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Associazione ArcheOlbia
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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.
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lunedì 17 ottobre 2016

Abbazia cistercense di Santa Maria de Paulis - Ittiri

di Durdica Bacciu
Ph D.Bacciu
 
durdica bacciu
 La chiesa di "Nostra Segnora de Paulis" si trova nella campagna fra Ittiri e Uri, in un sito paludoso da qui la denominazione di "Santa Maria delle Paludi", sul percorso dell'antica strada romana, conociuta come "de sos Padres" perchè collegava l’abbazia cistercense di S.Maria di Corte di Sindia, fondata nel 1149, a quest’ultima. Vedendo la quasi inutilità dei suoi terreni, dovuto alla stato di palude, il Giudice di Torres, Comita II Lacon-Gunale, decide di donare i terreni, per la bonifica, ai Cistercensi dell'abbazia di Clairvaux.
durdica bacciu
Questo viene testimoniato in una lettera scritta dal vescovo di Sorres,
Pietro, dove si parla della sua fondazione, avvenuta nel 1205 a opera di una comunità cistercense.  Nel 1410 il monastero appare già in abbandono e nel  XIX secolo la chiesa era «molto distrutta e danneggiata dai ricercatori di tesori» come testimonia lo studioso G.Spano. 
 
 
 
 Nonostante numerosi restauri, l'ultimo concluso nel 2010, il complesso è invaso dalla vegetazione e versa in precario stato di conservazione, con conseguenti problemi di statica.  Dell’abbazia, costruita in calcare, restano il coro, il transetto, con le due cappelle affiancate al presbiterio, un tratto del lato meridionale con il divisorio e due sostegni di quello settentrionale.  La pianta è a croce “commissa” o a T, ovvero mancante del braccio superiore, è divisa in tre navate da arcate su pilastri. La copertura era volta a botte e la luce arrivava attraverso lunghe monofore. A nord si mantiene un ambiente monastico con volta a botte e robusti sottarchi su mensole troncopiramidali a facce sgusciate e adiacente possiamo vedere, quello che rimane del chiostro con un pilastro portante al quale si addossano colonne con capitelli per l’imposta di arcate che appoggiavano su colonnine affiancate. 
 
durdica bacciu
La pianta ricorda molto quella di Santa Maria di Corte, simbolo, secondo Delogu,  dell’architettura cistercense sarda. Quello che ha colpito gli studiosi è la modesta tecnica costruttiva di Paulis: presenta tratti romanici come i grossi pilastri e gli archi a tutto sesto, nonostante la sua datazione sia fissata al 1205, quando i Cistercensi pensavano già allo stile gotico. Questa particolarità e le irregolarità (strombatura delle due finestre absidali e nella disposizione di alcuni paramenti murari non sfalsati), hanno fatto pensare che le maestranze fossero locali che si limitarono solamente a ricopiare le forme di S.M. di Corte.
 
Come arrivare:
S.P. 15 Uri-Ittiri 07044 Ittiri (SS
 
Bibliografia:
G. ZANETTI, I Cistercensi in Sardegna, in "Rendiconti dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere", XCIII (1959), pp. 71-73;
G. MASIA, L’abbazia di Cabuabbas di Sindia e il suo influsso spirituale e sociale nei secoli XII e XIII, Sassari 1982, pp. 69-70; I Cistercensi in Sardegna, in "Rivista Cistercense", V (1988), pp. 1-109, passim.
R. CORONEO, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300 collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 59:
 

venerdì 14 ottobre 2016

La chiesa palatina di Santa Maria del Regno - Ardara

di Durdica Bacciu
Ph: D.Bacciu


durdica bacciu
I lavori di costruzione della chiesa, in orgine una cappella palatina adiacente al castello di Ardara, (costruiti da Giorgia, sorella di Gonario Comita, giudice di Torres e Arborea) presero inizio nell'XI secolo e si presume vennero conclusi in data 9 maggio 1107, come testimonia una epigrafe situata nell'abside, con la riconsacrazione dell'altare maggiore della chiesa. Per la sua costruzione venne scelto un poggio naturale e vennero impiegati elementi presenti nel territorio: il basalto bolloso e la trachite.

