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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.
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domenica 20 novembre 2016

ArcheOlbia - La tomba dei giganti di San Cosimo di Gonnosfanadiga



di Marcello Cabriolu
Ph D.Bacciu

durdica bacciu
L’area funeraria di San Cosimo, detta anche Sa Grutta de Santu Giuanni, consta di un corpo tombale contornato da un insieme trilobo di menhir. Il corpo tombale, reso in macigni di granito, si apre in direzione S ed è lungo circa 22 mt. La sepoltura mostra un corridoio interno di sezione trapezoidale chiuso da architravi sino alla parte postica. I fianchi vengono resi da macigni sub rettangolari disposti in sette filari per parte, rincalzati da qualche zeppa, mentre la parete di fondo vede quattro filari di massi più grandi a chiudere la sepoltura.
durdica bacciu
Il prospetto tombale è costituito da un’esedra ampia di conci poligonali resi a prospetto murario. Il principio edilizio di costruzione dell’emiciclo è basato sul muro a “sacco” ed è interrotto solamente in prossimità del portello dove un poderoso architrave delimita l’ampiezza del corridoio. I conci disseminati sul terreno circostante mostrano che la tomba non venne chiusa da un'unica stele gigantesca ma che questa venne resa da almeno due grossi macigni assemblati e posati sopra l’architrave. La “pratza” antistante il monumento è caratterizzata da alcuni bacini cultuali, da un percorso lastricato e da altre strutture inerenti il quartiere funerario, immerso in una platea naturale di grande impatto visivo oltreché collocato in prossimità di un corso d’acqua. 

durdica bacciu


Tre grandi circoli di menhirs sia aniconici che antropomorfi creano una scena di antenati o una “reula” di anime attorno alla sepoltura megalitica. I materiali rinvenuti nell’intorno collocano l’edificazione e l’uso del contesto tra il XV e il XIV sec. a.C.





durdica bacciu


Come arrivare:  
Da Gonnosfanadiga si procede per Guspini sulla SP 126. Si prende il primo bivio a sinistra, poi si svolta a destra verso Arbus, si continua per 2,5 km e si prende una strada sterrata per le cave di sabbia. Dopo m 300 al bivio si svolta a d. poi si prosegue per oltre 200 m

  

durdica bacciu
Bibliografia
G. Ugas, "La tomba megalitica 1° di San Cosimo-Gonnosfanadiga (Cagliari): un monumento del bronzo medio (con la più antica attestazione micenea in Sardegna)", in Archeologia sarda, 1, 1981, pp. 7-20;
G. Ugas, "Gonnosfanadiga (Cagliari) San Cosimo", in I Sardi: la Sardegna dal paleolitico all'età romana, a cura di E. Anati, Milano, Jaca Book, 1984, pp. 99-101. 

venerdì 5 agosto 2016

La civiltà nuragica - Il popolo Shardana

di Marcello Cabriolu 
 Ph D.Bacciu

durdica bacciu
La civiltà nuragica trae il proprio nome dai monumenti simbolo di tale cultura, i nuraghi appunto, che compaiono in Sardegna durante l’età dei metalli. Forse lo sviluppo di tali strutture è dovuto all’intento di manifestare, da parte dei componenti della società preistorica, la ricchezza e il rango sociale all’interno di una società sarda del Neolitico dedita fondamentalmente alla pastorizia e all’allevamento. Il termine nuraghe, interpretato da alcuni come una parola composta dai termini nurra (cumulo tondo, cavo) e aghes (fuoco), viene ricondotta mitologicamente al personaggio epico di Norace,  leggendario fondatore della città shardana di Nora e ispirazione per le innumerevoli forme toponomastiche legate al nuraghe e riscontrabili in Sardegna.

