di Marcello Cabriolu
Ph: D.Bacciu
Ph: D.Bacciu
Sconosciuta
alla Soprintendenza ai BBAASS, almeno sino al 1958, l’area di Monte Baranta era
riconosciuta anticamente con il toponimo di nuraghe Su Casteddu. Nel 1962, a
seguito di una relazione di E. Contu, venne inquadrata come uno dei tanti
protonuraghi che caratterizzano i paesaggi sardi. Successivamente al ritrovamento
di un frammento di cultura Monte Claro (2400-2100 a.C.) si rese necessario
condurre degli scavi stratigrafici al fine di chiarire la reale entità del
complesso. Lo scavo dell’area, a opera di Moravetti (1979-1980), rivelò oltre
al recinto con due ingressi e alla muraglia, l’esistenza di un abitato e di un’area
sacra con dei menhir. Il rinvenimento della muraglia permise confronti
stringenti con il sito di Monte Ossoni di Castelsardo e con altri contesti
iberici e balearici, il che mostrò l’abitudine diffusa in tutto il Mediterraneo
Occidentale, durante l’Età del Rame, di erigere cinte murarie megalitiche. La
muraglia viene proposta come difensiva ma materialmente serve a separare il
“quartiere” dell’abitato, a uso collettivo, dalla zona religiosa che comprende
due menhirs e un circolo megalitico, a uso della schiatta sacerdotale. Il
grande recinto, sistemato a chiudere uno scosceso dirupo, è caratterizzato da
due ingressi: uno verso ovest e l’altro verso nord.
I corridoi sono chiusi nella parte superiore da lastre (piattabande) e il loro pavimento risulta cosparso di ciotole e tazze monoansate. Il corridoio d’ingresso risulta rivolto verso nord mentre l’uscita è rivolta a ovest. Anticamente essa era regolata da un battente apribile solo dal cortile interno. Gli studi paiono orientati a voler descrivere questo recinto come un luogo in cui l’anziano capo della comunità veniva condotto al sacrificio dal giovane designato al comando. Il rituale avveniva tramite l’assunzione, da parte dell’anziano, di una bevanda allucinogena o comunque altamente alcoolica, in modo da inibire qualsiasi capacità di reazione. In seguito, ormai stordito e ubriaco, veniva accompagnato dal giovane e attraversava il corridoio nord fino al baratro da cui veniva precipitato.
Sono abbastanza forti i presupposti che portano a pensare che la vittima venisse “finita” tramite il taglio della gola, visto il rinvenimento nel cortile di una lama - spatola in rame - bronzo di circa 13 cm. La cerimonia terminava quando il giovane, magari con il sole dell’alba alle spalle (significante la rinascita simbolica), riusciva dal recinto percorrendo il corridoio verso ovest. In merito alle strutture si può dichiarare che, vista la tecnica edilizia a sacco tipica dei nuraghi, esse rappresentino le antesignane della futura edilizia nuragica.
Come arrivare:
Dal centro di Olmedo seguire le indicazioni per Alghero, si troveranno lungo la strada i cartelli indicatori del sito archeologico, 1 km esatto dopo il cimitero svoltare a sinistra in una strada che passa a fianco delle tubature idriche. Si percorre circa un chilometro sino a trovare un cartello indicatore del sito, davanti ad un grande cancello, si parcheggia l'auto all'interno, e si prosegue a piedi lungo il comodo sentiero tracciato che in circa 15 minuti di cammino porta sulla cima del colle, dove si trova il complesso prenuragico.
I corridoi sono chiusi nella parte superiore da lastre (piattabande) e il loro pavimento risulta cosparso di ciotole e tazze monoansate. Il corridoio d’ingresso risulta rivolto verso nord mentre l’uscita è rivolta a ovest. Anticamente essa era regolata da un battente apribile solo dal cortile interno. Gli studi paiono orientati a voler descrivere questo recinto come un luogo in cui l’anziano capo della comunità veniva condotto al sacrificio dal giovane designato al comando. Il rituale avveniva tramite l’assunzione, da parte dell’anziano, di una bevanda allucinogena o comunque altamente alcoolica, in modo da inibire qualsiasi capacità di reazione. In seguito, ormai stordito e ubriaco, veniva accompagnato dal giovane e attraversava il corridoio nord fino al baratro da cui veniva precipitato.
Sono abbastanza forti i presupposti che portano a pensare che la vittima venisse “finita” tramite il taglio della gola, visto il rinvenimento nel cortile di una lama - spatola in rame - bronzo di circa 13 cm. La cerimonia terminava quando il giovane, magari con il sole dell’alba alle spalle (significante la rinascita simbolica), riusciva dal recinto percorrendo il corridoio verso ovest. In merito alle strutture si può dichiarare che, vista la tecnica edilizia a sacco tipica dei nuraghi, esse rappresentino le antesignane della futura edilizia nuragica.
Come arrivare:
Dal centro di Olmedo seguire le indicazioni per Alghero, si troveranno lungo la strada i cartelli indicatori del sito archeologico, 1 km esatto dopo il cimitero svoltare a sinistra in una strada che passa a fianco delle tubature idriche. Si percorre circa un chilometro sino a trovare un cartello indicatore del sito, davanti ad un grande cancello, si parcheggia l'auto all'interno, e si prosegue a piedi lungo il comodo sentiero tracciato che in circa 15 minuti di cammino porta sulla cima del colle, dove si trova il complesso prenuragico.
Bibliografia: G.Ugas, L'alba dei Nuraghi, Ed.Fabula, 2005;E. Contu, "Il nuraghe Monte Baranta in località 'Su Casteddu' o 'Pala Reale' (Olmedo-Sassari)", in Studi Sardi, XVII, 1959-61, pp. 640-641;
A. Moravetti, "Nota agli scavi del complesso megalitico di Monte Baranta (Olmedo-Sassari)", in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXVI, 1982, pp. 281-290;
A. Moravetti, Il complesso prenuragico di Monte Baranta, collana "Sardegna Archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 2000;
A. Moravetti, Monte Baranta e la cultura di Monte Claro, collana "Sardegna Archeologica - Scavi e Ricerche", 3, Sassari, Carlo Delfino, 2004.
A. Moravetti, "Nota agli scavi del complesso megalitico di Monte Baranta (Olmedo-Sassari)", in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXVI, 1982, pp. 281-290;
A. Moravetti, Il complesso prenuragico di Monte Baranta, collana "Sardegna Archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 2000;
A. Moravetti, Monte Baranta e la cultura di Monte Claro, collana "Sardegna Archeologica - Scavi e Ricerche", 3, Sassari, Carlo Delfino, 2004.
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