L'edificio si presenta orientato lungo l'asse est-ovest, con l'abside orientato verso il sole nascente e la facciata verso il tramonto. La chiesa si costituisce da una navata centrale con copertura lignea e due navatelle laterali con volta a crociera. Secondo gli studi accreditati, la navata centrale era riservata al clero per la liturgia, la navatella a destra per le donne e quella di sinistra per gli uomini e si suppone che in queste non si pregasse ma si mangiasse, bevesse e avvenisse la compravendita. La forma e la presenza di una sola abside, probabilemente, indicava la costruzione di questo edificio su uno più antico preesistente. Gli scavi condotti negli anni "70 hanno rivelato la presenza di alcune sepolture medievali disposte nell'asse ovest-est. Il rinvenimento di sculture confermano l'arcaicità del monumento relativo a chiese riconducibili all'anno Mille, come San Gavino di Porto Torres e San Simplicio di Olbia. Lo spazio interno è diviso da 8 coppie di colonne in trachite lisciata sormontate da capitelli e abachi. I pilastri cilindrici poggiano su dei plinti quadrati e vanno a sorreggere, tramite degli archi, i fianchi della navata centrale. 

durdica bacciu
Sui pilasti cilindrici sono stati posizionati dei dipinti murali votivi del 1600 opera di un pittore locale e raffigurano una processione di Apostoli, Dottori e Padri della chiesa latina, come per esempio: dall'abside a sx possiamo trovare Pietro con le sue chiavi, Andrea con la croce, Filippo con la croce e cosi via, mentre dall'abside a dx possiamo trovare: Gerolamo e il libro, Agostino con il libro, Simone con la sega, Tommaso con la lancia e cosi via. Le navatelle sono aperte nei lati lunghi da due portali ornati da lunetta. Nell'antichità il fianco destro o meridionale della chiesa era in prossimità di una pendenza, utilizzata come antico cimitero e soggetta al dilavamento delle piogge. Per questo motivo, la chiesa, è sempre stata soggetta a problemi strutturali che resero necessarie ristrutturazioni testimoniate nei secoli. La facciata si ripartisce in tre settori che ricalcano la divisione degli spazi interni. La facciata primitiva venne coinvolta nel crollo della navatella destra e quindi ,attorno al 1150 si rese necessario ricostruirla utilizzando conci di recupero, quali ad esempio, una meridiana posta sul fianco destro. Il prospetto è chiuso da due robuste paraste angolari e lo spazio interno è dimezzato da 4 lesene.
durdica bacciu
Una cornice orizzontale ci isola un timpano dove compare una finestra a croce sormontata da archetti pensili che seguono la copertura a doppio spiovente. Sottostante la cornice orizzontale, si apre una bifora in qui lo spazio mediano è dato da una colonnina spartiluce. La parte centrale del prospetto, compresa tra le due lesene, propone il modello ingresso-lunotto-bifora secondo quelli che erano i modelli dell'architettura lombarda. Il perimetro esterno è spartito da lesene prive di funzione statica, disposte regolarmente lungo i fianchi e l'abside, mentre i due portali laterali sono caratterizzati da lunette arretrate. Particolarità degli archetti pensili è quella di non avere figure umane o animali, elemento che riconferma l'arcaicità della decorazione. 

durdica bacciu
L'abside presenta un modello tipicamente toscano, di forma semicilindrica e si presenta più bassa rispetto alle navatelle, divisa in 5 specchi dalle lesene sormontate da capitelli e poggiate su basi modanate. Uno degli elementi che compongono l'arredo liturgico è il Retablo Maggiore, posizionato alle spalle dell'altare, con una superficie di 63 mq circa e si compone di 29 scene. Nel cartellino attaccato con la ceralacca, alla maniera fiamminga, appare il nome del pittore Giovanni Muru e nell'epigrafe possiamo trovare il nome del comitente Giovanni Cataholo, nonchè vederlo raffigurato in ginocchio presso il letto della Vergine morente. 
durdica bacciu
La datazione viene indicata come il 1468 con gli araldi della famiglia Villamari, mentre il cartellino indica che nel 1515 il dipinto viene ultimato. Ancora si ricorda il Retablo Minore, o della Madonna del latte, realizzato nella seconda metà del 1500 da un artista conosciuto come Maestro di Ozieri. Si compone di 24 scene e la più rappresentativa è la madonna che allatta al seno il Gesù bambino. Si narra che in questa chiesa vi fu sempolta la giudicessa Adelasia di Torres, in base ad un rinvenimento sepolcrale, non più ispezionabile, ma testimoniato da alcune vecchie fotografie. La forma descrivibile come "cassone litico" presentava un blocco poggiatesta verso occidente e privo di chiusino tombale. Sulle pareti interne esisteva un affresco raffigurante una figura femminile, ridotto in frantumi durante il tentativo di recupero. Ripetutamente violato e riutilizzato, non fu rinvenuta nessuna bara e lo scheletro scomparve, inducendo gli studiosi a dubitare che potesse accogliere le spoglie di un personaggio d'alto rango, ma la posizione di fronte all'altare maggiore era il luogo privilegiato riservato ai sovrani. Il Libellus Iudicum Turritanorum racconta che la giudicessa Adelasia fu tumulata in questo punto (dae nantis de su altare). 

