ArcheOlbia guida turistica Olbia archeologia della sardegna


Associazione ArcheOlbia
Promozione e Valorizzazione dei Beni Culturali

Guida turistica - Accompagnatore turistico - Attività didattiche - Corsi di formazione - Progettazione di attività culturali

ArcheOlbia
Piazza San Simplicio c/o Basilica Minore di San Simplicio
07026 Olbia (OT)
archeolbia@gmail.com
3456328150 Durdica - 3425129458 Marcello -
3336898146 Stefano
C.F. 91039880900


“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.
Visualizzazione post con etichetta olbia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta olbia. Mostra tutti i post

lunedì 19 aprile 2021

Centro storico di Olbia e le sue iscrizioni - da Dionigi Panedda ad oggi

di Durdica Bacciu
Ph Durdica Bacciu

Iscrizione 1771

Nessuna altra città, antica o non antica, ha cambiato il proprio nome quanto la “città felice”: Olbìa, Fausania, Civita, Terranova, Terranova Pausania sino ad arrivare al nome attuale di OLBIA. Olbìa è il suo nome più antico. Il poleonimo è greco: Olbìa (che viene trasformata in Olbia passando alla lingua latina). Nel lessico greco, Olbìa è il femminile dell'aggettivo “olbios” e significa “felice”, “ricco”, “splendido”. Questa ricchezza è testimoniata anche dalle varie genti che si sono susseguiti nei secoli, che hanno trovato nel territorio olbiese un ottimo scalo per il commercio e i rapporti sociali, a partire dai fenici dell'VIII secolo, ai greci del 630 a.C., passando per i punici e romani, arrivando al periodo aragonese e ritrovando una ripresa della "Città felice" nel XVIII. In questo scritto ci occuperemo dell'edilizia principalmente settecentesca ma troveremo anche delle testimonianze seicentesche.
Oggi, come al tempo del Panedda, non si ha particolare cura per la conservazione e valorizzazione dell'edilizia del centro storico, patrimonio dal grande potenziale ma abbandonato e senza una seria regolamentazione identitaria dal punto di vista architettonico .

1759
Questo ha portato alla quasi scomparsa delle caratteristiche strutture e ad un utilizzo dell'intonaco (e dei colori) al quanto discutibili. 
Una delle caratteristiche identitarie, identificativa della cronologia storica ed edilizia, del nostro centro storico, assolutamente da preservare, è quella delle architravi dotate di iscrizioni poste agli ingressi delle abitazioni, segnali dell'edilizia dei secoli precedenti al XXI. 
Lo scopo di queste iscrizioni era quello di dare una identità alle case e invocare la particolare benevolenza per la famiglia che la occupava. La formula iscrittoria si articola generalmente: iniziali del nome e cognome del proprietario, monogramma di Cristo (IHS) - J(esus) H(ominum) S(alvator) ovvero "Gesù Salvatore degli uomini" e in conclusione l'anno di fondazione dell'edificio. A questa formula generica, testimoniata numerosissime volte in altre località, si integra un solo caso dove l'invocazione è rivolta alla Vergine Maria e si trova attualmente in via Olbìa.
1642

Negli scritti dello studioso Panedda, intorno agli anni Quaranta, si potevano contare circa trenta iscrizioni, mentre negli anni Cinquanta, con la catalogazione di Benito Spano, se ne possono annoverare ventotto (28), infine negli anni ottanta ne residuano diciasette (17) ed oggi ne possiamo ammirare ventidue (22).
"...delle trenta da me lette negli ultimi anni Quaranta, venti epigrafi erano del sec. XVIII; delle ventotto lette dallo Spano, ventiquattro risalivano a quel secolo; oggi le epigrafi superstiti del Settecento, sono dodici..." (Panedda). 

Allo data odierna, in considerazione che tali elementi architettonici testimoniano dei processi storici e degli accadimenti tali da costituire la memoria storica cittadina, si rende necessario monitorare lo stato di conservazione o di scomparsa di tali elementi. Si è compiuta perciò una piccola ricognizione, una catalogazione delle suddette architravi, rilevandone il riferimento urbano, la varietà iscrittoria e annotandone la datazione. Lo scopo di ciò è conservare una traccia architettonica e fornire un semplice strumento di valutazione per i futuri interventi sul centro storico della cittadina.

