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Associazione ArcheOlbia
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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.
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mercoledì 10 ottobre 2018

Civita e le sue mura - Olbia in età giudicale (Civita in breve...)

di Durdica Bacciu

Nessuna altra città, antica o non antica, ha cambiato il proprio nome quanto la “città felice”: Olbìa, Fausania, Civita, Terranova, Terranova Pausania sino ad arrivare al nome attuale Olbia. Il durissimo colpo inferto dai Vandali alla città romana verso il 450 d.C. e la conseguente fase di crisi nell’Alto Medioevo spiegano il mutare del nome in quello di Phausiana. Il risorgere di una più vitale area urbana in Età Giudicale trova riscontro in un ulteriore nuovo nome, Civita, e nel successivo Terranova, che resterà tale per svariati secoli durante i quali la città attraversò altre fasi di crisi, dovute anche a fattori quali le incursioni dei pirati saraceni, il prevalere della infezione malarica nell'intera zona e l'interramento più o meno totale dell'imboccatura della baia conseguente al deposito di detriti del fiume Padrongianus. Nell’800 a Terranova si aggiunse la denominazione Pausania, e solo nel 1939 si recuperò il nome classico di Olbia.
Il periodo del quale parleremo ora è quello dell'epoca giudicale, dove i primi documenti del 1100 citano il nome di Civita o Kivita, con una sede amministrativa e diocesana, essendo citata come diocesi. Fu importante anche per la sua posizione, al centro del giudicato, con il suo porto, naturale e protetto dai venti quindi sicuro da ogni pericolo. Un'ulteriore testimonianza ci viene data durante la dominazione del periodo pisano, con un patto  nel 1309 tra Giacomo II d'Aragona e i pisani. In un documento della Gallura, Olbia viene chiamata "quasi Civitas" in tutto il teritorio e questo ci fa capire la sua importanza, sia dal punto di vista dell'edilizia che di città, essendo chiamata Civita
Una delle caratteristiche per essere definita Civitas doveva essere sicuramente le mura di cinta, mura che aveva la funzione di difesa dall'esterno e di difesa al al suo interno. Le mura ad Olbia sono esistite, ne parlano diverse fonti come il Liber Fundachi, nei documenti del XIV sec. viene citato il  castrum ( Castrum Terre Nove) (in castro Terre nove di Gallura) o burguesos (los burguesos de la dita Terra noval). Non è difficile immaginare l'importanza delle mura durante la conquista aragonese, dove la città cambia nome e diventa Terranova, e gli anni successivi, dove la città di Olbia è sempre stata meta di numerosi conquistatori e assedi. 
Lo studio del Panedda ci aiuta a definire anche i confini del''antica Civita. Esso individua il lato settentrionale con piazza Civita e via Achenza, il lato occidentale con piazza Regina Margherita, il lato meridionale con via Piccola e il lato orientale con via Asproni sino all'abside di San Paolo. Un'altra fonte importante è un disegno della città di Terranova intono al XVII secolo, disegno senza nome, semplice e chiaro.
Risultati immagini per olbia medievale
 Osservando questo disegno schematico, non possiamo non notare la presenza delle mura, il tracciato addattato al contesto urbanistico, con quattro torri di guardia e due porta: una verso la direzione del porto e una verso l'interno. Sopra le porte era presente un sistema di guardi e di difesa dato dalla costruzione di un ulteriore piano a torre. Si nota anche l' altezza delle torri, altezza data dal disegno delle feritorie e finestre su due livelli, quindi a tre piani, piano terra, primo e secondo piano. Sia le mura che le torri finiscono con la merlatura guelfa.

Bibliografia:
- D. Panedda, Il Giudicato di Gallura: curatorie e centri abitati, Sassari, Dessì, 1978
D. Panedda, Olbia e il suo volto, Sassari, Delfino, 1989


