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domenica 1 ottobre 2017

Intervista a Marcello Cabriolu e il suo nuovo libro "La Sardegna e il Mediterraneo Occidentale" 2017



In questo articolo avremo modo di conoscere uno studente sardo che si è occupato dello studio del DNA e del popolamento del Mediterraneo Occidentale: Marcello Cabriolu

D. Ci può descrivere in poche righe la sua opera? Come nasce?

M. Data la mia passione per la Preistoria della Sardegna, ho cercato di ricostruire la presenza umana nella Sardegna preistorica e capire con quali altri popoli si legava. Il testo si presenta ricco di spunti per capire come l'uomo si è mosso nell' Europa della fine del Paleolitico attanagliata dalla morsa del grande freddo. Non dimentichiamoci che nel periodo di riferimento, attorno a 18.000 anni prima del presente, l'Europa viveva il suo periodo più freddo degli ultimi 60.000 anni. Questo periodo, definito secondo pleniglaciale, era caratterizzato da temperature medie estive ed invernali più basse rispetto a quelle attuali e vedeva uno sviluppo della calotta glaciale polare almeno sino alle Alpi. 

D. Questa è la sua terza opera, la prima è stata "La comunità di Antiogu Anne", la seconda "Il popolo Shardana" che ha avuto un notevole successo in Sardegna mentre questa è la terza opera. Cosa hanno in comune queste opere o se sono state scritte per motivi ben specifici?

M. Il primo testo riguarda una comunità dell'età del bronzo specifica dell'Isola di Sant'Antioco, suddivisa, come uso definirla io, in quartieri: abitativo, funerario, cultuale e tecnologico. Chiaramente a ciascun settore corrisponde una funzione ben specifica riassunta dall'aggettivo. Ci troviamo sopra un altipiano di orgine vulcanica dove i versanti costituiscono i confini comunitari. Nel secondo libro approccio uno studio sulle popolazione dell'età del Bronzo e sviluppo meglio il discorso dei quartieri e includo due novità: l'esercito e la società. Un particolare studio è stato fatto anche sulla religione del periodo. Il terzo testo invece, tratto l'innovazione dello studio genetico e lo spostamento degli esseri umani. L'altro elemento importante, del secondo capitolo, è l'analisi dell'arte che caratterizza questi essere umani. I predecessori di quelle popolazioni studiate nel primo e nel secondo testo.

D. Ha parlato di arte, che tipo di arte ci vuole raccontare e, secondo lei, lo studio di quest'arti, può riscrivere la storia?

M. Parliamo di un'arte che lo studioso Broglio definisce astratta, che forse trasmette messaggi o elementi e probabilemte, darà origine all'arte figurativa dei grandi pannelli preistorici dipinti con scene di caccia oppure se ne discosterà tenendo un ruolo puramente comunicativo. La storia, in quanto tale, non è mai definitiva ma sempre soggetta a nuovi studi e scoperte che possono confutarla o confermarla. Probabilmente lo studio di quest'arte ci aprirà nuovi spunti per capire i nostri predecessori e il loro vivere.

D. Sapiamo che lei è uno studioso o comunque un appassionato dei cosidetti "segni" o "incisioni" , che lei stesso dfinisce una forma di arte. Da quale segno o incisione è stato incuriosito maggiormente e perchè?

M. La prima incisione, o gruppo incisorio, che ha catturato la mia attenzione, è inscritto all'interno del nuraghe Losa di Abbasanta. La caratteristica che mi ha colpito è stata vedere che questi segni, ben ordinati e di sviluppo longitudinale, si presentino in una banda orizzontale ben ordinata. In questa incisione possiamo trovare sia linee astiformi che punti. Qualcosa dovrà pur significare...

D. Nel testo si parla anche di genetica, o meglio, si cerca di elaborare uno studio sulla genetica dei popoli preistorici. possiamo trovare anche dei legami con lo studio dell'arte da lei descritta?