Censimento in data 25 marzo 2021 a cura di Durdica Bacciu (Archeologa)
  1. Corso Umberto: 1763, 1820 (Panedda)
  2. Via Cavour: 1727, 1759, 1642 (Panedda) 1725 (Bacciu)
  3. Via Garibaldi: 1670, 1723, 1760* (Panedda) *La recente ricognizione ha permesso a chi scrive di leggere la seguente datazione 1766
  4. Via Romana: 1799 (Panedda)
  5. Via Olbia: 1833, 1771,1773, 1769 (Panedda) 1752, 1778, 1763, 1654 (Bacciu)
  6. Via Amsicora: 1744, 1747 (Panedda)
  7. Via Tempio: 1740 (Panedda)
  8. Via Piccola: 1759 (Bacciu)








venerdì 11 dicembre 2020

"Il Natale" di Terranova secondo Francesco De Rosa

 di Durdica Bacciu

Photo https://autonomiademocraticaolbia.jimdo.com


Negli anni anche la festa di Natale ha subito varie trasformazioni, dovute alla tecnologia, al momento storico e al consumismo. 

Pillole di ricordi: "Quando ero piccola, per Natale era tradizione andare da Nonna Rosina. Tutta la famiglia si riuniva intorno a lei ed era il nostro centro, sia per i grandi che per i piccini. Andare da Nonna era festa, era rivedere gli zii, giocare con i cuginetti e gli amici del paese, mangiare cose buone come la zuppa gallurese di Zia Peppina, sentire la porta del salone aprirsi e chiamare "Peppì" (come chiamavano zia). Il Natale era anche fare il "giro" dei parenti, in un paesino di poche anime ma con tanti ricordi, Cuzzola, il paese di mia madre e delle sue sorelle. Era sentire l'odore del vino offerto dagli zii a mio padre, rigorosamente vino rosso fatto in casa, era sentire sempre mia madre un po' in ansia richiamare "Titino devi guidare" e la risposta di papà "Cosa vuoi che mi faccia un bicchiere di vino ?" Il Il Natale erano le luci dell'albero in ogni casa, il panettone e il pandoro, i pacchi colorati e quel magnifico "maneggiare" di soldi che solo le nonne e le zie sapevano fare (senza essere viste): "...con questi ti compri le caramelle". Il Natale aveva l'odore delle cose buone, della gente allegra e in quei giorni il tempo sembrava non passare mai. Tutti erano felici...tutti erano uniti. Poi, cosa non doveva mancare? La Messa di Natale, si quella era d'obbligo. Si andava in chiesa dopo la cena di Vigilia del 24 notte oppure la mattina del 25, in ogni caso si era contenti perché il significato era chiaro: avrei visto nonna, le zie e i cugini! Diventavo improvvisamente grande fan della messa 😊"

L'unica cosa che non è cambiata in tutto questo tempo è l'emozione e i ricordi che lascia il Natale ed è proprio leggendo il libro di Francesco De Rosa "Tradizioni popolari di Gallura" possiamo rivivere il Natale della vecchia Terranova oggi Olbia.

Basilica di San Simplicio

"La notte di Natale, più che alla commemorazione della nascita di Gesù viene dedicata al dio Ventre e a Bacco sitibondo" scrive De Rosa, spostandosi dalle proprie case alle taverne, mangiando cibi tipici e frutta secca per quanto riguarda gli uomini, mentre le donne stavano tranquille in casa intorno al fuoco raccontando storie e fiabe per i più piccoli, cercando di tenerli sveglia per la messa notturna in onore del Divin Bambino. I giovani invece seguono la tradizione della messa più per svago che per interesse perché è tutto fuori controllo. Riprende il De Rosa "Molti giovanotti portano le saccocce piene di coccole di mirto, di cui i galluresi sono ghiotti, e ne tirano manate in aria facendole piovere sulle persone; altri portano noci, nocciole e mandorle che schiacciano ivi, e sgusciano per mangiarne i semi ed i gherigli, offrendone alle ragazze", gesti che non sempre erano apprezzati, "...altri fichi ed ampolline di Vermouth, di vino o di liquori che bevono e fanno bere agli amici ed ai conoscenti."

Terranova Pausania 

 I discorsi comuni tra un bicchiere di vino e un ficco   secco erano sempre gli stessi, gli sposalizi del paese,   quelli finiti, di femmine galanti e di donne generose,   di scampagnate e feste, di campagne con i relativi   animali, di pesca e caccia, sparlando della vita delle   persone non presenti e di quelle presenti con vanti o   critiche sempre con cuore allegro e aria di festa.   Tutta questa allegria però non è sempre consona al   momento o al luogo dove si svolge la santa messa e   quindi "...i sacerdoti, veduta la mala parata, non   sapendo a quale santo votarsi, sono costretti a fare appello alla Benemerita, perché voglia ristabilire alquanto la calma". Tutta questa allegria raggiunge la sua massima esplosione alla mezzanotte con l'intonazione del Gloria in excelsis Deo che annunzia la nascita del Divino, "...battendo le mani, percuotendo coi piedi il pavimento, dando pugni al confessionale o alle panche..."  