Come arrivare
Si lascia la SS 131 allo svincolo per Ardara. Dopo pochi km si raggiunge il centro abitato. La chiesa di Santa Maria o Nostra Signora del Regno sorge in corrispondenza di uno degli ingressi del paese.  

 Bibliografia
V. Angius, "Ardara", in G. Casalis Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, I, Torino, G. Maspero, 1833, pp. 352-354;
G. Spano, "Ardara e sua chiesa, antica reggia dei giudici di Torres", in Bullettino Archeologico Sardo, VI, 1860, pp. 17-23;
D. Scano, Storia dell'Arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari, Montorsi, 1907, pp. 111-121;
R. Delogu, L'architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 106-109;
F. Tedde, Ardara capitale del giudicato di Torres, Cagliari, E.Gasperini, 1985;R. Serra, La Sardegna, collana "Italia romanica", Milano, Jaca Book, 1989, pp. 213-224;  
R. Coroneo-R. Serra, Sardegna preromanica e romanica, collana "Patrimonio artistico italiano", Milano, Jaca Book, 2004, pp. 93-101;
R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico-culturali, Cagliari, AV, 2005, pp. 40-41.
F. Poli, Ardara. La chiesa palatina di Santa Maria del Regno, Sassari, Carlo Delfino Editore, 2015

sabato 17 settembre 2016

ArcheOlbia - Sant'Antioco di Bisarcio (Ozieri)