durdica bacciu
I nuraghi sono delle torri, o complessi di torri, dalla forma tronco-conica creati con grandi macigni (megaliti) sovrapposti l’uno all’altro. La sovrapposizione dei conci (macigni), in un sistema di anelli convergenti, dà origine a grandissime volte che si auto sostengono senza bisogno della chiave di volta, sfruttando il proprio peso e il proprio baricentro. I nuraghi vennero creati sfruttando grossi macigni appena sbozzati (opera poligonale) oppure scolpendo e rifinendo grandi macigni (opera isodoma) e accostando le grosse pietre sino a formare dei filari. I grossi macigni che costituiscono le torri sono accostati tra di loro contrapposti e assemblati colmando gli spazi liberi con terra, pietrisco, pietra pomice tritata e impastata e zeppe in pietra, al fine di dare stabilità e consistenza ai muraglioni. L’interno dei nuraghi è formato da corridoi, sale, nicchie, rampe di scale, pozzi, canalette per l’acqua, piani sovrapposti, ambienti per il culto e ambienti per la politica, oltreché da luoghi di osservazione celeste o ambienti-fornace per la metallurgia.
durdica bacciu
La regione dove generalmente si sviluppano le torri abbraccia la Sardegna, il sud della Corsica e le isole Baleari, tutti territori dove vivevano gli Shardana, un popolo di guerrieri e navigatori antenati dei Sardi attuali. La letteratura ci mostra il popolo Shardana come un’etnia capace di gestire una rete importante di commerci, abili nell’edilizia ma anche capaci combattenti in grado di condurre importanti campagne militari nel Mediterraneo dell’Età del bronzo (1900 – 900 a.C.). Lo sviluppo considerevole dei nuraghi avviene attorno al 1800 a.C., attraverso le forme arcaiche denominate proto nuraghi, e si protrae sino al VIII sec. a.C., ma si suppone che alcuni edifici siano sorti anche precedentemente, attorno al 3000-2500 a.C.. Le esperienze formative dei Sardi neolitici quali la navigazione, la distribuire dell’ossidiana e del sale, la scoperta della metallurgia e l’organizzazione sociale portano il popolo Shardana a sviluppare i  propri insediamenti. 
durdica bacciu
Creando i centri primari e quelli secondari, organizzando i porti e il commercio dei materiali, l’etnia Shardana si sposta nel Mediterraneo, commerciando, creando strutture nelle isole Eolie, a Creta e a Cipro, distribuendo manufatti in ceramica e in bronzo, conducendo campagne d’invasione del Medio Oriente e dell’Egitto (1300-1100 a.C.). Abbiamo visto come il nuraghe sia il monumento simbolo del popolo Shardana, ora viene spontaneo chiedersi quale sia la funzione a cui assolvono i nuraghi. Gli albori della ricerca archeologica in Sardegna tendevano ad inquadrare i  nuraghi come fortezze, mentre ora che la ricerca ha fatto passi avanti si rende necessario ponderare più elementi al fine di capire la reale funzione, o le molteplici funzioni, di queste costruzioni. Nella concezione di un sistema di cantoni, come viene appunto elaborato il sistema amministrativo delle genti nuragiche, si rende opportuno considerare, nello studio di ogni singola struttura, la sua collocazione geografica, le tracce di frequentazione e la cronologia dei reperti presenti, la morfologia del terreno, l’intorno sia naturale che edilizio nonché la complessità della struttura stessa.
durdica bacciu
Quindi in virtù di tutto ciò, sperando di non aver trascurato altri canoni fondamentali, possiamo osservare ed inquadrare nuraghi dentro le necropoli, in zone minerarie e punti di estrazione, in prossimità di cale e porti, in mezzo a villaggi. Cogliamo ancora la presenza delle torri in prossimità di valichi, in corrispondenza di corsi d’acqua e fonti, in mezzo alle piane o sul bordo di altipiani. Non sono esenti dall’ospitare dei nuraghi le cime dei picchi montani o i versanti montuosi, e nel riconoscere e apprezzare queste strutture si dovrebbe tener conto della varietà edilizia vista sia in funzione della destinazione d’uso che delle esigenze di una società complessa ed evoluta. I nuraghi insomma non assolvono ad un'unica funzione, non sono solo tutti fortezze o tutti templi: alcuni sono torri di guardia per valichi, alcuni sono fari per i sistemi portuali, alcuni sono luoghi di riunione dei notabili della società alcuni altri ancora sono utilizzati in aree funerarie e ad altri usi vari. Al loro interno poi, soprattutto nelle strutture più complesse, si rivelano tantissimi ambienti fruiti da diverse persone, ad uso religioso e cultuale, ma anche da singoli individui quali possono essere i re-sacerdoti o le sacerdotesse, propriamente dette is Bithias
durdica bacciu
Il territorio si caratterizza inoltre di aree funerarie create nell’Età della pietra levigata (Neolitico 6000-2850 a.C) che vedono sorgere al loro interno sia Domus de Janas che ciste megalitiche. Considerando il culto preistorico del Mediterraneo come fondamentalmente legato all’adorazione della Dea Madre, questa figura venne individuata e inquadrata nella natura circostante anche da parte degli uomini Sardi. Le sepolture preistoriche nascono come unicellulari – vengono predisposte ad un'unica sepoltura intorno al 4000 a.C.- : la Domus, ad esempio, viene prima scavata ipogeica con una forma mirata all’utero femminile (la terra = il grembo della Dea Madre) in prossimità di sorgenti oppure convogliando le acque piovane (il liquido generante la vita, quasi una sorta di liquido amniotico) e gli individui vengono sepolti in posizione fetale con un corredo funerario attorno.
durdica bacciu
Le ciste megalitiche, anche esse concepite come monocellulari, vengono erette (attorno al 3500 a.C.) da lastre in pietra posizionate ortostaticamente, a cui si sovrappone  una lastra orizzontale (dolmen), e vengono circondate da un circolo segnalatore (peristalio). Seppur diverse strutturalmente le ciste megalitiche, mantenendo l’ideologia della concentrazione dell’acqua e della tumulazione in posizione fetale, riflettono gli stessi principi culturali e religiosi della Domus de Janas. Con il passare del tempo e dei secoli ambedue le strutture funerarie, le Domus originarie e i circoli tombali modificati in allées couvertes, si ampliano sino a dare origine rispettivamente ai grossi complessi funerari a grotticelle (attorno al 2000 a.C.) e alle grandi Tombe dei Giganti (attorno al 1650 a.C). 
durdica bacciu
Come appaiono queste ultime? Le tombe si presentano formate da un lungo corridoio in pietra, sia nell’alzato che nel “tetto”, probabilmente anche sovrastate da archetti in pietra a decorare la parte superiore. La loro facciata viene arricchita da un grande semicerchio, sempre in pietra, chiamato esedra, al cui centro compare una gigantesca lastra chiamata stele centina e frontalmente ad esse si sviluppa  un’ampia piazza. L’esedra compare spesso abbellita da un sedile il che ci sta ad indicare che il popolo sardo usava recarsi e stazionare davanti alle sepolture forse per pregare per i defunti o compiere altri rituali (incubazione). Una variante delle Tombe dei Giganti, forse più moderna, non mostra la grande stele intera, ma una facciata resa somigliante ad una muraglia (prospetto murario) al cui centro si ipotizza venissero sistemati dei massi combinati ad incastri a riprodurre la grande stele divisa in questo caso in due elementi. I due tipi tombali, Domus de Janas e Tombe dei Giganti, possono trovarsi anche accostati: ma allora cosa distinse nel passato la tumulazione nell’uno o nell’altro tipo sepolcrale? Probabilmente la differenza tombale è dovuta alla differenza sociale dei sepolti: la gente comune veniva seppellita nelle Domus mentre alle classi aristocratiche venivano riservate le monumentali Tombe dei Giganti.
durdica bacciu
Lo sviluppo del culto della Dea Madre comprendeva i rituali legati all’acqua, ed ecco che la Sardegna vide, forse a partire dal 1600 a.C. o forse anche precedentemente, lo sviluppo di pozzi sacri e di fonti sacre all’interno di contesti legati all’afflusso di genti, detti santuari federali, gestiti probabilmente da figure sacerdotali femminili. Anche per queste strutture si possono individuare delle operazioni di ristrutturazione, riconducibili al 1300 a.C., che ci permettono di osservare ora dei bellissimi monumenti dove ancora i gesti e i comportamenti del clero preistorico sono quasi intuibili.

