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Associazione ArcheOlbia
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ArcheOlbia
Piazza San Simplicio c/o Basilica Minore di San Simplicio
07026 Olbia (OT)
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C.F. 91039880900


“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.
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venerdì 25 ottobre 2019

Museum Civitatense - Basilica di San Simplicio - Olbia


di Museum Tempio Ampurias

L’antica Cattedrale di San Simplicio, oggi innalzata al rango di “Basilica Minore” costituisce, da sempre, con la chiesa di San Paolo uno dei due poli geografici dell’identità di Olbia.
L’edificio romanico è testimonianza di un intreccio di storie che si cristallizzarono nel XII secolo nelle forme architettoniche che lo caratterizzano. La collina o temenos di San Simplicio, localizzata fuori dal circuito urbano antico, fu utilizzata fin dall’epoca fenicia (750 a.C.) come area cimiteriale e per il culto di divinità legate alla morte e alla rinascita. Il luogo fu occupato, in epoca imperiale romana, dallo sviluppo di un tempio dedicato al culto di Cerere. Con il passaggio all’epoca Costantiniana e paleocristiana il temenos di San Simplicio non perse la sua funzione e l’antico tempio pagano fu rilanciato con il nuovo culto dei quattro Martiri olbiesi: Simplicio, Diocleziano, Fiorenzo e Rosula, che trovarono in questo luogo la loro sepoltura.
Gli spazi di culto furono completamente rinnovati con l’edificazione dell’attuale struttura basilicale tra il 1113 e il 1140 a segnare la nuova funzione della città di Olbia quale capitale del Giudicato di Gallura e della Diocesi di Civita.
La Basilica di San Simplicio, nella sua austerità, nasconde un intrico di storie che il Museum Civitatense offre ai visitatori, guidandoli a osservare con attenzione una miriade di particolari che rivelano misteri non visibili ad uno sguardo superficiale. La direzione dell’abside a Occidente è traccia delle antiche strutture templari e del racconto delle devastazioni islamiche e pisane che le abbatterono definitivamente, lasciandone pochi frammenti ancora visibili tra i blocchi di granito delle murature medievali. La disposizione a tre navate richiama le liturgie che riecheggiarono sotto le sue volte e delle quali rimangono immagini nelle sinopie dell’abside. Le forme del romanico tosco-lombardo riportano al legame con l’altra sponda del Mediterraneo che fece del Giudicato di Gallura e della Diocesi di Civita la propria testa di ponte nell’isola.

museum civitatense

Il cuore della Basilica è occupato dal culto dei Martiri olbiesi, i primi che in Sardegna caddero vittime della persecuzione di Diocleziano. La fede in San Simplicio è testimoniata, fin dalla prim’ora, dalle reliquie e tra queste dal sangue del martire custodito fino ad oggi nella sua ampolla di alabastro sotto l’altare.
La visita guidata alla Basilica di San Simplicio, primo polo del Museum Civitatense, permetterà al visitatore di entrare nel cuore della storia, della cultura e dell’identità più intime della città di Olbia.


Dove:
Olbia (OT), c/o Chiesa S. Simplicio
Orari:
dal Lunedi al venerdì dalle 09.30 alle 17.30 e il sabato dalle 09.30 alle 13:00.
Domenica su prenotazione