Famiglie al Museo 2018 - 14 ottobre Basilica di San Simplicio

di Museum Civitatense

Domenica 14 ottobre ore 15 Basilica di San Simplicio - Olbia
"Piccolo ma prezioso" è il tema di questa edizione di "Famiglie al museo". Come #museumcivitatense abbiamo organizzato una visita guidata speciale ai "PREZIOSI" della nostra #Basilica, la chiesa simbolo della comunità olbiese e non solo. Venite a scoprire con noi, attraverso gli occhi dei più piccoli, la storia e l'architettura della chiesa più antica della Gallura. I vostri compagni di viaggio saranno le matite, pastelli e fogli colorati...per conoscere le "mille sfumature di #SanSimplicio", tutto questo in compagnia di una archeologa che sarà a disposizione per tutto il laboratorio!
Il #laboratorio avrà inizio alle 15 e terminerà alle 17!
Per le #prenotazioni chiamare allo 3456328150 oppure museumcivitatense@gmail.com
#F@Mu2018 #famigliealmuseo #olbia #attività #FaMu2018

lunedì 13 novembre 2017

ArcheOlbia: I tesori di Ittiri tra San Leonardo, Domus e Nuraghe

di Durdica Bacciu
Ph D.Bacciu


archeolbia
Ittiri è un piccolo comune in provincia di Sassari, nella regione storica del Logudoro. Elemento geografico di riferimento è il lago artificiale del Cuga, una fonte importante per l'agricoltura ed allevamento.  Tra i prodotti alimentari da segnalare ricordo: il carciofo "Spinoso sardo" a cui il marchio di denominazione di origina protetta (DOP) vale il riconoscimento a livello europeo per il 2011; l'olio extra vergine d'oliva e la produzione del formaggio.
Il territorio di Ittiri è caratterizzato da diverse testimonianze archeologiche, che vanno dal preistorico ai giorni nostri. Oggi vi descriverò tre siti archeologici:

- Chiesa di San Leonardo
- Nuraghe di San Leonardo
- Domus di San Leonardo

San Leonardo de Sa Iddazza o del Cuga
Una chiesa mononavata risalente al XII secolo, faceva parte del monastero dell'ormai scomparsa Villa di Tuta o Cuga del giudicato di Torres. Architettura romanica, una pianta longitudinale con abside. Nei lati della chiesa, possiamo notare grandi archetti sostenuti da lesene che si appoggiano su una bassa zoccolatura. L'interno è illuminato da due monofore situate nei lati ed è ipotizzabile che nell'abside ci fosse un'altra luce, forse eliminata durante il restauro. Nell'Ottocento, secondo la testimonianza di Lamarmora, chiesa e monastero si trovavano in completa rovina conseguentemente,
durante gli anni Sessanta, con la progettazione del lago del Cuga, i muri perimetrali e ciò che rimaneva dell'abside, per non essere sommersi dalla diga, vennero smontati e ricomposti nel sito dove si trova oggi.

Nuraghe San Leonardo e Domus di San Leonardo
L’associazione fra insediamento nuragico e tombe ipogeiche a prospetto architettonico, si riscontra nel sito di San Leonardo, presso il bacino artificiale del Cuga: a poca distanza da un nuraghe, di tipologia indefinibile, il complesso di domus de janas, conosciute come di "San Leonardo" presenta svariate grotticelle, probabilmente in contatto tra loro e recentemente usate come rifugio durante il secondo conflitto
mondiale,  ultimamente sfruttate come luogo di cava. Una di queste, la più grande, presenta nella parte anteriore una decorazione a stele centina,  un corridoio di circa 4,60 m e sui lati, sopraelevate, si aprono 5 nicchie. Il secondo ipogeo presenta una piccola cella ellittica e un canale di scolo ben visibile, oggi occupato da una grossa radice.(CASTALDI 1975, p. 35)
 
Bibliografia:

  • Manlio Brigaglia, Salvatore Tola (a cura di), Dizionario storico-geografico dei comuni della Sardegna, Sassari, Carlo Delfino editore, 2006.
  • Francesco Floris, Enciclopedia della Sardegna, Sassari, Newton&Compton editore, 2007.
  • Ittiri - Monumenti e Chiese.
  • Paolo Melis - Il complesso ipogeico-megalitico di Sa Figu Ittiri (SS)
  • Paolo Melis - Ipotesi di Preistoria Ittiri-Sassari

 





