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venerdì 11 dicembre 2020

"Il Natale" di Terranova secondo Francesco De Rosa

 di Durdica Bacciu

Photo https://autonomiademocraticaolbia.jimdo.com


Negli anni anche la festa di Natale ha subito varie trasformazioni, dovute alla tecnologia, al momento storico e al consumismo. 

Pillole di ricordi: "Quando ero piccola, per Natale era tradizione andare da Nonna Rosina. Tutta la famiglia si riuniva intorno a lei ed era il nostro centro, sia per i grandi che per i piccini. Andare da Nonna era festa, era rivedere gli zii, giocare con i cuginetti e gli amici del paese, mangiare cose buone come la zuppa gallurese di Zia Peppina, sentire la porta del salone aprirsi e chiamare "Peppì" (come chiamavano zia). Il Natale era anche fare il "giro" dei parenti, in un paesino di poche anime ma con tanti ricordi, Cuzzola, il paese di mia madre e delle sue sorelle. Era sentire l'odore del vino offerto dagli zii a mio padre, rigorosamente vino rosso fatto in casa, era sentire sempre mia madre un po' in ansia richiamare "Titino devi guidare" e la risposta di papà "Cosa vuoi che mi faccia un bicchiere di vino ?" Il Il Natale erano le luci dell'albero in ogni casa, il panettone e il pandoro, i pacchi colorati e quel magnifico "maneggiare" di soldi che solo le nonne e le zie sapevano fare (senza essere viste): "...con questi ti compri le caramelle". Il Natale aveva l'odore delle cose buone, della gente allegra e in quei giorni il tempo sembrava non passare mai. Tutti erano felici...tutti erano uniti. Poi, cosa non doveva mancare? La Messa di Natale, si quella era d'obbligo. Si andava in chiesa dopo la cena di Vigilia del 24 notte oppure la mattina del 25, in ogni caso si era contenti perché il significato era chiaro: avrei visto nonna, le zie e i cugini! Diventavo improvvisamente grande fan della messa 😊"

L'unica cosa che non è cambiata in tutto questo tempo è l'emozione e i ricordi che lascia il Natale ed è proprio leggendo il libro di Francesco De Rosa "Tradizioni popolari di Gallura" possiamo rivivere il Natale della vecchia Terranova oggi Olbia.

Basilica di San Simplicio

"La notte di Natale, più che alla commemorazione della nascita di Gesù viene dedicata al dio Ventre e a Bacco sitibondo" scrive De Rosa, spostandosi dalle proprie case alle taverne, mangiando cibi tipici e frutta secca per quanto riguarda gli uomini, mentre le donne stavano tranquille in casa intorno al fuoco raccontando storie e fiabe per i più piccoli, cercando di tenerli sveglia per la messa notturna in onore del Divin Bambino. I giovani invece seguono la tradizione della messa più per svago che per interesse perché è tutto fuori controllo. Riprende il De Rosa "Molti giovanotti portano le saccocce piene di coccole di mirto, di cui i galluresi sono ghiotti, e ne tirano manate in aria facendole piovere sulle persone; altri portano noci, nocciole e mandorle che schiacciano ivi, e sgusciano per mangiarne i semi ed i gherigli, offrendone alle ragazze", gesti che non sempre erano apprezzati, "...altri fichi ed ampolline di Vermouth, di vino o di liquori che bevono e fanno bere agli amici ed ai conoscenti."

Terranova Pausania 

 I discorsi comuni tra un bicchiere di vino e un ficco   secco erano sempre gli stessi, gli sposalizi del paese,   quelli finiti, di femmine galanti e di donne generose,   di scampagnate e feste, di campagne con i relativi   animali, di pesca e caccia, sparlando della vita delle   persone non presenti e di quelle presenti con vanti o   critiche sempre con cuore allegro e aria di festa.   Tutta questa allegria però non è sempre consona al   momento o al luogo dove si svolge la santa messa e   quindi "...i sacerdoti, veduta la mala parata, non   sapendo a quale santo votarsi, sono costretti a fare appello alla Benemerita, perché voglia ristabilire alquanto la calma". Tutta questa allegria raggiunge la sua massima esplosione alla mezzanotte con l'intonazione del Gloria in excelsis Deo che annunzia la nascita del Divino, "...battendo le mani, percuotendo coi piedi il pavimento, dando pugni al confessionale o alle panche..."  

Finita la messa si torna allegramente nelle proprie case dove si mangiano i piatti prelibati della tradizione come "...pan'e sabba, cuccjuleddi melati, origlietti, niuleddi, turroni, ecc..." e nulla viene lasciato sulla tavola e tantomeno con la pancia vuota, specialmente ad Aggius e Bortigiadas dove, secondo una leggenda, chi rimaneva a pancia vuota sarebbe stato visitato da Palpaccja, una figura oscura con il compito di riempire la pancia vuota con dei grossi sassi. 

Albero di Natale Olbia 2020


Leggendo queste poche righe del De Rosa possiamo notare come sia cambiato il modo di festeggiare il Natale, molto più sobrio e silenzioso ma non per questo meno sentito. 

(Francesco DE ROSA, Il Natale in Tradizioni popolari di Gallura,Ilisso edizioni, Nuoro 2003, a cura di Andrea Mulas, pp. 136-138)


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