domenica 10 luglio 2016

ArcheOlbia - Le tombe dei Giganti di Madau - Fonni



di Marcello Cabriolu
Ph Internet



L’area può essere verosimilmente considerata il quartiere funerario del grosso insediamento, di circa sette ettari, di Gremanu. Il complesso, indagato e ristrutturato dal prof. Giovanni Lilliu, è formato da quattro sepolture erette in granito, collocate su un modesto dosso sistemato su un’antica via di penetrazione verso il passo di Corr’e Boi. Percorrendo il vialetto d’accesso si osserva per prima la tomba I, di cui rimangono tuttora solo i resti del paramento sinistro del corridoio funerario e parte dell’abside, costituita da lastre ortostatiche erette durante un restauro operato nel 2005. Da sottolineare che in uno dei conci compaiono delle decorazioni a cerchielli con losanga, accostabili a quelle delle Stele di Boeli e di Garaunele di Mamoiada. La tomba II, sistemata un po’ più avanti, si presenta di dimensioni maggiori rispetto alla precedente e si potrebbe collocare storicamente tra il XIV e il XIII sec. a.C.. Il prof. Lilliu ipotizzò che la tomba ora visibile – nella quale dichiarò di aver compiuto un restauro incisivo - sorgesse sopra una sepoltura più arcaica inglobata nel contesto attuale. Sulle fondamenta dell’arcaico monumento venne sviluppata la bella sepoltura che osserviamo tutt’ora con conci elegantemente rifiniti.


