di Durdica Bacciu
Ph Durdica Bacciu
Agli inizi di dicembre, parlando con la cara amica Veronica Chiodino in merito ad un progetto su Rudalza, vengo a sapere che il bisnonno ha lavorato una vita presso il Rifornitore (IGM 1943), come capostazione, nella stessa località. Poi, cercando di capire un po' gli spostamenti della sua famiglia, nel passato,(in modo da capire per quali motivi avessero vissuto tra Rudalza e Arzachena) e come si chiamassero i suoi nonni, mi confermava che tutt'ora è in vita solamente il nonno, di 94 anni! Dio lo benedica. All'improvviso Veronica mi chiede: "Sei mai andata a vedere la chiesa di Paulu Calta?" - conoscendo bene le mie passioni- "No!" Le risposi, "Ti invio una storia...li c'è raccontata una vicenda legata a mio nonno". Improvvisamente si aprì un mondo mentre il racconto di Veronica continuava con "Lì vicino c'è anche uno stazzo, nonna mi aveva raccontato una storia", ecco, ora ha colpito la mia attenzione al mille per mille!Santu Paolu Calta:
Invocata a San Paolo Eremita
Per grazia ricevuta da San Paolo Eremita.
Il giorno 4 Dicembre 1932, il bambino Chiodino Francesco di Giovanni di anni 7 mentre si avvicina ad un gioco di buoi che mangiavano nelle apposite mangiatoie visto che un bue si aveva rovesciato la mangiatoia senza che il padre se ne fosse accorto, si avvicinava per accomodare la detta mangiatoia. Allorquando il bue si avventò al bambino infilandogli un corno in bocca e tenendolo penzoloni per aria.
Al gridare disperato del bambino, il padre esclamò invocando da San Paolo Eremita la salvezza del bambino. Infatti il corno strappò la guancia fino a qualche millimetro dall'occhio con una ferita di 20 punti. Ricoverato subito nell'ospedale militare marittimo di La Maddalena, il bambino vi rimase per ben 100 giorni, sotto le cure del colonnello medico Germani.
Invocate pertanto il gran Santo che vi salverà dai grandi pericoli !!
Il Padre del Bambino - Giovanni Chiodino
Stazzo Piccariddoni - 5 Agosto 1933
Di seguito invece vi lascio la storia dello stazzo (di Veronica Chiodino raccontata dalla nonna Giovanna Nieddu)
La Casa stregata
L’entroterra gallurese è ricco di luoghi misteriosi legati a fenomeni paranormali. Vecchie abitazioni diroccate e isolate sono le protagoniste di queste testimonianze ricche di misteri. Fanno da cornice ai macabri racconti i nuraghi millenari, ginepri piegati dalla furia del maestrale, le rocce granitiche dalle forme più bizzarre, quasi surreali, tanto da indurre la mente umana ad animarle e a trasformarle fantasiosamente prima in aquila, poi in una maestosa sfinge egiziana o un orso minaccioso. Storie di anime vaganti sospese tra i due mondi: l’aldilà e la vita terrena. Tutti questi elementi ruotano attorno alle vicende della casa stregata di Stazzu Muru. ‘Intorno alla fine dell’800 due fuorilegge di Silanus, appartenenti alla nobiltà tanto da meritare il titolo di “Don”, furono condannati nel loro paese per aver commesso vari omicidi e conseguentemente trasferiti nel carcere di Tempio per essere poi portati al patibolo ad Occhji ad Agghjiu. Ben presto si sparse la voce in città e tutti decantarono le qualità estetiche dei due “belli e dannati”, provocando la curiosità delle due nubili figlie del Giudice che li vollero vedere a tutti i costi. “Noi vulemu idè chisti dui cioani”. Il padre acconsentì alla visita in prigione da parte delle due giovani. L’incontro fu amore a prima vista: le ragazze rimasero folgorate dal fascino ammaliante dei due marghinesi, i quali suscitarono un magnetismo tale da indurle imperativamente a richiedere la loro grazia: “buchetini chisti da galera chi ci li spusemu noi”. Il padre, assillato dai continui capricci delle cocciute ragazze, acconsentì alla richiesta liberando i due criminali. Poco dopo, le due coppie convolarono a nozze. Il giudice era un ricco proprietario terriero e possedeva diversi stazzi in Gallura, tra i tanti quello di Muru, ubicato nei pressi della chiesetta campestre di San Paolo Carta a pochi km da Arzachena, che divenne ben presto il nido d’amore delle due improbabili coppie. I miracoli succedono di rado e la redenzione ebbe i giorni contati. Il matrimonio non fu proprio idilliaco e venne macchiato di rosso e di vendetta dai due malavitosi, che continuarono a spargere un’incessante scia di sangue commettendo diversi delitti e seppellendo le vittime vicino alla loro casa. La famiglia andò in disgrazia e dopo la morte dei delinquenti quell’abitazione divenne ben presto un luogo maledetto, infestato da anime penitenziali.’ Parte della maledizione di questo posto fu attribuita alla supposizione della presenza di “lu suiddhatu”, un tesoro composto da oro e denaro, nascosto dagli antichi. Una leggenda narra che se qualcuno avesse nascosto nella propria casa ingenti quantità di monete d’oro e poi non avesse potuto confidare il segreto ai famigliari o discendenti, il diavolo si sarebbe impossessato del patrimonio. Da allora nella stanza contenente il gruzzolo, nessuno avrebbe più ritrovato pace e riposo, perché il demonio, diventato padrone e custode di esso, si sarebbe mostrato spesso, sotto forma di diverse personificazioni terrificanti. Qualcuno provò a trovare il tesoro, passando la notte nella camera da letto di quella casa. Fu la notte peggiore della sua vita: schiamazzi e lenzuola che scivolavano ripetutamente dal suo letto costrinsero l’uomo ad abbandonare l’impresa. Negli anni successivi la casa fu abitata dalla moglie di uno dei figli dei due delinquenti, deceduti alcuni anni prima. Divenne presto vedova con un figlio piccolo da crescere e le anime resero la sua esistenza un vero e proprio inferno: una sera la réula mise al centro del salotto una cassa da morto mentre lei riposava con il suo bambino. Perseguitata da un destino avverso, passò la sua triste vita a combattere con visioni e fantasmi, arrivando esausta alla morte. Altri raccontano che una volta la casa era abitata da una famiglia di pastori. Era un posto macabro e malandato che incuteva panico e terrore tanto che alcuni uomini evitavano di passarci con il carro a buoi anche nelle ore diurne. Una sera Ziu Pascali e suo nipote Ciccheddu si recarono a Stazzu Muru per ritirare un pacco postale. Arrivati a metà strada, Pascali mandò il nipote alla casa stregata per prendere il pacco. Bussò alla porta e fu aperto dalla moglie del pastore, che invitò il ragazzo ad entrare e ad accomodarsi in attesa del marito. Tutto a un tratto udì un branco di cavalli selvaggi che correvano davanti all’aia: Ciccheddu, incuriosito, si alzò tempestivamente dalla sedia, si affacciò al balcone ma non vide nulla di insolito. Ritornò a sedersi poco convinto e dopo qualche minuto udì nuovamente lo scalpitio di zoccoli, ma la padrona di casa con occhi severi intimò il giovane a restare seduto. Una volta arrivato il pastore e ritirato il pacco, il ragazzo ritornò dallo zio. Desideroso di capire cosa fosse successo, gli domandò se avesse visto o sentito qualcosa di strano. Pascali, totalmente estraneo ai fatti, rispose di non aver visto nulla. Dopo qualche tempo si venne a sapere che i Pastori avevano abbandonato quella casa, esasperati dalle incessanti incursioni delle anime vaganti. L’ossessione di immagini demoniache e spettrali che diventano incontrollabili nonostante varie contromisure. Personaggi realmente esistiti che testimoniano con convinzione i fatti appena raccontati. I misteri degli abitanti degli stazzi continuano ad appassionarci in un’altalena di emozioni che oscilla tra mito e realtà, storia e leggenda.
Consigli: https://www.facebook.com/Sulla-strada-di-Vera-del-Sol-114538473235692/
Il Rifornitore, citato all'inizio, si presenta ancora eretto a pochi metri dalla linea ferroviaria, in prossimità della regione denominata "Campo Majore". Le murature sono realizzate prevalentemente in cantoni di granito mentre gli archi e gli stipiti di finestre e porte sono realizzati in laterizi. Il tetto risulta completamente crollato e i segni sulle murature mostrano che era impostato su travi di legno. Si presentava soppalcato in legno con una scala che saliva al primo piano addossata alla parete settentrionale.
All'interno dell'ambiente al piano terra, opposto all'ingresso principale ed affiancato da una finestra, trovava spazio un camino con cappa intramuraria, ora completamente crollato. Il piano superiore mostra la presenza di una finestra e di un armadio a muro. All'esterno abbiamo la presenza di un ambiente aggiunto a settentrione, a unico spiovente mentre nel fianco occidentale ancora residua l'imboccatura dell'enorme cisterna dell'acqua.
Nessun commento:
Posta un commento