di Marcello Cabriolu
Ph D.Bacciu
durdica bacciu
Isolata su una collina in mezzo alle campagne, a ridosso di uno strapiombo roccioso, in agro di Ozieri, sorge la monumentale chiesa dedicata a Sant'Antioco di Bisarcio. Eretta in tre momenti differenti a partire da prima del 1090 fino al 1190, e ricostruita nel XII sec. in seguito ad un incendio, fu cattedrale della Diocesi di Bisarchium, quindi sede vescovile, dall'XI sec. fino al 1503.
durdica bacciu
Una delle cose che la rendono unica, rispetto a tutte le altre chiese sarde, è il fatto che il portico, antistante la facciata, si sviluppa su due livelli. Il livello inferiore del prospetto si presenta tripartito da due archi laterali bisomi - uno dei quali tamponato – e da uno centrale che immette al nartece. Piccole facce accompagnate da foglie sono disposte all'imposta delle tre arcate, mentre due oculi, uno pieno a ruota e l'altro dentellato, decorano le lunette.
Fino a qualche decennio fa ambedue le bifore del prospetto erano tamponate, mentre successivamente si è deciso di ripristinare quella di destra, e di caratterizzarla con un leone con collare e dal muso rovinato, che sorregge la colonna a decorazione spiraleggiante. Una scena di vita agreste e di aratura si sussegue sulla parte superiore dell'arco centrale con bovini e altri animali, mentre la parte inferiore è caratterizzata da un alternarsi di motivi floreali, coppe e serpenti.
durdica bacciu
La chiave di volta è occupata da una piccola croce ansata. L'arco sinistro del prospetto appare decorato da un'assemblea di 15 personaggi presieduta da due angeli alati che occupano il centro della scena. 4 bacini ceramici con decorazioni di soli, tutti differenti, si intervallano ordinatamente ad ogni arco. Il timpano presenta la facciata piena se non per la presenza di una finestra arcuata e della parte destra abbellita da quattro archi gotici le cui mensole d'appoggio sono decorate da facce. Una risiega sovrasta i quattro archi gotici, sormontata da due piccole colonne decorate con capitelli. Una figura femminile a mani giunte sovrasta la scena nell'apice del timpano.
durdica bacciu
Sulla parte destra della facciata residua ancora l'ammorsatura di giunzione con una struttura prossima alla chiesa. Il portico si mostra coperto da 6 volte a crociera divise da arcate poggiate sia sul perimetro esterno che su due pilastri centrali di sezione cruciforme. Si raggiunge il piano superiore del portico, composto da tre ambienti voltati a botte, attraverso una scala ricavata nella massa muraria.
durdica bacciu
Il primo ambiente, terminata la scala, è caratterizzato dalla presenza, nel restrospetto, di una nicchia arrotondata sormontata da una cappa a foggia di mitra vescovile, la postazione congeniale per l'autorità religiosa che presiedeva l'assemblea del clero. Questo primo ambiente è caratterizzato dalla presenza di una risega o sedile, murato alla parete lunga, elemento questo che sottolinea il carattere di luogo destinato ad assemblea o udienze con l'autorità reggente la Chiesa, già segnalato precedentemente. La parte profonda di tale ambiente, corrispondente al prospetto originario della Cattedrale, mostra il residuo dell'antico timpano, con l'incavo per un bacino ceramico dove venne ricavata, in alto, una lunga e sottile monofora, aperta ai quadranti del sole nascente, il cui fascio di luce, secondo probabilmente uno schema predeterminato, raggiungeva lo spazio occupato dalla nicchia sormontata dalla mitra.
durdica bacciu
Numerose incisioni, antiche e recenti, sono state riprodotte nelle pareti di questo ambiente: il motivo più ricorrente è quello della forma di un “piede”, simbolo dei pellegrini, ma si riconoscono anche motivi floreali accompagnati da spirali e numerose iniziali e nomi estesi di pellegrini o semplici visitatori, transitati negli ambienti durante i decenni.
durdica bacciu
La parte profonda della camera centrale è costituita dall'antico prospetto della chiesa diviso in due registri. Il registro inferiore si mostra tripartito da tre archi le cui imposte poggiano su due lesene. Sottostanti agli archi esterni residuano modanature cieche romboidali, mentre le due lesene incorniciano un'elegante bifora, sistemata sotto l'arco centrale e aperta sull'aula. Il registro superiore si mostra sgombero ad eccezione di una modanatura a croce greca aperta anch'essa sull'aula e di un incavo per un bacino ceramico aperto all'esterno, allo scopo di dare luce all'ambiente. Sotto questa scena venne sistemato un altare e sulla parete settentrionale venne incisa, in lettere gotiche, l'epigrafe-dedicazionale.
durdica bacciu
L'aula si presenta costituita da tre navate: la centrale coperta a doppio spiovente in legno e le laterali, più basse, coperte con 7 volte a crociera ciascuna. L'impianto interno è scandito da arcate impostate su 5 coppie di colonne poste lungo l'asse longitudinale dell'edificio e 1 coppia di pilastri a sezione cruciforme a riprendere il motivo tripartito visibile all'esterno. Le colonne presentano dei capitelli con decoro vegetale mentre uno dei pilastri mostra una cornice con una figura umana.
Il presbiterio,  elevato di qualche gradino, conduce all'abside dotato di una monofora con doppio strombo e centina  semicircolare.


Basilica S. Antioco di BisarcioDal martedì alla domenica:  9.30 - 13.00  /  15.00 - 19.00 - chiuso il lunedì

 
Orario Invernale
Basilica S. Antioco di BisarcioDal martedì alla domenica: 10.00 - 13.00  / 14.00 - 17.00 - chiuso il lunedì

  Per Informazioni:
Istituzione San Michele - Tel. 079781236 - 079787638 - promozione.istituzione@comune.ozieri.ss.itsegreteria.istituzione@comune.ozieri.ss.it

Bibliografia: 
Roberto Coroneo, Salvatore Naitza; Donatello Tore, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo '300, Nuoro, Ilisso, 1993
Raffaello Delogu, L'architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, ISBN non esistente. 
Francesco Amadu, Giuseppe Meloni, La Diocesi medioevale di Bisarcio, Sassari, Carlo Delfino editore, 2003
Franco Laner, Anna Pala, Sant´Antioco di Bisarcio, chiesa ex cattedrale nel campo di Ozieri, Mestre, Adrastea, 2003


venerdì 2 settembre 2016

Basilica minore di San Simplicio - Olbia



di Durdica Bacciu
PH D.Bacciu 
Video ArcheOlbia: https://www.youtube.com/watch?v=Uub864YdhAE

durdica bacciu
La Basilica minore di San Simplicio è posta nel centro urbano di Olbia e si raggiunge facilmente percorrendo Corso Umberto sino alla stazione ferroviaria e svoltando a destra nella via San Simplicio dove si alza maestosa.