Per informazioni:
(FR IT) +39 3456328150
(EN) +39 3425129458

mercoledì 16 ottobre 2019

Santuario di Nostra Signora di Tergu – Tergu



Santuario di Nostra Signora di Tergu – Tergu

 di Durdica Bacciu
Ph D.Bacciu


Il Santuario di Nostra Signora di Tergu, già Sancta Maria de Therco, viene fondato dai frati benedettino di Montecassino (e figura al primo posto fra le filiazioni sarde celebrate nelle porte bronzee di Montecassino: IN SARDINIA/S(AN)C(T)A MARIA IN/THERCO CUM/PERTINENTIIS SUIS) sotto il governo del Giudice Mariano I De Lacon-Gunale ( testimonianza citata nel Libellus judicum turritanorum  - Cronaca in volgare logudorese del sec. XIII). Il complesso monastico rappresenta al meglio l’architettura romanica con segni di maestranze pisane e lombarde. Non si hanno notizie certe sulla data della sua consacrazione ma gli studi propendono per la data del 1117, come narrato nello PseudoCondaghe di Tergu, altrettanto non si hanno notizie certe neanche sull’edificazione dell’annesso monastero che non era più in funzione già nel 1300. La testimonianza di cio ci viene dall’assemblea voluta da Pietro IV d'Aragona nel 1355, dove non compare nessun rappresentante del monastero, mentre sono presenti quelli dei Vallombrosani, dei Cistercensi, dei Camaldolesi e degli Ospedalieri gerosolimitani. Nel 1444 i beni di Santa Maria di Tergu vengono aggregati alla mensa arcivescovile turritana. Più tardi, nel 1503, Giulio II, con bolla del 26 novembre, univa l'abbazia al vescovado di Ampurias, trasferito allora nella nuova sede di Castel Aragonese (Castelsardo). Tracce del complesso monastico sono perfettamente riconoscibili tutt'attorno attraverso gli scavi archeologici svolti nel 1959, che permettono ancora oggi, di ricostruirne la pianta con il refettorio dei monaci e dei conversi, la cucina, il chiostro, i magazzini e il profondo pozzo.
Sardegnaturismo.it
Nata probabilmente ad unica navata con abside semicircolare e copertura lignea (1065-1082), la chiesa mostra di aver subìto nel tempo varie aggiunte e rifacimenti. Due frammenti di iscrizione recano la notizia di lavori edili condotti nel monastero e nella facciata che, probabilmente, venne ricostruita tra il 1150 e il 1200.  In seguito furono edificate due cappelle laterali ai lati del presbiterio, a formare un transetto. Più tardi, probabilmente nel 1664 come attesta una epigrafe, si sostituì l'abside romanica con un'altra rettangolare con la volta a botte con cornice decorata a dentelli.  L’intera fabbrica si presenta in rossa trachite ad eccezione di alcuni elementi decorativi della facciata, quali le ghiere degli archi, i capitelli delle paraste angolari e le colonnine con annessi capitelli del secondo ordine (tutti in calcare bianco). Tutto il corpo presenta uno zoccolo a scarpa, viene scandito da lesene e, sopra le lesene, un coronamento ad archetti. Le porte laterali si presentano architravate e sovrastate da un lunotto a sesto rialzato.
La facciata priva del frontone, di cui restano soltanto le basi di due colonnine, è divisa in due ordini tramite una cornice marcapiano in calcare bianco con un fregio ad ovoli classici, foglie d’acqua e caulicoli. L’ordine inferiore è mosso da tre arcate scolpite in calcare bianco sorrette da due colonnine e parastre laterali, mentre quello superiore è decorato con cinque arcate bianche intercalate centralmente da quattro colonine in calcare bianco, due lisce e due tortili mentre lateralmente terminano con due lesene. Sotto ogni arco è presente una formella con motivi geometrici e sopra ogni incroco d’archi si posizionano altrettante quattro formelle. Tutta la scena sovrasta l’oculo centrale a quattro lobi. L’ingresso si presenta gradonato. Addossato al settore settentrionale del transetto si presente la colonna campanaria con una pianta quadrilatera.
Vicino all’ingresso principale, nel lato destro della navata, è visibile un’antica iscrizione, ormai quasi illeggibile che recita:  
A. EGRILIVS A. F.
PLARIANVS
DECVRIAL. SCR. CER. ET
CL. TIFHERMIONE
FECERVNT
CL. TIF. IRENAE
LIB. LIBERTABVS. POSRISQ. EORVM

Il cippo testionia la presenza di un sepolcro famigliare eretto da Aulo Egrilio, figlio di Aulo Plauriano, e da Claudio Tifermione a Claudia Tifermione Irene, e ai liberti, liberte e loro posteri.


Bibliografia: 

- R. Delogu, L'architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953
- M. Botteri, Guida alle chiese medievali della Sardegna, Sassari, Chiarella, 1978
- R. Serra, La Sardegna, collana "Italia romanica", Milano, Jaca Book, 1989
- R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo '300Nuoro, Ilisso, 1993
- G. Dore, Tergu (SS), S. Maria di Tergu, La decorazione architettonica, Milano, 1994

- Salvatore Chessa, L'insediamento umano medioevale nella curatoria di Montes (Comuni di Osilo e Tergu), Sassari, Magnum, 2002
- R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico culturali, Cagliari, AV, 2005

 

sabato 3 febbraio 2018

Il castello di Pedres e la bella Isabella


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di Durdica Bacciu

Durante il 1300, il castello fu abitato da Donna Sibilla di Moncada, vedova di Giovanni d'Arborea, di origine aragonese e dalla sua bellissima figlia Isabella. Isabella, essendo la diretta discendente al trono e una delle principesse più belle, era sempre piena di corteggiatori e pretendenti. Due in particolare fecero di tutto per conquistarla, suo zio Jago, fratello di Donna Sibilla e Jacopo, figlio del conte D'Istrana. Tra loro scoppiò una forte rivalità e Jago vietò a Jacopo di avere contatti con il castello e ancora meno con Isabella, pensando cosi di avere il campo libero ma fù sempre rifiutato. A questo punto, Jacopo dovette inventarsi qualcosa per vedere la sua bella, che non nascondeva una simpatia nei suoi confronti, e si inventò una battuta di caccia ai piedi del monte Prebi, invitando tutta la nobiltà, compresa Isabella e i suoi famigliari. Durante la battuta di caccia Jago si ferì e subito pensò fosse per colpa del suo rivale. Accecato dalla rabbia, pensò subito alla vendetta.
 "Hortus Deliciarum" di Herrade

Finita la convalescenza, radunò intorno a se un contingente di soldati e organizzò l'assalto al castello di Istrana..."assalì il castello d'Istrana, che perciò cadde in suo podere. Nella mischia rimasce ucciso il padre di Jacopo" mentre il figlio "fu condotto pringioniero nel castello di Pedres e rinchiuso nei sotterranei, senza che alcuno sapesse niente".
Isabella, venuta a sapere della prigionia di Jacopo si scagliò contro Jago, uccidendolo, e subito accorse a liberare il suo amato nelle segrete del castello. Appena liberato si diressero verso l'uscita ma furono sorpresi da due sentinelle, che essendo all'oscuro di tutto, li scambiarano per impostori e vennero uccisi.
Dopo questo dolore, Donna Sibilla non volle più abitare nel castello di Pedres e si trasferì nella sua terra natale con la tristezza nel cuore.

(da prof. Giulio Lorrai De Murtas 1930)