M. I popoli preistorici non erano insensibili all'arte. Le loro creazioni, sia in stile volumetrico che parietale, erano contraddistinte da decorazioni. La Gimbutas le definisce meglio dando loro un significato espressivo anzichè meramente decorativo. Per questo motivo ho cercato di studiare le famiglie genetiche e le forme artistiche che queste hanno saputo conservare e tramandare ai posteri. 

D. Ci può dire qualcosa di queste famiglie da lei prese come caso studio?

M. Ho analizzato le componenti genetiche di alcuni clan dell'Europa centrale che si spostarono inseguendo le prede; ho analizzato le componenti genetiche di alcune bande stanziate sui Pirenei e infine, ho cercato di capire perchè gli agricoltori della mezza luna fertile si spostarono verso Occidente. Ed è proprio qui che parlo di famiglie genetiche quali la Eu8 e la Eu18 ed infine l'Aplo gruppo G tipico dei gruppi maschili.

D. Per chiudere, secondo lei cosa ancora non è stato scoperto o studiato? Quali novità potremmo avere in futuro?

M. Negli ultimi secoli si è sempre sostenuto che l'Oriente fosse la culla della Cultura, per via degli studi e delle ricerche condotti da inglesi e francesi; sarebbe interessante rivedere questo modello, soprattutto in virtù dei fenomeni ricollegabili all'ultima glaciazione, il popolamento delle Americhe e la rinascita dell'agricoltura ed ultimissimamente il rinvenimento di ominidi nel Nord Africa.

Segnalo il link del testo:
La Sardegna e il Mediterraneo occidentale

sabato 4 febbraio 2017

La Sardegna e il Mediterraneo Occidentale nuovo testo di M.Cabriolu

di Durdica Bacciu

La Sardegna e il Mediterraneo Occidentale di Marcello Cabriolu (Autore)

In una prospettiva che coniuga l'indagine genetica, la biogeografia e il metodo archeologico, si affronta il problema del popolamento della Sardegna durante il Paleolitico Superiore. Cercando di tracciare un attento quadro d'insieme che tenga conto di vari fattori concorrenti si delineano i contorni culturali del Mediterraneo Occidentale, ponendo pesanti quesiti sulla diffusione dell'agricoltura, sull'origine del megalitismo. Un importante insieme di fattori capace di presagire le prime forme grafiche non figurative relative ai popoli europei. Il complesso dei segni della preistoria e senza dubbio patrimonio comune dell'insieme umano dell'Europa Centro-Occidentale e non tenerne conto corrisponde a non tenere conto di una parte della storia e della cultura dell'Europa stessa. Da questa osservazione scaturisce la considerazione che fu volonta dei creatori, intenzionalmente coscienti delle loro opere, trasmettere dei concetti specifici esposti tramite simboli significativi.

Per chi fosse interessato: https://www.amazon.it/Sardegna-Mediterraneo-Occidentale-Marcello-Cabriolu/dp/1326925865/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1486237885&sr=1-1