Il principio edilizio è sempre quello del muro a “sacco”, utilizzato per creare una tomba a prospetto murario decorata con lastre ortostatiche nell’esedra - delle quali una è purtroppo completamente rifatta in cemento - e con conci isodomi nel corpo funerario. Nell’esedra o emiciclo (gruppi di pietre antistanti l’ingresso poste a semicerchio sul terreno) si può osservare un sedile che delimita la sepoltura, residuo secondo gli studiosi di quello che era l’arcaico monumento. A chiudere il corridoio funerario si osservano due stipiti resi anch’essi col muro a “sacco” e sormontati da un architrave. Anticamente, a coronare e decorare quest’apertura, stavano verosimilmente - oltre all’architrave - almeno altri due macigni di forma trapezoidale, che ora ritroviamo nel terreno antistante, lavorati con dentelli e uniti a mò di stele centina (grande lastra che decorava generalmente le tombe megalitiche). Il corridoio funerario, ampiamente restaurato e di luce ogivale, si presenta costituito da filari isodomi e pavimentato da lastre coppellate sino al fondo, dove viene delimitato da un concio originario e da una colata di cemento - che si eleva sino alla copertura - posti durante il restauro. L’intervento ha reso possibile il rifacimento esterno dell’abside della sepoltura. La tomba III sorge a sinistra della tomba II e si conserva ancora come era originariamente nel XIV sec. a.C., forse perché non ha ricevuto un restauro troppo incisivo come la precedente pur presentando ampie tracce cementizie. A partire dall’esedra - tangente a quella della tomba II, contornata da un ampio sedile e costituita da macigni con faccia a vista rifinita - la tomba si sviluppa a prospetto murario.


Anche in questo caso i conci con dentelli, che combinati insieme creavano la stele di chiusura, sono sul terreno antistante la sepoltura. Il corridoio si presenta di sezione tronco ogivale e la sommità è chiusa da sottili lastre, mentre la pavimentazione è resa da lastre più piccole e da pietrame. Il lato destro del corridoio presenta una sorta di risega mentre l’abside è delimitato da un macigno e dalla lastra di chiusura. Gli elementi della sepoltura degni di segnalazione (sempre se si mantengono ancora come in origine) sono la “pratza” frontale all’ingresso, i segni di scrittura presenti sui sedili dell’esedra e il concio cornuto con piccole coppelle ora divelto. La tomba IV, l’unica a non aver subito un restauro forse per l’impossibilità di condurre uno scavo stratigrafico, è ubicata sulla sommità del dosso. Questa sepoltura è resa in granito e mostra, appena leggibile, il corridoio funerario e parte delle murature dell’abside, mentre l’esedra ed il portello risultano sconvolti e poco identificabili.


Come arrivare
Uscire da Nuoro sulla SS 389 in direzione di Mamoiada; oltrepassato l'abitato si prende la strada per Fonni e, dopo alcuni chilometri, si svolta a sinistra per la strada di Pratobello; superata la frazione, si prosegue sulla SP 2 per Lanusei sino al km 7,2. Le tombe si trovano sulla destra, a breve distanza dalla strada. 



 

Bibliografia
A. Taramelli, "Foglio-207: Nuoro", in Edizione archeologica della carta d'ltalia al 100.000, 16, Firenze, Istituto geografico militare, 1931, p. 27;
G. Lilliu, Sardegna nuragica, collana "Archeo dossier", 9, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1985, p. 37;
G. Lilliu, "Ricerche nel territorio di Fonni", in Settimana del beni culturali, 1975-1985: 10 anni di attivita nel territorio della Provincia di Nuoro, Nuoro, Ministero per i beni culturali e ambientali, Soprintendenza archeologica per le provincie di Sassari e Nuoro, Ufficio operativo di Nuoro, 1985, pp. 20-25;
F. Lo Schiavo-M.A. Fadda-A. Boninu, "II Museo civico speleo-archeologico di Nuoro", in L'Antiquarium Arborense e i civici musei archeologici della Sardegna, Sassari, Banco di Sardegna, Cinisello Balsamo, A. Pizzi, 1988, p. 143.

lunedì 2 maggio 2016

Festa della mamma 8 maggio 2016 - Olbia

In occasione dell'apertura del Ponte Loddone e della Festa della Mamma, ArcheOlbia Olbia organizza una giornata all'insegna dell'intrattenimento per la #famiglia.

L'appuntamento è presso il piazzale del #CastellodiPedres per trascorrere una giornata con tutte le #mamme ed i #papà: visite guidate gratuite per grandi e piccini, #truccabimbi, #merende e #giochi per i più piccoli, #relax per i più grandi.

Famiglia e Cultura, un binomio da promuovere.