Finita la messa si torna allegramente nelle proprie case dove si mangiano i piatti prelibati della tradizione come "...pan'e sabba, cuccjuleddi melati, origlietti, niuleddi, turroni, ecc..." e nulla viene lasciato sulla tavola e tantomeno con la pancia vuota, specialmente ad Aggius e Bortigiadas dove, secondo una leggenda, chi rimaneva a pancia vuota sarebbe stato visitato da Palpaccja, una figura oscura con il compito di riempire la pancia vuota con dei grossi sassi. 

Albero di Natale Olbia 2020


Leggendo queste poche righe del De Rosa possiamo notare come sia cambiato il modo di festeggiare il Natale, molto più sobrio e silenzioso ma non per questo meno sentito. 

(Francesco DE ROSA, Il Natale in Tradizioni popolari di Gallura,Ilisso edizioni, Nuoro 2003, a cura di Andrea Mulas, pp. 136-138)


venerdì 23 ottobre 2020

Bacciu Durdica e Meloni Francesca le prime OMCTI della Sardegna

 

Operatori di Marketing culturale e di turismo integrato (OMCTI)


Si stanno tenendo on line (con collegamenti da diverse regioni come Sardegna, Liguria, Basilicata, Campania, Lazio e Sicilia) i corsi di formazione per Operatori di Marketing culturale e di Turismo Integrato (OMCTI), promossi da Formatemp E-Work e Forma Service, i quali progetti sono curati da Fernanda Ruggiero, docente del corso e consulente di Nuovi Turismi. Le discipline sulle quali si adoperano e si misurano, con dedizione, una quindicina di giovani
 sono: i marchi di qualità italiani, alberghi diffusi, web marketing, progettazione turistica integrata in particolare sport natura, costituzione di società e cooperative, cineturismo, organizzazione eventi e comunicazione. Hanno partecipato con profitto anche Durdica Bacciu, Archeologa e Guida Turistica di Olbia e Francesca Meloni, di Monti, vice presidente dell’Associazione Culturale Erèntzia e membro del Gruppo Folk San paolo di Monti. Le due dottoresse sono le prime OMCTI a livello regionale e si occuperanno di marketing culturale e turismo integrato nella nostra bella Isola.

La comunicazione del territorio è dunque al centro del dibattito condotto dal giornalista Armando Lostaglio. “Essa rimane fra le priorità di una comunità” asserisce Durdica, derivando dal latino cum=con e munire=legare, mettere in comune, aggregare. È un fenomeno complesso ma che permette di trasmettere informazione in modo diretto, semplice ed efficace. 

La comunicazione, sempre in continuo mutamento – è passata dalla sola stampa alle informazioni su mezzi tecnologici - è ormai parte di noi, ne veniamo a contatto quasi inconsapevolmente ma è grazie ad essa che possiamo far emergere quell’atto, chiamato sponsorizzazione, che tanto ci è caro nei confronti dei nostri borghi. La tecnologia, oggi, ci permette di coinvolgere un pubblico sempre più ampio e non prettamente legato al territorio. “Ecco che qui cresce l’importanza della valorizzazione delle nostre tradizioni e della nostra cultura, da poter trasmettere ai visitatori, suggerendo e presentando i luoghi a noi più cari con una corretta informazione nel sistema turistico-culturale” sostiene Francesca. E intanto veniamo subissati da notizie e immagini in ogni momento della giornata, siamo addirittura influenzati nelle nostre scelte quotidiane, “Ecco perché una corretta informazione resta molto importante nel settore turistico” testimonia Eufemia. 


Ogni realtà dovrebbe investire maggiormente nella comunicazione al fine di promuovere al meglio le bellezze e gli attrattori del proprio territorio, facilitando così le opportunità di crescita occupazionale onde evitare lo spopolamento dei nostri borghi attirando giovani professionisti.

“Sono tante le potenzialità del mio paese (in Basilicata) nonostante l'emergenza sia tangibile sotto molti punti quali lo spopolamento, l'emigrazione, l'arrendevolezza giovanile”, esprime la corsista Mariangela, “per questo dobbiamo puntare sulla diffusione delle nostre conoscenze e competenze”.

