in Rivista di Scienze Preistoriche, XVII, 1962, p. 297;
A. Moravetti, "Nuovi modellini di torri nuragiche", in Bollettino d'Arte, VII, 1980, pp. 65-84; 

A.Moravetti, Il complesso nuragico di Palmavera, collana "Sardegna archeologica. Guide e itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 1992;

martedì 22 novembre 2016

ArcheOlbia - Il nuraghe Iloi di Sedilo



di Marcello Cabriolu
Ph D. Bacciu 

durdica bacciu
L’altipiano basaltico che domina il lato settentrionale del Lago Omodeo ospita, in regione Iloi, un complesso di svariate componenti: un nuraghe polilobato, delle Tombe dei Giganti e numerose Domus de Janas. Le ricerche condotte documentano, tramite  gli innumerevoli saggi specifici, un’ampia e varia frequentazione preistorica del comune di Sedilo, mentre la descrizione analitica in merito al nuraghe è pochissima, quasi nulla. Dalla planimetria possiamo analizzare il nuraghe, che la Prof.ssa Tanda inquadra come misto, intuendone un mastio centrale circondato da un bastione trilobato.
durdica bacciu
Si suppone che il bastione, l’elemento forse più recente riconducibile al Bronzo Recente, fosse perlomeno trilobato per via delle tre torri secondarie che lo costituiscono, visto che il crollo sul lato occidentale non permette di osservare altro se non l’accenno di un corridoio. In virtù di questo si elabora che la forma originaria del complesso, inquadrabile tra il Bronzo Antico e il Bronzo Medio, fosse trapezoidale e comprendesse la torre centrale. 

durdica bacciu
L’elemento utilizzato nell’erezione della struttura è il basalto, che risulta impiegato in filari ordinati di grandezza decrescente man mano che si raggiungono le parti superiori dell’edificio. La parte visitabile del complesso consiste nella torre secondaria E che presenta un ingresso con architrave senza finestrella. Tramite quest’ingresso si accede a una sala voltata a tholos integra, dove sulla sinistra si aprono una rampa di scale sopraelevata rispetto al piano di calpestio e sul fondo una nicchia sempre sopraelevata. Nella parete esterna della torre in esame risultano presenti due feritoie sovrapposte.
durdica bacciu
Degna di nota è la presenza del villaggio, dove è possibile notare l’esistenza di un isolato molto simile al complesso di Serra Orrios di Dorgali oppure ancora di Sedda ’e Sos Carros di Oliena. La parte meridionale del complesso risulta occupata dall’area funeraria, dove almeno due Tombe dei Giganti, caratteristiche dell’Età del Bronzo, emergono dal terreno. Il corridoio di entrambe le sepolture è di sezione ogivale ed è ottenuto dalla sovrapposizione, nella sepoltura A, di conci lastriformi ben lisciati con faccia a vista obliqua, mentre, nella sepoltura B, di conci poligonali più piccoli. La rifinitura venne fatta con lastre ortostatiche in basalto ben rifinito; l’ingresso venne chiuso con un portello a cui si sovrapposero un concio a dentelli e un lunotto, mentre il corridoio venne chiuso con archetti sempre più piccoli verso l’abside (parte posteriore arrotondata). 
 durdica bacciu
Come arrivare: 
Dalla Abbasanta-Nuoro (SS 131 bis) si prende lo svincolo per Sedilo/Sud. Si costeggia l'abitato e quindi, subito dopo il campo sportivo, si svolta a sinistra. Si procede per circa 800 metri, svoltando quindi ancora a sinistra. Percorsi 400 metri la strada ha termine in un piccolo spiazzo.  



durdica bacciu
Bibliografia: 
M. Sequi, Nuraghi, manuale per conoscere 90 grandi torri megalitiche della Sardegna, Robbiate, Multigraf, 1985, p. 21;
G. Tanda, "La tomba n. 2 di Iloi a Sedilo. Nota preliminare alla campagna 1987", in La Sardegna nel Mediterraneo tra il Bronzo Medio e il Bronzo Recente (XVI-XIII sec. a.C.), Atti del III Convegno di studi: Un millennio di relazioni fra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo, (Selargius, Cagliari, 19-22 novembre 1987), Cagliari, Edizioni della Torre, 1992, pp. 55-69;
Sedilo. I monumenti - 1: I monumenti situati nell'area del progetto, a cura di G. Tanda, Villanova Monteleone, Soter, 1995, pp. 113-117, pp. 122-123;
A. Depalmas, "Il territorio di Sedilo durante i tempi preistorici", in Sedilo – I: La storia, Cagliari, 1998, pp. 14-18.