Ph Durdica Bacciu
Nessuna altra città, antica o non antica, ha cambiato il proprio nome quanto la “città felice”: Olbìa, Fausania, Civita, Terranova, Terranova Pausania sino ad arrivare al nome attuale di OLBIA. Olbìa è il suo nome più antico. Il poleonimo è greco: Olbìa (che viene trasformata in Olbia passando alla lingua latina). Nel lessico greco, Olbìa è il femminile dell'aggettivo “olbios” e significa “felice”, “ricco”, “splendido”. Questa ricchezza è testimoniata anche dalle varie genti che si sono susseguiti nei secoli, che hanno trovato nel territorio olbiese un ottimo scalo per il commercio e i rapporti sociali, a partire dai fenici dell'VIII secolo, ai greci del 630 a.C., passando per i punici e romani, arrivando al periodo aragonese e ritrovando una ripresa della "Città felice" nel XVIII. In questo scritto ci occuperemo dell'edilizia principalmente settecentesca ma troveremo anche delle testimonianze seicentesche.
Oggi, come al tempo del Panedda, non si ha particolare cura per la conservazione e valorizzazione dell'edilizia del centro storico, patrimonio dal grande potenziale ma abbandonato e senza una seria regolamentazione identitaria dal punto di vista architettonico .
Lo scopo di queste iscrizioni era quello di dare una identità alle case e invocare la particolare benevolenza per la famiglia che la occupava. La formula iscrittoria si articola generalmente: iniziali del nome e cognome del proprietario, monogramma di Cristo (IHS) - J(esus) H(ominum) S(alvator) ovvero "Gesù Salvatore degli uomini" e in conclusione l'anno di fondazione dell'edificio. A questa formula generica, testimoniata numerosissime volte in altre località, si integra un solo caso dove l'invocazione è rivolta alla Vergine Maria e si trova attualmente in via Olbìa.
Negli scritti dello studioso Panedda, intorno agli anni Quaranta, si potevano contare circa trenta iscrizioni, mentre negli anni Cinquanta, con la catalogazione di Benito Spano, se ne possono annoverare ventotto (28), infine negli anni ottanta ne residuano diciasette (17) ed oggi ne possiamo ammirare ventidue (22).
"...delle trenta da me lette negli ultimi anni Quaranta, venti epigrafi erano del sec. XVIII; delle ventotto lette dallo Spano, ventiquattro risalivano a quel secolo; oggi le epigrafi superstiti del Settecento, sono dodici..." (Panedda).
Allo data odierna, in considerazione che tali elementi architettonici testimoniano dei processi storici e degli accadimenti tali da costituire la memoria storica cittadina, si rende necessario monitorare lo stato di conservazione o di scomparsa di tali elementi. Si è compiuta perciò una piccola ricognizione, una catalogazione delle suddette architravi, rilevandone il riferimento urbano, la varietà iscrittoria e annotandone la datazione. Lo scopo di ciò è conservare una traccia architettonica e fornire un semplice strumento di valutazione per i futuri interventi sul centro storico della cittadina.
Censimento in data 25 marzo 2021 a cura di Durdica Bacciu (Archeologa)
- Corso Umberto: 1763, 1820 (Panedda)
- Via Cavour: 1727, 1759, 1642 (Panedda) 1725 (Bacciu)
- Via Garibaldi: 1670, 1723, 1760* (Panedda) *La recente ricognizione ha permesso a chi scrive di leggere la seguente datazione 1766
- Via Romana: 1799 (Panedda)
- Via Olbia: 1833, 1771,1773, 1769 (Panedda) 1752, 1778, 1763, 1654 (Bacciu)
- Via Amsicora: 1744, 1747 (Panedda)
- Via Tempio: 1740 (Panedda)
- Via Piccola: 1759 (Bacciu)
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