 

martedì 17 ottobre 2017

Nuraghe Burghidu - Ozieri

di Marcello Cabriolu
Ph D. Bacciu

Il nuraghe complesso Burghidu sorge nel comune di Ozieri.
La letteratura lo indica come quadrilobato ma ad un'osservazione area dal 2014 sino al giorni nostri si può cogliere il profilo di un bastione trilobato addossato ad una torre principale di almeno due livelli. Il litotipo costruttivo è un'ignimbrite locale prelevata nel sito stesso, costituito da un tavolato lavico, dove si possono cogliere distintamente i punti di cava.
La struttura si compone appunto di un bastione, dall'andamento rettilineo nel fianco SE e NE mentre curvilineo nel fianco W, con residui di torri secondarie, estroflesse, in direzione Nord, Sud ed Est. Il bastione residua solamente al primo livello dove si mostra costituito da megaliti tendenti ad una forma sub rettangolare sia sul fianco occidentale che in quello orientale.
Il lato orientale mostra un'interruzione netta nel punto che in pianta dovrebbe ospitare la torre Est tanto da suggerire l'eventuale presenza dell'ingresso architravato che in origine permetteva di entrare nell'edificio. La torre Nord residua quasi integra con la sua tholos e vi si accede tramite un ingresso esterno architravato di luce trapezoidale. La torre principale si innalza dal bastione per circa 16 corsi di macigni tendenti all'isodomia e disposti su filari ordinati.
Un danneggiamento del paramento murario sul fianco SE ha favorito il dilavamento del "sacco murario" e il crollo di parte del paramento stesso lasciando in condizioni critiche la scala destrorsa e il rifascio. Da questa posizione si è potuto osservare che il secondo livello è costituito da una camera voltata a tholos con un finestrone aperto a SSE, fuori asse rispetto all'ingresso al complesso. Davanti al finestrone passava la scala destrorsa di sezione trilitica che portava dalla camera al primo livello all'apice della struttura. Per problemi di sicurezza e staticità la camera al primo livello risulta non praticabile ed in parte interrata.


 
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durdica bacciu

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domenica 1 ottobre 2017

Intervista a Marcello Cabriolu e il suo nuovo libro "La Sardegna e il Mediterraneo Occidentale" 2017



In questo articolo avremo modo di conoscere uno studente sardo che si è occupato dello studio del DNA e del popolamento del Mediterraneo Occidentale: Marcello Cabriolu

D. Ci può descrivere in poche righe la sua opera? Come nasce?

M. Data la mia passione per la Preistoria della Sardegna, ho cercato di ricostruire la presenza umana nella Sardegna preistorica e capire con quali altri popoli si legava. Il testo si presenta ricco di spunti per capire come l'uomo si è mosso nell' Europa della fine del Paleolitico attanagliata dalla morsa del grande freddo. Non dimentichiamoci che nel periodo di riferimento, attorno a 18.000 anni prima del presente, l'Europa viveva il suo periodo più freddo degli ultimi 60.000 anni. Questo periodo, definito secondo pleniglaciale, era caratterizzato da temperature medie estive ed invernali più basse rispetto a quelle attuali e vedeva uno sviluppo della calotta glaciale polare almeno sino alle Alpi. 

D. Questa è la sua terza opera, la prima è stata "La comunità di Antiogu Anne", la seconda "Il popolo Shardana" che ha avuto un notevole successo in Sardegna mentre questa è la terza opera. Cosa hanno in comune queste opere o se sono state scritte per motivi ben specifici?

M. Il primo testo riguarda una comunità dell'età del bronzo specifica dell'Isola di Sant'Antioco, suddivisa, come uso definirla io, in quartieri: abitativo, funerario, cultuale e tecnologico. Chiaramente a ciascun settore corrisponde una funzione ben specifica riassunta dall'aggettivo. Ci troviamo sopra un altipiano di orgine vulcanica dove i versanti costituiscono i confini comunitari. Nel secondo libro approccio uno studio sulle popolazione dell'età del Bronzo e sviluppo meglio il discorso dei quartieri e includo due novità: l'esercito e la società. Un particolare studio è stato fatto anche sulla religione del periodo. Il terzo testo invece, tratto l'innovazione dello studio genetico e lo spostamento degli esseri umani. L'altro elemento importante, del secondo capitolo, è l'analisi dell'arte che caratterizza questi essere umani. I predecessori di quelle popolazioni studiate nel primo e nel secondo testo.

D. Ha parlato di arte, che tipo di arte ci vuole raccontare e, secondo lei, lo studio di quest'arti, può riscrivere la storia?

