ArcheOlbia guida turistica Olbia archeologia della sardegna


Associazione ArcheOlbia
Promozione e Valorizzazione dei Beni Culturali

Guida turistica - Accompagnatore turistico - Attività didattiche - Corsi di formazione - Progettazione di attività culturali

ArcheOlbia
Piazza San Simplicio c/o Basilica Minore di San Simplicio
07026 Olbia (OT)
archeolbia@gmail.com
3456328150 Durdica - 3425129458 Marcello -
3336898146 Stefano
C.F. 91039880900


“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.

lunedì 7 marzo 2016

CORPO PREISTORICO IN REGIONE GRUTTIACQUA A SANT’ANTIOCO (CI)




archeolbia
Corpo preistorico a Gruttiacqua Sant'Antioco
(Già conosciuto come tempio a pozzo[1])
MARCELLO CABRIOLU
Premessa
Il toponimo di Gruttiacqua (Capo Sperone – Foglio n°572 sez IV) inquadra una porzione di territorio, situata nel settore sud occidentale dell’Isola di Sant’Antioco, costituita da rioliti (circa 16 milioni di anni fa)[2], riodaciti, daciti e subordinatamente comenditi, in espandimenti ignimbritici, cupole di ristagno e rare colate[3] (27-24 milioni di anni fa). Oggetto di questa comunicazione è la segnalazione di un complesso preistorico, già conosciuto come tempio a pozzo[4]. Il sito si colloca a circa 320 mt a WSW dal già conosciuto Nuraghe complesso di Gruttiacqua con un azimuth di 261°. L’oggetto della segnalazione si colloca nel punto 32S 1448526 E 4314629 N GB e la quota orografica si fissa a 89 mt s.l.m. Il materiale impiegato risulta estratto in loco dove una cupola lavica formata da rioliti vide la luce circa 16 milioni di anni fa[5].

Indagine al suolo
Da tempo l’area è riconosciuta come complesso archeologico. In particolare l’edificio si addossa, aperto verso NNE, nel vertice NNW di un piccolo sperone roccioso. E’ doveroso evidenziare che nell’area sia stata effettuata attività di pascolo, oltreché violazioni da parte di vandali che ne possono aver modificato l’aspetto superficiale. Studiando sul posto sia i manufatti che le strutture evidenti, si sono potute individuare numerose tracce di frequentazione che vanno dalla preistoria almeno sino all’epoca imperiale.

Fittili
Tramite una ridotta analisi dei reperti visibili sul suolo si possono individuare delle forme ceramiche (dagli spessori con piccole inclusioni micacee e varianti dai toni beige a quelli bruni) inquadrabili - grazie allo studio degli orli e delle forme aperte - come appartenenti a varie culture, dalla facies di Monte Claro sino all’epoca imperiale.

