di Marcello Cabriolu
Il
Mediterraneo Orientale e le terre da esso bagnate mostrano, durante la fase
finale del Bronzo e la prima Età del Ferro, una situazione politica complessa.
I vari stati costituenti il “Levante” gravitavano, per via delle reti
commerciali e dei rapporti di subordinazione, nelle sfere d’influenza dei due
principali Imperi dell’epoca: l’Hatti e
L’Alto e Basso Egitto. La posizione strategica e la composizione geografica
della regione “levantina”, crocevia delle risorse provenienti sia dall’Asia sia
dal Mediterraneo Occidentale, spinsero le flotte commerciali e le ingenti masse
umane a riversarsi nei grossi centri urbani bagnati dal Mare Mediterraneo. Le
floride città di Troia, Hattusha, Tarsos, Ugarit, Enkomi, Qadesh, Biruta, Sidon,
Megiddo, già ampiamente conosciute e frequentate sia commercialmente che
protette da guarnigioni multietniche, furono distrutte dall’avanzata del fronte
terrestre dei Popoli del Mare. Nascono così nuovi centri mentre altri non
completamente distrutti, si rinnovano e si ampliano. Prende forma la potenza
cananea basata sul potere commerciale e militare della Pentapoli con i centri
di Ashdod, Akkaron, Gaza, Gat e Ashkalon di nazionalità Phelesets. La regione dello Jezreel, con i centri più importanti di
Dor e Megiddo, vede verosimilmente l’insediamento dei Denyen e degli Sheklesh. Numerosi
studiosi si trovano d’accordo nell’individuare nell’antica regione di “Galil Goym” (lett: Galilea degli
stranieri), l’attuale Galilea, la giusta posizione, attorno al XII sec.a.C.,
delle genti Shardana. Secondo il
Vecchio Testamento la regione, dominata dalle genti straniere, assunse una
forma politica cui sottostavano i regni delle tribù di Zabulon e Neftali e si
estese verso nord sino a inglobare la città di Tiro. Nelle narrazioni della
Bibbia i centri costieri di Tiro – Es Sur
e Sidone – Sa Ida sono “figlie” della
mitica città di Tarshish d’Occidente e quindi verosimilmente legate,
nell’origine, alle Isole che stanno nel cuore del Grande Verde ovvero la
Sardegna e la Corsica per gli Egizi. L’analisi toponomastica del territorio
suggerisce che la presenza Shardana vada ben aldilà dei confini geopolitici
della Galilea, mostrando nei toponimi quali Gennesarite, Biruta e Sartan una
chiara impronta sarda. Gennesarite, antica cittadina sulle rive occidentali del
Lago omonimo (Lago di Tiberiade), suggerisce una “porta del sale” (lett: Genn’e
Sali) come punto di concentrazione del sale estratto dal Mar Morto oppure come
miliare della “Via del mare” esistente tra il Giordano e la costa mediterranea.
Il toponimo Biruta richiama fortemente il toponimo sardo di Borutta come sembra
scontato qualsiasi paragone con Sartan. Nell’individuazione di forme di cultura
materiale, evidente e latente, presenti in Sardegna, alcuni studiosi ne indicano
ancora ostinatamente l’origine da una stirpe “levantina” definita “fenicia”. Alla
luce di quanto descritto in precedenza pare inverosimile identificare una
stirpe “fenicia” stanziata nel “Levante”, viceversa appare corretto elaborare
che il Medio Oriente, durante il II millennio a.C. sia un composito insieme di
popoli differenti con esperienze materiali e intellettuali differenti. In
nostro aiuto interviene a questo punto un filologo semitista quale appunto il
Prof. Giovanni Garbini il quale dichiara che se un gruppo umano sia presente
nel “Levante” questo debba essere definito “Cananeo”[1]
[2]
e si dovrebbe smettere di usare un termine inventato come “fenici” così
generoso di equivoci. La qualifica cananea
non scaturisce dal fatto che si tratti di un unico popolo ma che con essa s’individuino
così i precedentemente citati gruppi umani differenti stanziati sul reale territorio
di Canaan. Pare verosimile e corretto definire che tali gruppi umani, alcuni
dei quali già stanziati da secoli nel Canaan, mentre altri giunti dal mare per
conquista e quindi interagenti con la Madre - patria, svilupparono una cultura
omogenea ed elaborarono una lingua e una scrittura condivise. Quasi a
ricongiungere gli estremi del Mediterraneo, possiamo osservare che l’insieme
culturale sardo, riduttivamente definito civiltà nuragica, tocchi in questo
periodo il suo apice e consolidi le sue propaggini del XIV sec. a.C. su Creta, verso
l’Egitto, l’Anatolia e il Levante. Le prove di tal espansione socio – culturale
si concretano nelle esportazioni dei modelli architettonici, della produzione
metallurgica e di quella ceramica. A questo punto la domanda nasce spontanea:
ma chi sono i fenici? Lo storico Glotz[3]
riporta che Phelesets e Tjekker provenienti da Kapthor (Creta
nell’antichità) usavano stare quasi nudi al sole ardente e al mare…e quando i
Greci del Nord videro per la prima volta questi mediterranei li chiamarono
tutti indifferentemente i Pelle rossa “Phoinikes”.
Lo studioso Dussaud[4] precisa
che caratteri precisi quali: pelle bruna, capelli neri ondulati, dolicocefalia,
taglia piccola permettono verosimilmente di rapportare gli antichi cretesi alla
razza mediterranea che vive nelle isole del Mediterraneo Occidentale. Le
testimonianze che dalla Sardegna e dalla Corsica verosimilmente partivano
contingenti umani verso il Mediterraneo Orientale si rivelano sempre più forti ed
evidenti. Questi gruppi umani furono protagonisti con altri Popoli delle
vicende storiche culturali del “levante” sino a creare un gruppo umano fraterno
latore di una koinè. Ma questo sarà lo spunto per un’altra discussione.
[1]
G.GARBINI , I fenici di ieri, di
oggi e di domani in I fenici: ieri oggi
domani. Ricerche, scoperte, progetti (Roma 3-5 marzo 1994) Acc. Lincei CNR
Roma 1995: 195-201,pp.199-200
[2]
M.TZORODDU, I fenici non sono mai esistiti, Ed.Zoroddu, Roma 2010, pag 55
[3]
GLOTZ, La civilisation égènne, La renaissance du livre, Paris 1923, pp
75;169
[4] DUSSAUD, Les civilisations préhelleniques, Geuthner, Paris 1914, pag. 447
Nessun commento:
Posta un commento