M. Parliamo di un'arte che lo studioso Broglio definisce astratta, che forse trasmette messaggi o elementi e probabilemte, darà origine all'arte figurativa dei grandi pannelli preistorici dipinti con scene di caccia oppure se ne discosterà tenendo un ruolo puramente comunicativo. La storia, in quanto tale, non è mai definitiva ma sempre soggetta a nuovi studi e scoperte che possono confutarla o confermarla. Probabilmente lo studio di quest'arte ci aprirà nuovi spunti per capire i nostri predecessori e il loro vivere.

D. Sapiamo che lei è uno studioso o comunque un appassionato dei cosidetti "segni" o "incisioni" , che lei stesso dfinisce una forma di arte. Da quale segno o incisione è stato incuriosito maggiormente e perchè?

M. La prima incisione, o gruppo incisorio, che ha catturato la mia attenzione, è inscritto all'interno del nuraghe Losa di Abbasanta. La caratteristica che mi ha colpito è stata vedere che questi segni, ben ordinati e di sviluppo longitudinale, si presentino in una banda orizzontale ben ordinata. In questa incisione possiamo trovare sia linee astiformi che punti. Qualcosa dovrà pur significare...

D. Nel testo si parla anche di genetica, o meglio, si cerca di elaborare uno studio sulla genetica dei popoli preistorici. possiamo trovare anche dei legami con lo studio dell'arte da lei descritta?

M. I popoli preistorici non erano insensibili all'arte. Le loro creazioni, sia in stile volumetrico che parietale, erano contraddistinte da decorazioni. La Gimbutas le definisce meglio dando loro un significato espressivo anzichè meramente decorativo. Per questo motivo ho cercato di studiare le famiglie genetiche e le forme artistiche che queste hanno saputo conservare e tramandare ai posteri. 

D. Ci può dire qualcosa di queste famiglie da lei prese come caso studio?

M. Ho analizzato le componenti genetiche di alcuni clan dell'Europa centrale che si spostarono inseguendo le prede; ho analizzato le componenti genetiche di alcune bande stanziate sui Pirenei e infine, ho cercato di capire perchè gli agricoltori della mezza luna fertile si spostarono verso Occidente. Ed è proprio qui che parlo di famiglie genetiche quali la Eu8 e la Eu18 ed infine l'Aplo gruppo G tipico dei gruppi maschili.

D. Per chiudere, secondo lei cosa ancora non è stato scoperto o studiato? Quali novità potremmo avere in futuro?

M. Negli ultimi secoli si è sempre sostenuto che l'Oriente fosse la culla della Cultura, per via degli studi e delle ricerche condotti da inglesi e francesi; sarebbe interessante rivedere questo modello, soprattutto in virtù dei fenomeni ricollegabili all'ultima glaciazione, il popolamento delle Americhe e la rinascita dell'agricoltura ed ultimissimamente il rinvenimento di ominidi nel Nord Africa.

Segnalo il link del testo:
La Sardegna e il Mediterraneo occidentale

lunedì 3 luglio 2017

Sulle tracce della Grande Madre - Buddusò 22 luglio 2017

ArcheoBuddusò organizza per voi a Buddusò
Visita in nottura presso la domus di Santu Sebostianu e la necropoli di Ludurru.
Presenta la serata:
Marcello Cabriolu, autore de 'La Sardegna e il Mediterraneo Occidentale' ,
- la Dott.ssa Durdica Bacciu
- il team di ArcheoBuddusò
Illumineremo per voi questi splendidi monumenti creando un'atmosfera suggestiva.

Vi aspettiamo alle ore 20:00 presso il Ristorante Logudoro, dove cenerete in uno dei più bei locali del centro di Buddusò, subito dopo cena si parte a piedi verso la domus di Santu Sebostianu, sita nel cuore di Buddusò, a seguire la Necropoli di Ludurru distante 400 metri più avanti, in un piccolo agro in periferia.