La necessità di comunicare per noi abitanti dell’Alta Irpinia” afferma Angelica  è fondamentale perché siamo nel cuore dei Monti Picentini arroccati sulle montagne, isolati e poco conosciuti, dove la comunicazione interna, da parte degli abitanti più attivi socialmente, avviene quasi esclusivamente aggregandosi alle varie associazioni. Quindi una comunicazione efficace e chiara è il perno essenziale per chi intende promuovere lo sviluppo e valorizzare la ricca cultura dei nostri borghi rurali, evidenziando la conservazione delle tradizioni tipiche”. Tutto questo non è possibile se non si attua la valorizzazione del territorio attraverso un'approfondita conoscenza storica. Per comprendere a fondo i processi storici, si deve ricercare quell'identità composta nei luoghi e nei personaggi che abbiano avuto un’importanza specifica in quel contesto, in modo da individuarne l'anima e valorizzare quelli ciò che resta invisibile. “La storia è dunque la tutela del nostro immesso patrimonio culturale” sostiene Michela. 

Durdica Bacciu
Proprio per questa necessità di conoscere e vivere personalmente la storia dei luoghi, nasce il turismo esperienziale, il modo in cui il visitatore si confronta con le comunità che visita. Il patrimonio di una destinazione non è rappresentato solo dai suoi luoghi fisici, ne fanno parte anche elementi immateriali quali la cultura e le tradizioni. La comunicazione gioca un ruolo chiave nell’attirare l’attenzione, creando un viaggio “emotivo” nell’immaginazione della persona ancora prima che questa parta, è su questo principio che si basa il web marketing turistico:

Francesca Meloni

“Il viaggiatore visita un luogo non solo per vedere qualcosa, bensì per vivere una nuova esperienza in tutta la sua complessità” dichiara Francesco. Bisogna raccontare la propria destinazione con doveroso impegno; ogni luogo di interesse dev’essere fruibile nella maniera migliore e reso accessibile a un livello più metafisico. Un museo splendido rimane vuoto, se non viene fatto conoscere, la destinazione che non sa raccontarsi è destinata a essere dimenticata. Ecco che comunicare rimane di primaria importanza, anche attraverso i social o mediante un sito web efficace, con l’identica priorità dedicata alla gestione del luogo stesso, rendendo tutti protagonisti del territorio consentendo aggregazioni giovanili in grado di stimolare l’operatività degli enti territoriali.

(Durdica Bacciu, Francesca Meloni, Eufemia Telesca, Mariangela Re, Angelica Boccia, Michela Metallo Francesco Iannì)