Oggi si suppone che la fondazione della chiesa sia avvenuta tra il 1113 e il 1140, come riportano i documenti, in una zona definita anticamente come il cimitero di San Simplicio. L’area infatti era costituita da una mezza collina con numerose sepolture terranee che andavano dalla fase fenicia (750 a.C ) sino all’Alto Medio Evo dove ancora sorgeva un tempio di Epoca Imperiale dedicato a Cerere. Proprio sulle rovine di questa struttura venne impiantata dai pisani una fornace per la calce e, impiegando il granito  locale, venne eretta la chiesa.
durdica bacciu
In origine la struttura era composta da grossi blocchi di granito impostati a creare un’aula con tre navate, che avrebbero contrapposto due grandi absidi come a San Gavino di Portotorres, chiuse nella parte superiore con volta a botte nelle navatelle e il tetto in legno nella navata centrale.

durdica bacciu
Ma probabilmente un problema strutturale e un cedimento nella volta della navata settentrionale spinse le manovalanze a impiegare mattoni in cotto per rifare la volta e chiudere la copertura. Proprio in questa fase vennero completati i muri della navata centrale e rinunciando all’abside orientata ad Est, venne realizzata la facciata.
durdica bacciu
La basilica misura 33 mt X 13 mt e ed è alta circa 12 mt, lo spazio interno è diviso appunto in due navatelle e una  navata centrale più alta, come appunto riporta lo schema della facciata, e ancora lo spazio tra le navate è diviso tra tre coppie di colonne alternate a tre coppie di pilastri quadrangolari. I capitelli che ornano le colonne mostrano delle decorazioni animali e umane che, insieme a elementi decorativi esterni, richiamano l’arte toscana e lombarda dell’epoca. L’abside in origine era affrescato così come la parte destra dove ora si colloca l’organo. L’esterno della chiesa è caratterizzato da una “scarpa” lungo tutto il perimetro che si interrompe regolarmente alla base delle lesene. Degno di nota sul lato meridionale un cippo di epoca romana che fa da base alla prima lesena.
durdica bacciu
Nell’abside, orientato ad occidente, si apre centralmente una monofora a prendere luce e illuminare la chiesa al tramonto mentre la facciata, orientata a Est, si mostra divisa in tre settori. La facciata mostra, nella parte centrale, un ingresso architravato e coronato da un arco a sesto rialzato e ancora più in alto si apre una grande trifora divisa da due pilastrini.


La parte più elevata della facciata è decorata con un rombo di quattro catini e una riga di altri quattro che probabilmente in antichità erano colmati da maioliche. I settori destro e sinistro sono decorati da alcune formelle in marmo bianco ma l’elemento di spicco è un lastra marmorea di probabile stile longobardo con scolpita una figura umana e due animali. Infine nel settore in basso a sinistra spuntano dalla facciata un mensolone intero e uno spezzato sui quali si ipotizza potesse poggiare un sarcofago, come nella chiesa di San Pantaleo di Dolianova oppure l’architrave proveniente dall’antico tempio di Cerere ora situato a Pisa.
La Cattedrale di San Pantaleo in Dolianova


G. Spano, "Antica città di Olbia, e sua cattedrale", in Bullettino Archeologico Sardo, VI, 1860, pp. 145-149, 173-174;
D. Scano, Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari, Montorsi, 1907, pp. 124-128;
R. Delogu, L'architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 92-95;
R. Serra, La Sardegna, collana "Italia Romanica", Milano, Jaca Book, 1989, pp. 322-329;
R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo '300, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 14;
A. Pistuddi, "La chiesa di San Simplicio ad Olbia (SS): contributo allo studio dei capitelli", in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari, n.s. XXI (vol. LVIII) - 2003, Cagliari, 2004, pp. 155-173;
R. Coroneo-R. Serra, Sardegna preromanica e romanica, collana "Patrimonio artistico italiano", Milano, Jaca Book, 2004, pp. 111-122;
R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico culturali, Cagliari, AV, 2005, p. 65. 
 