Cena + Visita :
€ 25,00 a persona previa prenotazione
€ 10,00 per i bambini fino a 10 anni di età
COMUNICARE ANTICIPATAMENTE EVENTUALI INTOLLERANZE ALIMENTARI
Menù del Ristorante Logudoro:
Antipasti di terra : salumi misti e formaggi locali
Primi : Gnocchetti alla Logudoro ( sugo con salsiccia fresca)
Secondo: Arrosto di Vitello con contorno di patate arrosto, verdure
grigliate, pinzimonio
Frutta: Macedonia di frutta con gelato
Caffè , Vino ed Acqua
Menù Bambini: Cotoletta alla milanese+patate fritte
È inoltre possibile richiedere il
Menù Vegetariano
Prenotazione ed info :
347 9121459 Fiorella
079 714503 Ristorante Logudoro
Consigliati abiti comodi, scarpe sportive ed una piccola torcia elettrica

mercoledì 26 aprile 2017

Megaron a doppio antis di Dom'e Orgia Esterzili - ArcheOlbia

di Marcello Cabriolu
Ph Durdica Bacciu

 

durdica bacciu
Il megaron di Domu ‘e Orgìa, riconducibile al XIV sec. a.C., venne edificato ad una quota di 970 mt s.l.m. circa, all’imbocco di un valico. Potenzialmente la struttura controlla l’altipiano di Taccu Mauruoi e le sue numerose sorgenti, che in epoca preistorica dovevano essere sicuramente gestite dalle genti dei nuraghi. La potenzialità dell’insediamento è evidenziata inoltre dal fatto che il valico occupato sia stato in passato il passaggio obbligato dei percorsi di transumanza verso le pianure dal clima più mite. La struttura si mostra di forma rettangolare, con doppio antis, e circondata da un recinto ovale. La tecnica edilizia, nonostante siano stati utilizzati materiali resi a lastre, si presenta sempre del tipo a “sacco”, e l’edificio si eleva con almeno un atrio-vestibolo e due ambienti interni separati da un tramezzo, con un ingresso sormontato da un architrave e una luce di scarico. Vi si accede attraversando un vestibolo marginato da una panchina e, oltrepassando il primo ingresso, si entra nella sala più grande, anch’essa contornata da un sedile, interrotto a sinistra da una lastra ortostatica. L’ambiente più interno, a cui si accede attraverso un ingresso poderoso architravato, si rivela di dimensioni ridotte rispetto al precedente, ma anche questo adorno di un sedile.
durdica bacciu
Attualmente non ci è dato sapere che tipo di copertura fosse stata utilizzata, ma alcuni studiosi suppongono si trattasse di un tetto a doppio spiovente. All’interno del recinto ovale si trovano i residui di altre strutture, mentre altre ancora si intravedono qualche centinaio di metri più a Sud, testimoniando quanto il complesso fosse molto più ampio rispetto a quanto risulti evidente attualmente. L’indagine archeologica ha rivelato la presenza di svariata utensileria sia litica - come pestelli macine e lisciatoi - che fittile - olle e ciotole -, oltre ad una discreta quantità di prodotti bronzei. Tramite confronti con edifici dell’Età del Bronzo/Ferro della penisola e del Mediterraneo orientale, l’edificio parrebbe un centro religioso caratterizzato da un forte potere politico/economico. Attraverso questi confronti si evincono elementi sociali di genere femminile con ruoli di potere o di rappresentanza nella Sardegna del XII sec. a.C.

durdica bacciu
Come raggiungerlo
Dal paese di Esterzili seguire le indicazioni per il Monte Santa Vittoria e il Complesso Domu’e Orgìa. Percorrere la strada asfaltata di penetrazione agricola che indica Monte Santa Vittoria e percorrerla per diversi chilometri sino a quando si giunge alla vetta. Per arrivare al megaron, oltrepassare la pineta e proseguire lungo la stessa strada verso Escalaplano. Dopo pochi chilometri ancora, ormai scesi visibilmente di quota, in prossimità di un crocevia, si potrà vedere il monumento sulla sinistra a pochi metri dalla strada. L’area, libera all’accesso, è delimitata da un cancello e da una recinzione.

