di Durdica Bacciu
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Panorama dalla Fattoria romana di S'Imbalconadu Ph. Durdica Bacciu |
Quest'anno, anche l'Associazione ArcheOlbia, nella giornata prima di Primavera, opera alla riscoperta del territorio del Comune di Olbia. Lo scopo era quello di far conoscere e scoprire la storia del territorio olbiese non solo attraverso i siti archeologici ma anche tramite il suo ambiente e la sua natura.
L'appuntamento era fissato per le 10.30 al Pozzo Sacro di Sa Testa.
Il pozzo sacro si raggiunge seguendo le indicazione per Cala
Saccaia, lungo la strada per Pittulongu e il porto industriale. Il pozzo di Sa Testa è uno dei pozzi sacri meglio conservati
in Sardegna. Si data allìetà del bronzo recente, cioè ad una fase evoluta
dell’età nuragica (1200 a.
C.).
Il monumento, in granito e scisto, è costituito da un ampio
cortile circolare dove probabilmente si svolgevano i rituali sacri, un piccolo
vestibolo, e il pozzo vero e proprio, profondo oltre 5 metri e collegato al vestibolo
da 17 gradini.
Il pozzo è chiuso da una copertura a tholos ed una seconda tholos
monumentale lo sovrastava esternamente. I materiali votivi deposti all’interno del pozzo mostrano una
frequentazione del sito come luogo sacro anche oltre i limiti cronologici della
civiltà nuragica, attraverso le fasi fenicia, greca, punica e romana.
Il secondo sito visitato è stato l'Acquedotto romano di Sa Rughittula.
L'
acquedotto di Olbia, monumento del periodo romano più significativo,
trasportava l'acqua dalle sorgenti delle falde
granitiche di Cabu Abbas fino alle terme della città, con un percorso
rettilineo di oltre Km. 3, realizzato interamente tra il II e l‟inizio
del III sec. d. C.
La tecnica edilizia
appare omogenea nell‟intero percorso
presenta una struttura a tratti in “opus arcuatum”, li dove necessitava seguire
l'andamento degradante da N a S del
terreno, a tratti in muro pieno, là dove il terreno riprendeva l‟andamento
non degradante.
Per oltre due
chilometri l'opera proseguiva con struttura
arcuata, ad eccezione di un breve tratto con struttura a muro pieno, al di
fuori della cinta muraria antica fino a raggiungere l‟area
urbana, con una leggera pendenza che garantiva l'afflusso
dell‟acqua; quando questo non è avvenuto
regolarmente per errori di calcolo nella progettazione, l'opera
è stata opportunamente adeguata subito dopo il primo collaudo.
Il terzo sito visitato è stata la Fattoria romana di S'Imbalconadu
La fattoria di
S’Imbalconadu, occupa la sommità di una piccola collina a destra del Rio
Padrogianus. Si presenta come una grande struttura quadrangolare, con una
ventina d'ambienti organizzati attorno ad una corte centrale occupata da un
edificio quadrato; al suo interno è stato trovato un forno in terracotta. Le
murature sono costruite con blocchi di granito, mentre i pavimenti sono
realizzati con sottili strati di coccio e in alcuni ambienti con lastre di
granito irregolari. Risalente probabilmente alla fine del II° sec. a.C., era
destinata sia alla coltivazione di cereali, soprattutto grano, all'allevamento
di bestiame e alla caccia. In questo sito cisi è soffermati a parlare dell'ambiente circostante e dell'importanza del fiume, un fiume navigabile sin dall'antichità e che, ancora oggi, vede attività sportive in alcuni tratti, come ad esempio con la canoa.
Il quarto sito visitato è stata la Tomba dei Giganti di Su Monte 'e S'Ape
Le tombe dei giganti di Monte ‘e s’ape si trovano a breve
distanza dal centro urbano, raggiungibili tramite una deviazione sulla destra,
segnalata dai cartelli, lungo la SP
24 per Loiri.
Le tombe dei giganti costituiscono la principale tipologia di
monumento funerario proprio della civiltà nuragica. Si compongono di un
corridoio megalitico coperto con lastre orizzontali, nel quale venivano
seppelliti i defunti, e di un’esedra costituita da lastroni infissi nel terreno,
forse a suggerire la forma di una testa di toro, animale sacro nella
religiosità preistorica. Nell’area antistante l’esedra si svolgevano i rituali
funerari e si deponevano le offerte.
La tomba di Su monte ‘e s’Abe, con un corridoio lungo oltre 28 metri, è la più grande
di tutta la Sardegna,
anche se la monumentalità del complesso risulta ridimensionata dall’assenza
della grande stele centrale. Il corridoio si data al 1800 a. C. circa, in età
prenuragica, mentre l’esedra fu aggiunta in un secondo momento, in piena età
nuragica (1500 a.
C.).
Il quinto sito visitato è stato il Castello di Pedres
Il
complesso è edificato su una modesta, ma ripida, emergenza rocciosa alta 89 m., dalla quale si sovrasta
la parte meridionale della conca di Olbia, con scambio visivo con l’antica città
e relativo porto.
L’accesso
attuale al monumento è dal versante settentrionale, diversamente da quello
originale, che si apre ancora ad occidente, verso la scomparsa Villa Petresa.
La scalinata di restauro attualmente utilizzata ne ricalca una precedente,
ricavata nel corso della seconda guerra
mondiale, quando sulla cima del colle venne impiantata una postazione di
contraerea. Il mastio è collocato all’estremità opposta dell’ingresso. Si
conservano in alzato solo due lati, per un’altezza di oltre dieci metri.
Al suo
interno la torre era originariamente ripartita in quattro piani lignei,
sostenuti da mensole granitiche e/ o incassati direttamente negli alzati. Al di
sotto del piano più basso vi è una cisterna che accumulava, in antico, l’acqua
piovana raccolta nel terrazzo superiore. In questo sito si è parlato dell'importanza strategica del posto, essendo stato costruito su una sommità che controlla tutto il golfo di Olbia e l'entro terra, direzione Padru-Budduso' e non solo.
Il tour si è concluso alle 16.30 con una breve riunione per discutere della tutela e salvaguardia dei siti e della professione di guida turistica.
Per chi volesse prendere contatti con l'Associazione e organizzare escursione nei siti di Olbia può scrivere a: archeolbia@gmail.com oppure 3456328150.