Video ArcheOlbia - Buona visione

 

lunedì 2 maggio 2016

Sant'Elia di Nuxis

Ph: D.Bacciu

La chiesa risale al periodo bizantino (IX-X sec.) e presenta pianta a croce greca con cupola ogivale, mentre la facciata è sormontata da un campanile a vela. All’interno i quattro bracci sono coperti da una volta a botte; all’incrocio dei bracci è posto un tamburo a pianta quadrata da cui parte la cupola troncoconica. La particolarità di questa chiesa sono le sue esigue dimensioni, tipica caratteristica delle chiese costruite nella seconda metà del I millennio d. C.
durdica bacciu
Per apprezzare la chiesa di Sant'Elia di Tattinu nelle sue forme originarie bisogna ricorrere a vecchie fotografie in bianco e nero, poiché il restauro moderno ha stravolto i dettagli dell'edificio, chiaramente riconducibile all'architettura cruciforme della Sardegna bizantina.
Le murature d'impianto dovevano essere caratterizzata dall'uso di conci squadrati agli angoli dell'edificio, mentre i tamponamenti dovevano essere in pietrame misto di minori dimensioni.
durdica bacciu

La pianta è cruciforme con bracci uguali sormontati nel punto di incrocio da un tiburio quadrangolare sovrastato da ciò che appare come la parte più alta di una cupola molto allungata quasi ogivale, completamente intonacata così come il tiburio.
Nella facciata, sormontata da campanile a vela, si apre il portale principale, del tipo ad architrave monolitico gravante sulle murature perimetrali. I quattro bracci sono voltati a botte ed esternamente coperti da tetti a spioventi con tegole. All'incrocio dei bracci si eleva la cupola, impostata su rudimentali scuffie. L'attuale cupola è moderna poiché l'originale crollò nel 1909. Non è originario neanche il braccio O, ricostruito più corto rispetto all'originale. 
durdica bacciu
Come arrivare
Si percorre la SS 130 verso Iglesias e si prendono la SP 2 e successivamente la SS 293 fino al paese di Nuxis. Superato l'abitato si trovano sulla s. i cartelli turistici che indicano il sito campestre di Sant'Elia di Tattinu, meta di pellegrinaggi. L'ultimo tratto, pavimentato a ciottoli, conduce alla chiesa.  
Bibliografia
R. Serra, "La chiesa quadrifida di Sant'Elia a Nuxis (e diversi altri documenti altomedievali in Sardegna)", in Studi Sardi, XXI, 1968-70, pp. 30-61;
R. Coroneo-M. Coppola, Chiese cruciformi bizantine della Sardegna, Cagliari, 1999, pp. 35-36;
R. Coroneo-R. Serra, Sardegna preromanica e romanica, collana "Patrimonio artistico italiano", Milano, Jaca Book, 2004, pp. 69-70;
R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico-culturali, Cagliari, AV, 2005, pp. 103. 

venerdì 22 aprile 2016

Viddalba - Chiesa di San Giovanni Battista

di Durdica Bacciu
Ph: D.Bacciu 


durdica bacciu
Attraverso un pannello esplicativo del 2007, possiamo leggere “fu edificata nel XI secolo, da maestranze toscane che operavano in zona, aveva pianta rettangolare con due serie di cinque colonne suddivise in tre navate. Dal punto di vista architettonico è paragonabile a quella di S. Alessandro in Lucca (metà dell’XI secolo)”. Nella seconda parte troviamo la descrizione dell’intervento eseguito: “al momento del restauro non vi era più traccia delle colonne per cui risultava essere mononavata, dagli scavi effettuati sono emerse chiaramente le fondamenta delle colonne. Il materiale costruttivo è costituito da blocchi di arenaria dalla pezzatura varia e di taglio molto accurato.
durdica bacciu

Il restauro effettuato è un intervento dalla valenza complessa che ha interessato la Chiesa di S. Giovanni Battista, l’area che la circonda e le strade di connessione col Centro Storico del paese. Gli interventi sulla Chiesa si sono incentrati sulle murature esterne, sulla copertura e sulla sistemazione dell’interno. Il cammino per il restauro della chiesa di San Giovanni Battista è stato lungo e faticoso. Iniziato negli anni 90… un’opera che ha comportato un impegno davvero molto complesso, sia sul piano burocratico sia su quello strettamente tecnico.