domenica 16 aprile 2017

Il Nuraghe Adoni di Villanovatulo - ArcheOlbia



di Marcello Cabriolu 
Ph Internet
 
Il complesso del Nuraghe Adoni, conosciuto sin dai primissimi anni del milleottocento, venne indagato solamente dal millenovecentonovantasette al millenovecentonovantanove per intervento del prof. Mario Sanges. Il complesso si è rivelato costituito da un mastio A attorniato da un bastione quadrilobato costituito dalle torri B, C, D, E, rispettivamente collocate a E, N, W, S e circondato ulteriormente da un antemurale turrito. Fondamentalmente la struttura si poggia sopra un tacco di calcare ben visibile nel settore orientale e, data la forma irregolare e non simmetrica nonostante le torri si mostrino ad addizione concentrica, in origine, attorno al XVI sec. a.C., doveva essere un protonuraghe che comprendeva il mastio A e la cortina panciuta a sud. L’elemento litico usato sono dolomie e calcari assemblati sostanzialmente senza rispettare filari e con il supporto di numerose zeppe di sostegno combinati a creare un indubbio paramento a “sacco”. Si accede da un ingresso leggermente sopraelevato sistemato tra la cortina curvilinea a S e la torre E, sulla sinistra si accede alla torre con feritoie mentre sulla destra si sale, attraverso un corridoio stretto, verso il secondo livello del complesso.
La torre E, descritta con feritoie, si presenta molto simile a quella del Nolza di Meana Sardo o del Serbissi di Osini, quindi come queste è inquadrabile, soprattutto in virtù del distacco dal corpo del complesso e di un rinvenimento di un ripostiglio nelle vicinanze, come una fornace per l‘estrazione dei metalli. La rampa d’ingresso conduce ad una sorta di pianerottolo superiore che alcuni studiosi denominano come cortile Y, a ovest del mastio, e che si mostra simmetrico al cortile X sistemato a est del mastio. Ci sono valide motivazioni per credere che questo non sia altro che un unico elemento, un corridoio anulare, che circonda il residuo del piano superiore del bastione, proprio come quello che circonda la sala al piano terra del Santu Antine di Torralba. Si parla di residuo del piano superiore del mastio innanzitutto perché l’antica sala superiore voltata a tholos è scoperchiata e poi perché lo spessore murario è parecchio più stretto del livello sottostante, il che fa supporre che alla parte superiore della torre manchi qualche “rifascio”. Da sottolineare che al centro della sala, resa in dolomia, sono stati riposti i mensoloni di coronamento in calcare e basalto che in origine donavano all’apice del mastio una composizione bicromatica. Si è già parlato dell’andito verso la torre E per aggiungere che dal corridoio anulare al primo piano partono anche gli altri anditi che conducono alle torri secondarie B, C, D. In particolare il percorso verso la  torre B, come si suppone avvenisse per la torre D, si sviluppa curvilineo e si ferma a quota mt 4 dal pavimento della sala, alta circa mt 7, facendo ipotizzare che l’ambiente fosse diviso in due livelli da un soppalco in legno. La parte settentrionale del bastione presenta un andamento irregolare che suggerisce una maggior ampiezza nell’estensione e la presenza di qualche altra torre riunita al corpo principale da un antemurale con torri. In particolare il settore settentrionale si amplia in un cortile che ospita una cisterna con copertura a tholos, profonda circa 3 mt.
Questa, resa in calcare e con un paramento a “sacco” riempito di argilla e pomice, opportunamente indagata, mostra un deposito di vasi e ceramiche per la fruizione delle acque. Il complesso è circondato da un villaggio dove si possono individuare almeno dodici capanne con una scalinata che conduce al sottostante insediamento, ancora da indagare, che si sviluppa nel bosco. Qui si possono osservare strutture raggruppate a isolati con vani concentrati su cortili. L’analisi del deposito e le forme edilizie ci mostrano un periodo di ampliamento e di utilizzo che va dal XIII al X sec.a. C. almeno, testimoniando un fase di vita ricca e florida che vedeva la forgiatura di lesine, pugnali, punte di lance, scalpelli, navicelle, pannelle di rame, brocche, bracciali e tanto altro materiale per le esigenze di vita quotidiana.

Come raggiungerlo

 Dall’abitato di Villanova Tulo prendere la SP52 per Laconi. Dopo circa 3,5 km svoltare a sinistra ed imboccare una strada sterrata ma agevole che sale sull’altipiano che ospita il nuraghe. Al termine della strada si trova la piazzola di sosta dove parcheggiare l’auto. Si procede quindi a piedi per qualche centinaio di metri sullo stradello in salita fino a giungere alla pinnetta in cui è ospitata la biglietteria.