Il contesto
Addossato al vertice NNW di uno sperone roccioso, l’edificio oggetto di indagine presenta un corpo fortemente ellittico con asse lungo la direzione NNE-SSW di circa mt 8,60. Nonostante sia stato già precedentemente inquadrato nella tipologia dei templi a pozzo nella variante di falda, esso presenta innanzitutto una struttura non affatto ipogeica, bensì ricavata all’interno di una piattaforma muraria che si eleva per almeno due metri dal piano di campagna. Se dal lato orientale il monumento risulta addossato alla roccia, nel fianco occidentale lo spessore murario, reso chiaramente a “sacco”, mostra ancora la sua integrità. Lo spessore del paramento si presenta di almeno un metro e cinquanta e risulta costituito esternamente da corsi di colossali macigni poligonali accostati. Il lato interno, sempre del paramento, è composto da conci poligonali peduncolati rincalzati da numerose zeppe e disposti a formare dei filari. L’ambiente, che i precedenti studi inquadrano come il vano scala, si presenta di pianta ellittica e i filari che compongono l’alzato si sovrappongono con aggetto sino a livelli superiori rispetto a quella che viene inquadrata come la cella del pozzo, in antitesi alle canoniche strutture le cui pareti si mostrano sempre parallele. Il crollo che ingombra l’ambiente ellittico si dispone in pendenza verso la cella, ma osservando i lati dello spazio non si notano incastri tali da far supporre la presenza di una scala.
Cella a nicchia b Nuraghe Albucciu - Fonte Carlo Delfino Editore
L’osservazione dell’aggetto delle pareti porta a considerare seriamente che questa superficie fosse in origine coperta da una volta a “schiena d’asino”, in virtù dell’analisi del crollo che non presenta piattabande ma solamente conci poligonali. Sulle pareti residuano segni evidenti di fuoco che non aveva ragione di essere in una pendenza scomoda quale è adesso il crollo, ma che probabilmente si effettuava quando l’ambiente era ancora completamente sgombro. Il vano ellittico si raccorda a quella che finora è stata definita la cella del pozzo attraverso un ingresso di luce rettangolare sormontato da una sottile lastra-architrave, coronata a sua volta da un’ampia finestrella di scarico di luce sempre rettangolare. Al di sopra di questa, larga e bassa anziché molto sottile e alta come solitamente si trova nella forma canonica, si poggia un poderoso macigno, attorniato da altri, che delimita in altezza quella che è la cella che, viste le ridotte dimensioni, pare più che altro una nicchia nella muratura. Al di sopra di questo vano la struttura si eleva ancora, data la presenza di conci con aggetto sul fianco sinistro. La camera del presunto pozzo, normalmente di pianta circolare con corsi di pietre sovrapposti in aggetto a formare un’ogiva, si mostra in questo caso coassiale al vano ellittico, di pianta semi circolare e con piano di calpestio più basso rispetto all’ambiente antistante. Il fondo, in parte ingombro di crollo, non poggia sulla roccia, o meglio, in seguito ad un’accurata pulizia, potrebbe mostrare la base della canna. Non compare alcun pozzetto di captazione, ma bensì, in direzione SSE verso lo sperone di roccia, un bassissimo corridoio di luce rettangolare. Cosa porta quindi ad una sostanziale revisione della tipologia del monumento? La constatazione, condotta dalle nostre indagini, che anziché una canonica struttura a pozzo ipogeica con scalinata marginata da pareti parallele, in parte aperta e in parte architravata a gradoni, confluente in una cella circolare, questa struttura sia parte di un bastione turrito, poggiato ad uno sperone roccioso, che si eleva sopra il piano di campagna, costituito da una parte anteriore ellittica completamente coperta e da una parte posteriore che si mostra più come una nicchia nel fondo di una sala che un pozzetto circolare.
Archeolbia
Settore del Nuraghe Albucciu di Arzachena
Evidenti e precisi confronti si possono condurre con il complesso a bastione di Albucciu di Arzachena, poggiato ad uno sperone roccioso, dove sulla destra del corridoio di ingresso si apre la sala a di pianta ellittica[6]. Nella parte postica della sala, di cui si allega immagine, compare una nicchia b coassiale all’accesso al vano a, dalla pianta sempre ellittica. Alla nicchia b si accede da un ingresso trapezoidale sormontato da una sottile lastra - architrave e coronato da un’ampia luce di scarico. Il piano di calpestio della nicchia si presenta più basso rispetto al piano del vano a e da qui si sviluppa un corridoio di luce rettangolare, percorribile a carponi, che conduce fuori dalla massa muraria. Questi non sono gli unici esempi che raccordano l’edilizia gallurese del Bronzo Medio con la contemporanea antiochense, perchè le similitudini accorpano anche l’edificio absidato in antis di Nuraghe e’ Mori  con  il simile di Malchittu; la tomba dei Giganti di Su Niu ‘e su Crobu con Su Mont’e s’Ape di Olbia e infine i circoli tombali di De Chirigu con le analoghe strutture di Li Lolghi di Arzachena. L’attuale assenza di indagini sistematiche non rende giustizia alla reale situazione edilizia che scaturirebbe più precisa - ovvero un bastione turrito con camera ellittica e nicchia anziché  un sommario inquadramento come tempio a pozzo - in seguito ad una più attenta analisi dei contesti.


[1] V.Marras, Emergenze archeologiche extraurbane di età preistorica nel territorio del Comune di Sant’Antioco, in Quaderni 13/1996 SS.AA.Ca-Or AA.VV (a cura di), Ed. Stef, Cagliari 1996 pag 92
[2] L.Maccioni, M.Marchi, A.Assorgia, Carta Geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1:25000, (a cura di) Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato all’Industria
[3] S.Barca, L.Carmignani, G. Oggiano, P.C. Pertusati, I. Salvadori, Carta geologica della Sardegna scala 1:200000, (a cura di) Comitato per il coordinamento della Carta Geologica e Geotematica della Sardegna,
[4] V.Marras, Emergenze archeologiche extraurbane di età preistorica nel territorio del Comune di Sant’Antioco, in Quaderni 13/1996 SS.AA.Ca-Or AA.VV (a cura di), Ed. Stef, Cagliari 1996 pag.95
[5] L. MACCIONI-M.MARCHI-A.ASSORGIA, Carta geopetrografica dell’Isola di Sant’Antioco scala 1: 25.000, Ed. I.G.M. 1990
[6] A.A. Ruju – M.L. Ferrarese Ceruti, Il Nuraghe Albucciu e i monumenti di Arzachena, Ed. Carlo Delfino Editore, Sassari 1992, pag 46

Nessun commento:

Posta un commento