La chiesa era già in stato di abbandono nel 1840, come testimoniano gli scritti di Angius-Casalis, che parla delle chiese nella zona del lago Coghinas: “...Principalmente è degna di menzione la chiesa di s Giovanni (in Villalba). Essa è rettangolare;  se non che il fondo incurvasi in un nicchione,
quale si vede in tutte le chiese del medio evo. Il lato maggiore di metri circa 18; il lato minore di 9. Due ordini di colonne, ciascuno di 5, dividono la capacità in tre navate, larghe la media di 4,50,  le laterali di 1,80. Le colonne hanno circonferenza 1,50 di altezza….? In questo e in quello dei lati maggiori erano due porticine. Non può non maravigliarsi il passeggiero che vegga tra un deserto questo bel monumento, ed un siffatto edifizio in pietre quadrate, nel quale non saprei che più commendare o la bella semplicità del disegno, o la finezza del lavoro.
durdica bacciu
 


Essa non scomparirebbe nè in una città dove fossero pregievoli costruzioni e lodate per felice esecuzione. Fin a questi tempi i pastori la rispettarono; ora sono in sul distruggerla, e per o riparare o ampliare le tristissime loro casipole, vanno a levarne quelle bellissime pietre di arenaria fina che la compongono, e se non sieno proibiti, non andrà guari che tutto rovini questo ammirabile tempietto, che forse è prossimo il tempo quando possa servire a chiesa parrocchiale, se i dispersi pastori delle varie cussorgie si congreghino a formare nuove popolazioni"


 Un primo restauro, fu proposto da un comitato di cittadini nel 1929, senza nessun esito e cosi,  si arrivò ai primi anni Novanta, quando l’amministrazione comunale intraprese la difficile opera di recupero della chiesa, conclusa per la festa di San Giovanni Battista del 2007, con l’inaugurazione del nuovo edificio.  Dal punto di vista architettonico è paragonabile alla chiesa di S.Alessandro in Lucca, datata alla metà dell' XI secolo.

durdica bacciu

Alla base dello stipite destro del portale secondario nord della chiesa è incisa un’iscrizione così trascritta: COMITA DE MELA/SACERDOS ALBER/TO MAESTER FUN, interpretata come Comita de Mela / sacerdos Alber/to maester fun/[damenta posuerunt? ---].
L’iscrizione ci tramanda il committente dell’opera, sacerdos Comita de Mela, ed il suo progettista, maester Alberto. L’analisi paleografica fissa la data agli inizi del XII sec. d.C.
Diversi graffiti campeggiano sul paramento murario della chiesa: date, stelle a cinque punte, lettere e numerose figurine umane stilizzate. Segni tangibili di una presenza umana ininterrotta nel sito. (http://www.museoviddalba.it)



lunedì 18 aprile 2016

Santa Maria della Mercede - Norbello (OR)

di Durdica Bacciu
Ph D.Bacciu 




La chiesa di S.Maria di Norbello, chiesa romanica del XII sec., presenta una struttura semplice con una unica navata absidata orientata a oves-est, tetto con copertura lignea, che riprende la testimonianza della passata e paramenti murari in basalto.

Le prime notizie si possono trovare nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, con un documento che testimonia lo sposalizio di due servi tra il 1164-1174 "Coiuvedi Greca Pasi, ankilla de sanctu Iorgi de Calcaria cun Terico de Paule serbu de sancta Maria de Norgillo". Nella scheda 174 invece, datata al 1229, troviamo i nomi dei testimoni Barusone Pinna e Dorgotori de Sogos nella compilazione di un atto. Questi due nomi sono anche presnti all'interno della chiesetta, scritti in una parete.

Possiamo osservare al suo interno, delle particolarità veramente importanti che presentano una vasta simbologia, le iscrizioni sono in lingua sarda in minuscola carolingia e collegano le croci affrescate l'una all'altra formando una sorte di Via Crucis con icone molto elementari e strettamente di forma geometrica, contenenti i nomi di alcuni personaggi locali. Gli affreschi e i graffiti sono stati studiati grazie alla campagna di scavo per la necropoli bizantina trovata nelle vicinanze della chiesa intorno al 1980.

La chiesa, sino ai primi dell'800, era una cappella privata della famiglia Puddu e venne dedicata "Santa Maria della Mercede". Successivamente, attraverso un testamento, Maria Maddalena Puddu dona la cappella alla famiglia Sotgiu.


Maria Cristina Cannas, studiosa cagliaritana, autrice del libro “Nel segno della croce – Le pitture murali della chiesa di Santa Maria della Mercede a Norbello”, ritiene che le immagini disegnate sulle pareti dell’edificio rappresentino un rito di consacrazione da parte di due templari, identificati in Barisone e Dorgotorio Pinna. I due crociati costruiscono o meglio, restaurano e consacrano la chiesa, con una simbologia che è tipica templare. Secondo l’autrice c’è poi un particolare significato nella croce racchiusa dentro la mandorla e nell’asinello che la sostiene. Affiora, così, una finalità quasi penitenziale, ipotesi avvalorata proprio dalla presenza dell’asino, animale spesso associato ai valori della semplicità e della povertà, dell’umiltà e della penitenza. Sono molteplici i simboli riprodotti lungo le due pareti ma tutto l’insieme viene letto come un itinerario, una serie di stazioni del viaggio di purificazione compiuto dal cavaliere cristiano.


