di Marcello Cabriolu
Ph: D.Bacciu
Ph: D.Bacciu
Sin
dal 1952, quando iniziarono le ricerche e gli scavi archeologici, fu subito
chiaro che sotto la collina di circa 75 mt si trovava un edificio particolare.
Monte d’Accoddi, che secondo la vecchia toponomastica indicava un monte di pietra, mostrò innanzitutto la presenza di un grosso edificio qualificato dai primi studiosi e archeologi come un qualunque nuraghe molto degradato. Gli scavi dimostrarono che la collina era stata prodotta dalle rovine di un monumento eccezionale databile attorno al 3200 a.C. e forse andato in disuso attorno al 1600 a.C..
Bisogna tener presente che la collina venne profondamente alterata durante l’ultimo conflitto mondiale a seguito dello scasso di una trincea circolare scavata per l’artiglieria lungo i fianchi del monumento.
Le ricerche fatte dal prof. Tinè rivelarono l’esistenza di un edificio originario riconducibile al Neolitico finale (3200-2850 a.C.), su cui si suppone avvenissero sacrifici rituali, e di una parte del villaggio circostante. Lo scavo successivo, condotto da prof. Atzeni descrisse un altare-ziggurath a gradoni, raggiungibile tramite una rampa, riconducibile all’Età del rame (2700 a.C. circa), e un villaggio più ampio dove lo scorrere del tempo ha lasciato segni di frequentazione continua almeno sino al Bronzo Medio (1600-1330 a.C.). Alcuni studi attuali esaltano la struttura come un monumento unico nel Mediterraneo Occidentale riconducibile alle ziggurath mesopotamiche.
La parte occidentale del monumento pare forzatamente ricostruita a esibire la struttura mesopotamica mentre il lato Est, ancora intatto e ricoperto di erbacce, ci mostra le rotondità tipiche delle tholos nuragiche. In prossimità della grande rampa, sul lato est, è possibile osservare una lastra trapezoidale supposta come tavola sacrificale per animali, con sette fori in prossimità dei bordi. Lungo il lato ovest della rampa è invece possibile osservare un menhir di circa 4,40 mt di altezza, in calcare, del peso di circa 6 tonnellate.
Vicino alla base della rampa, nonostante non si trovi nella posizione originaria, è collocato un grosso macigno ben lisciato di forma sferoidale considerato a uso sacrale e inquadrato come omphalos a cui è stato accostato un altro masso anch’esso ben lisciato e rotondo. Nella zona circostante è possibile osservare almeno 5 menhirs (pietre fitte) dalle caratteristiche antropomorfe.
Il villaggio prospiciente mostra numerose capanne tra le quali una, quella dello stregone, con il paramento a sacco tipico delle costruzioni nuragiche.
Come arrivare:
Sulla S.S. 131 in direzione di Sassari, superato il bivio per Platamona (al Km 222,3), si trova una strada, segnalata da cartelli turistici, che conduce al parcheggio con biglietteria. Proseguire a piedi per 100 m su una stradina lastricata che conduce al cancello di ingresso dell'area archeologica. Provenendo da Sassari è necessario arrivare al bivio per Bancali e qui svoltare a sinistra per immettersi nella corsia opposta e ritornare verso l'area archeologica.
L'area archeologica è situata in prossimità del margine del pianoro scavato dal rio d'Ottava, nella Nurra, regione della Sardegna nord-occidentale.
Monte d’Accoddi, che secondo la vecchia toponomastica indicava un monte di pietra, mostrò innanzitutto la presenza di un grosso edificio qualificato dai primi studiosi e archeologi come un qualunque nuraghe molto degradato. Gli scavi dimostrarono che la collina era stata prodotta dalle rovine di un monumento eccezionale databile attorno al 3200 a.C. e forse andato in disuso attorno al 1600 a.C..
Bisogna tener presente che la collina venne profondamente alterata durante l’ultimo conflitto mondiale a seguito dello scasso di una trincea circolare scavata per l’artiglieria lungo i fianchi del monumento.
Le ricerche fatte dal prof. Tinè rivelarono l’esistenza di un edificio originario riconducibile al Neolitico finale (3200-2850 a.C.), su cui si suppone avvenissero sacrifici rituali, e di una parte del villaggio circostante. Lo scavo successivo, condotto da prof. Atzeni descrisse un altare-ziggurath a gradoni, raggiungibile tramite una rampa, riconducibile all’Età del rame (2700 a.C. circa), e un villaggio più ampio dove lo scorrere del tempo ha lasciato segni di frequentazione continua almeno sino al Bronzo Medio (1600-1330 a.C.). Alcuni studi attuali esaltano la struttura come un monumento unico nel Mediterraneo Occidentale riconducibile alle ziggurath mesopotamiche.
La parte occidentale del monumento pare forzatamente ricostruita a esibire la struttura mesopotamica mentre il lato Est, ancora intatto e ricoperto di erbacce, ci mostra le rotondità tipiche delle tholos nuragiche. In prossimità della grande rampa, sul lato est, è possibile osservare una lastra trapezoidale supposta come tavola sacrificale per animali, con sette fori in prossimità dei bordi. Lungo il lato ovest della rampa è invece possibile osservare un menhir di circa 4,40 mt di altezza, in calcare, del peso di circa 6 tonnellate.
Vicino alla base della rampa, nonostante non si trovi nella posizione originaria, è collocato un grosso macigno ben lisciato di forma sferoidale considerato a uso sacrale e inquadrato come omphalos a cui è stato accostato un altro masso anch’esso ben lisciato e rotondo. Nella zona circostante è possibile osservare almeno 5 menhirs (pietre fitte) dalle caratteristiche antropomorfe.
Il villaggio prospiciente mostra numerose capanne tra le quali una, quella dello stregone, con il paramento a sacco tipico delle costruzioni nuragiche.
Come arrivare:
Sulla S.S. 131 in direzione di Sassari, superato il bivio per Platamona (al Km 222,3), si trova una strada, segnalata da cartelli turistici, che conduce al parcheggio con biglietteria. Proseguire a piedi per 100 m su una stradina lastricata che conduce al cancello di ingresso dell'area archeologica. Provenendo da Sassari è necessario arrivare al bivio per Bancali e qui svoltare a sinistra per immettersi nella corsia opposta e ritornare verso l'area archeologica.
L'area archeologica è situata in prossimità del margine del pianoro scavato dal rio d'Ottava, nella Nurra, regione della Sardegna nord-occidentale.
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