lunedì 20 aprile 2020

Basilica Minore di San Simplicio 3D - 3D Tour Virtuale



Basilica di San Simplicio - fonte Museum Civitatense



La Basilica minore di San Simplicio è posta sulla sommità di una collina di fronte alla stazione ferroviaria di Olbia. Si raggiunge facilmente percorrendo completamente il Corso Umberto sino all’attraversamento ferroviario e svoltando a destra nella via San Simplicio dove si erge maestosa. A tutt’oggi non si è in possesso di un documento ufficiale che ne attesti la data esatta di costruzione ma si suppone che la fondazione della chiesa sia avvenuta tra la fine dell’anno 1000 e i primi decenni del 1100 nella zona definita anticamente come il cimiterio Sancti Simplicii. L’area infatti si sviluppa su una mezza collina, presenta numerose sepolture e alcuni pozzi che abbracciano un arco di tempo che va dall’età orientalizzante (700 a.C circa) sino all’Alto Medio Evo. Il primo edificio documentato sembrerebbe essere un tempio di Epoca romana dedicato a Cerere o Demetra legato alla figura di Acte, l’amante dell’imperatore Nerone. Probabilmente dalle rovine di questo tempio e dall’uso dei blocchi squadrati dell’antica cinta muraria, i costruttori, utilizzando una fornace per la calce idraulica, costruirono la chiesa originaria. La prima costruzione doveva essere composta da grossi blocchi di granito impostati a creare un’aula con tre navate coperte da capriate lignee. Forse per un problema strutturale o di un cedimento nella volta della navatella settentrionale, i costruttori impiegarono dei laterizi per rifare la copertura e sopraelevare la chiesa.
Trifora della Basilica - fonte Museum Civitatense
Diversi studi sinora sembrano concordi nell’ipotizzare che la prima chiesa fosse più piccola rispetto all’attuale basilica e che fosse compresa tra l’abside e la seconda coppia di pilastri interni. Gli stessi studiosi concordano sul fatto che, tra l’allungamento della chiesa e l’attuale facciata, gli operai abbiano concluso i lavori entro la fine del 1100. La basilica misura 33 mt X 13 mt e ed è alta circa 12 mt, lo spazio interno è diviso appunto in due navatelle e una  navata centrale più alta, come si nota osservando la facciata. Lo spazio tra le navate è diviso tra tre coppie di colonne alternate a tre coppie di pilastri quadrangolari. I capitelli sopra le colonne mostrano delle decorazioni classiche, animali e umane che, insieme alle decorazioni esterne, richiamano l’arte toscana e lombarda dell’epoca. L’abside in origine era affrescato così come la parte destra dove ora si colloca l’organo. L’esterno della chiesa è caratterizzato da uno “zoccolo” lungo tutto il perimetro che si interrompe regolarmente alla base delle lesene. Nel lato meridionale si nota la presenza di due cippi di epoca romana che fanno da base alla prima e alla seconda lesena. Nell’abside, orientato ad occidente, si apre centralmente una monofora a illuminare la chiesa al tramonto mentre la facciata, orientata a Est, si mostra divisa in tre settori. La parte centrale della facciata, mostra un ingresso coronato da un arco a sesto rialzato e ancora più in alto si apre una grande trifora divisa da due pilastrini.
Capitello - fonte Museum Civitatense
La parte più elevata della facciata è decorata con un rombo di quattro catini e una riga di altri quattro i quali, probabilmente in antichità, erano colmati da maioliche. I settori destro e sinistro sono decorati da alcune formelle in marmo bianco ma l’elemento di spicco è un lastra di marmo probabilmente di stile longobardo con scolpita una figura umana e due animali. Infine nel settore in basso a sinistra spuntano dalla facciata un mensolone intero e uno spezzato sui quali si ipotizza potesse poggiare un sarcofago, come nella chiesa di San Pantaleo di Dolianova oppure l’architrave proveniente dall’antico tempio di Cerere ora situato a Pisa. Nel fianco lungo posto a sud, si apre un ingresso che anticamente era utilizzato come porta Santa. Il ruolo principale della Basilica riguarda il culto degli antichi Martiri: Simplicio, Fiorenzo, Rosola e Diocleziano, probabilmente tra i primi cristiani uccisi in Sardegna dall’Imperatore Diocleziano.
Ampolla delle Reliquie - Fonte Museum Civitatense
La presenza delle reliquie e del sangue del Martire, custoditi sotto l’altare, sono a tutt’oggi meta dei fedeli che fin dall’antichità hanno testimoniato la fede in Dio e nel suo discepolo Simplicio. 







BIBLIOGRAFIA

CABRIOLU M. Basilica Minore di San Simplicio, Università di Sassari, Tesi di Laurea in Scienze dei Beni Culturali, relatore Prof. Marco Milanese, AA 2018-2019;
Careddu A. M., Arte e manufatti artistici nella Sardegna medievale. San Simplicio di Olbia, tesi di laurea in Lettere Moderne AA 2006/2007, Università degli Studi di Sassari -. Rel. Prof. A. Castelluccio;
Coroneo R., Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico culturali, Cagliari, AV, 2005, p. 65;
Coroneo R., Serra R., Sardegna preromanica e romanica, collana "Patrimonio artistico italiano", Milano, JacaBook, 2004, pp.111-122;
DELOGU R., L'architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 92-95;
GELICHI S., Introduzione all’archeologia medievale – Storia e ricerca in Italia, Edizioni Carocci, Urbino 2003;
Mastino A., Storia della Sardegna antica, Edizioni IL MAESTRALE, Nuoro 2005, p. 288;
PISTUDDI A., "La chiesa di San Simplicio ad Olbia (SS): contributo allo studio dei capitelli", in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari, n.s. XXI (vol. LVIII) - 2003, Cagliari, 2004, pp. 155-173;
SCANO D., Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari, Montorsi, 1907, pp. 124-128;
Schena O., Civita e il Giudicato di Gallura nella documentazione sarda medievale. Note diplomatiche e paleografiche, in Da Olbìa a Olbia, a cura di G. Meloni e P.F. Simbula, II , Sassari 1996, p. 103;
SERRA R., La Sardegna, collana "Italia Romanica", Milano, Jaca Book, 1989, pp. 322-329;
SPANO G., "Antica città di Olbia, e sua cattedrale", in Bullettino Archeologico Sardo, VI, 1860, pp. 145-149, 173-174;