Sia la tipologia che il colore delle croci, la loro foggia propriamente militare, la presenza del caratteristico nodo cistercense, per logica attinenza non possono che orientare le ricerche verso l’Ordine Templare. Anche l’intitolazione mariana della chiesa non può essere considerata del tutto occasionale. Pur in mancanza di documenti certi, l’appartenenza al Tempio di Santa Maria di Norbello appare quindi possibile ed anche molto probabile.
Per quanto riguarda l’esistenza di possedimenti templari nella zona interessata, è utile rammentare che all’epoca del tragico epilogo il papa Clemente V affidò all’arcivescovo d’Arborea, Oddone Sala, uomo particolarmente legato al pontefice, il mandato di inquisire i Templari che risiedevano nelle diocesi di Arborea, Cagliari e Torres. Allo stesso tempo, il delicato incarico di amministrare i beni confiscati ai Templari fu assegnato, non a caso, al vescovo di Bosa, Nicolò. (tradizionetemplare.blogspot.it)
  
 Per saperne di più:
-https://www.academia.edu/12713825/La_chiesa_di_Santa_Maria_di_Norbello_Oristano_un_probabile_possedimento_templare_nel_Giudicato_di_Arborea_in_Atti_del_XXXI_Convegno_di_Ricerche_Templari_a_cura_della_L.A.R.T.I._Bologna_-_12_ottobre_2013_Tuscania_Penne_e_Papiri_2014_pp._171-199
-http://tradizionetemplare.blogspot.it/2010/02/la-chiesa-di-santa-maria-di-norbello.html
-http://chiesedisardegna.weebly.com/norbello.html
-http://www.itineraromanica.eu/index.php?id=112&lang=it
-http://www.viaggioinsardegna.it/chiesemedievali/chieseoristano/tabid/234/Default.aspx

lunedì 4 aprile 2016

Santa Maria di Palmas

di Durdica Bacciu
Ph: Durdica Bacciu 

durdica bacciu

 Per le  prime fasi dell’architettura romanica in Sardegna si può inserire la chiesetta di Santa Maria di Palmas. La prima fase costruttiva dell’edificio si può datare ai primi decenni dell’XI secolo. Seguendo gli studi la chiesa sarebbe stata donata ai monaci Vittorini di Marsiglia e viene ricordata per la prima volta nelle fonti documentarie nel 1066, quando il giudice di Càlari Orzocco Torcotorio I de Lacon-Gunale ne fece dono ai monaci Cassinesi, insieme ad altri cinque titoli, fra i quali la non lontana chiesa di Santa Marta a Villarios. Successivamente la Chiesa fu donata ai monaci di San Vittore di Marsiglia (1089), dal Giudice Costantino I Salusio II, figlio di Torchitorio, che la tolse ai cassinesi senza l'assenso del Vescovo. Solo una decina d'anni dopo, il Papa Pasquale II la restituì al Vescovo diocesano.
durdica bacciu
Realizzata in conci calcarei e trachitici, la chiesa è costituita da una unica navata, con l’abside rivolta a nord-ovest e rialzato attraverso un basso zoccolo. Il fianco settentrionale è scandito da larghe paraste d’angolo, mentre tre semicolonne, suddividono l’abside e si possono notare due monofore oggi tamponate; la base della semicolonna sinistra, a differenza del resto dell’edificio, è in tufo verdognolo. La facciata a capanna, molto semplice, è conservata nella sua fase romanica fino a circa due terzi dell’altezza, mentre la parte soprastante con il campanile a vela è da ascrivere a un rimaneggiamento del XVIII secolo.

durdica bacciu





durdica bacciu




Fonte: 
Manlio Brigaglia, Salvatore Tola (a cura di), Dizionario storico-geografico dei comuni della Sardegna, Sassari, Carlo Delfino editore, 2006 
Francesco Floris (a cura di), La grande enciclopedia della Sardegna (8° volume), Sassari, Editoriale La Nuova Sardegna, 2007, pp. 216-219.


Come arrivare:
Chiesa di Santa Maria di Palmas: chiesa romanico pisana, sita in campagna a poca distanza dalla Statale 195, nell'area di Palmas Vecchia