domenica 24 aprile 2016

Chercos e Estremadura



di Marcello Cabriolu
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Da diverso tempo sto elaborando uno studio relativo alla localizzazioni di quelle che in gergo si chiamano incisioni astiformi. Sono lunghe incisioni che sino a poco tempo fà venivano erroneamente inquadrate come segni lasciati dall’attività agricola, in virtù della prevalente segnalazione in massi posti sul terreno, ma il successivo rinvenimento di altri contesti, legati a varie indicazioni, ha permesso di individuare dei segni astiformi persino nelle pareti di antichi monumenti. A sommi capi si può affermare che, tramite lo studio dell’arte rupestre e delle incisioni preistoriche, le popolazioni dell’Europa occidentale erano in possesso di un bagaglio culturale molto omogeneo derivato da continui scambi commerciali-culturali e da uno stretto legame di sangue. Nel progredire dello sviluppo “civile” di queste popolazioni si possono osservare delle manifestazioni, sempre più evidenti, dove scaturisce la necessità di esprimere dei concetti religiosi/cultuali. 
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Esplode quindi il fenomeno delle pitture rupestri ma forse non tutti sanno che questo è forse una sfaccettatura del fenomeno più ampio delle incisioni rupestri. Cogliamo appena adesso quanto l’abitudine delle popolazioni europee occidentali, provenendo dal Paleolitico Superiore, sia arcaica ma forse cogliamo ancora meno quanto questa si protragga nel tempo e penetri nella storia delle singole regioni: Iberia, Bretagna, Dordogna, Penisola italiana, Corsica, Sardegna, Atlante e Nord Africa. Sorprendente vedere queste manifestazioni “artistiche” protrarsi almeno sino al 1000 a.C. ed iniziare a cogliere/elaborare in queste delle espressioni/formulazioni ben precise, probabilmente legate agli ambiti cultuali/funerari. Considerando la notevole “presenza” e la variegata distribuzione geografica delle incisioni possiamo quasi cogliere la volontà di esprimere, da parte dei popoli preistorici, dei concetti veri e propri e considerarli una sorta di codice proto espressivo. Quest’oggi porto, come una delle diverse anticipazioni che ho pubblicato in quest’ultimo periodo, due testimonianze: una individuabile in Sardegna e l’altra nella penisola iberica. 
La testimonianza della penisola iberica è individuabile nella comunità autonoma dell’Estremadura, un territorio posto nella parte occidentale della penisola iberica quasi alle porte del Portogallo, e si colloca tra la zona di Molino Manzanez e la riva sinistra del fiume Guadiana, una regione caratterizzata da vegetazione di tipo mediterraneo e dalle esondazioni stagionali, dovute ad una diga sul fiume, dove le popolazioni hanno sempre esercitato l’uso tradizionale della terra attraverso la caccia, la pesca e la pastorizia. I tre insiemi principali, di incisioni, consistono in pareti verticali a cielo aperto, poste sull’immediata riva del fiume, ad una discreta distanza e molto lontane  dalle esondazioni. Varie “stazioni”: La Antena, Bonito dià, Sete, El Boceto, Cangrejos, Hiperlavado, El Paletìn, Muflon sono caratterizzate da incisioni raffiguranti animali, complessi di linee e motivi geometrici cronologicamente inquadrati tra Maddaleniano (Paleolitico Superiore n.d.r.) e III millennio.a.C. L’altra testimonianza che porto riguarda la Sardegna ed è il sito di Chercos di Usini (SS). Si tratta di un ipogeo a stele centina inquadrato nell’Età del Bronzo per via dell’ambiente navetiforme che lo caratterizza a differenza delle svariate Domus de janas utilizzate nell’Età dei Nuraghi. Di conseguenza ad Usini vengono inquadrate nell’Età del Bronzo sia la decorazione esterna, che riporta la guisa di una stele da Tomba dei giganti, che quella interna relativa alla nicchia in fondo alla camera mentre gli ampi pannelli, ovest ed est internamente all’ipogeo, vengono inquadrati, relativamente alle incisioni, tra l’età romana e l’Alto medioevo. 
Nel formulare queste ipotesi i vari ricercatori susseguitisi (Castaldi, Tanda, Robin) hanno tenuto conto esclusivamente della tecnica incisoria (secondo Robin differente dalla tecnica delle popolazioni atlantiche in contesti megalitici) senza approcciare come complesso omogeneo l’insieme preistorico dell’Europa occidentale e senza porsi il minimo problema relativo all’esistenza/persistenza di eventuali complessi di simbologie preistoriche. Chiaramente nell’ipogeo di Usini compaiono alcuni elementi tali da far ricondurre alcuni segni all’epoca moderna ma si coglie molta imprecisione nell’inquadramento di ciò (parecchi elementi) che è arcaico. A questo invito alla riflessione allego delle immagini relative ai rilievi così da spronare il lettore ad una personale valutazione e considerazione sottolineando una piccola crespa nella ricerca in Sardegna: ancora una volta si verifica la sostanziale e ostinata divergenza degli studi sardi da quelle che sono le linee seguite dalla ricerca internazionale.  Errore o perseverazione? To be continued....