Per info: 3456328150 oppure archeolbia@gmail.com

giovedì 21 aprile 2016

La tomba dei giganti Su Mont'e S'Abe di Olbia

di Durdica Bacciu
Ph D.Bacciu  
Video: ArcheOlbia

durdicabacciu





La Tomba dei Giganti Su Monte de s’Abe si trova nelle immediate vicinanze del Castello  di Pedres e si raggiunge alla fine di uno stradello che parte dal 3° km della strada provinciale che da Olbia conduce a Padru. La regione Casteddu, che ospita appunto la sepoltura, è stata frequentatissima dalla preistoria sino al medioveo. In questa località sorgono appunto, oltre al castello di Pedres e il borgo medievale conosciuto come Villa Pedresa, un nuraghe, un villaggio preistorico di capanne e la tomba a corridoio dolmenico. Il monumento è composto interamente da grandi pietre di granito locale ed è orientato lungo l’asse NW-SE. Le parti fondamentali che compongono le tombe dei giganti sono principalmente due: il corpo allungato e l’esedra.

durdica bacciu La sepoltura presenta un corpo lungo circa 28 mt e fa di questa, forse, una delle tombe di giganti più grandi della Sardegna. E’ importante ricordare però che non tutto il corpo allungato è occupato dal corridoio funerario e che quest’ultimo è un po’ più corto. Questa differenza è riconducibile al fatto che la tomba, per come è osservabile ora, è l’evoluzione di una tomba più antica. Un allèè coverte o corridoio coperto era la sepoltura originaria, ampliata e inglobata nella tomba dei giganti come testimoniano appunto i rinvenimenti, fatti dall’archeologa Castoldi durante lo scavo condotto nel 1962, inquadrabili dall’Età del Bronzo Antico sino all’Età del Bronzo Recente. La sepoltura originaria era formata da lastre verticali infisse nel terreno e coperte da lastre orizzontali per tutta la sua lunghezza. Una sepoltura insomma, secondo i classici latini e greci, dedicata ai personaggi importanti. In un secondo momento la sepoltura viene ripresa e rivestita di filari orizzontali di pietre e viene creata l’esedra, l’arco anteriore alla sepoltura, dotato di sedile e di lastre verticali rivolte con la faccia piana all’esterno.

durdica bacciu
Lo scopo di questa variante era decorativo e di raccolta, dato che in questo modo si creava un ambiente semicircolare di fronte alla sepoltura stessa dove, sempre secondo le cronache latine, i sardi di allora si riunivano in preghiera o in adorazione dei loro cari. Si elabora infatti che la tomba dei giganti fosse una sepoltura collettiva almeno per le classi più abbienti della società nuragica e che questi personaggi importanti furono oggetto di adorazione da parte dei discendenti. Lo scavo e la ricerca hanno mostrato che i defunti venivano posizionati su un fianco con le ginocchia portate verso il petto e questo ha indotto gli archeologi a supporre una deposizione “fetale” per i morti, come se fossero appunto dei feti deposti nel grembo della Madre Terra. 
http://www.medasa.it/tomba-dei-giganti-cenni-di-archeologia/
 
A chiudere il corridoio funerario venne posta una grossa lastra sagomata a mo’ di porta denominata stele centina che, sulla comparazione di tombe simili quale S’Ena e Thomes di Dorgali si può ipotizzare raggiungesse l’altezza di 3 metri e 50. Ora la stele non è più  rinvenibile ma il rinvenimento di un pugnale e di altri elementi durante lo scavo ne evidenziano la caratteristica quale monumento funerario gentilizio.
Bibliografia:
G.Ugas, L'Alba dei nuraghi - Fabula edizioni, 2005
P.Mancini, Gallura preistorica, ed. Taphros 

Per sapere di più:
A. Taramelli, "Fogli 181-182: Tempio Pausania, Terranova Pausania" in Edizione archeologica della carta d'Italia al 100.000, 17, Firenze, Istituto geografico militare, 1939, p. 55;
D. Panedda, L'agro di Olbia nel periodo preistorico, punico e romano, collana "Collana di studi storici", Roma, L'erma, 1954, pp. 107-109, fig. 18;
E. Castaldi, "Nuove osservazioni sulle tombe di giganti", in Bullettino di paletnologia italiana, XIX, 77, 1968, pp. 7-25, 40-61, 65-77, 79-89, figg. 1-10, 21-29;
A. Sanciu, "Tomba di giganti di Su Monte de S'Ape", in Olbia e il suo territorio. Storia e archeologia, Ozieri, Il torchietto, 1991, pp. 131-132, fig. 38;  
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