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mercoledì 29 giugno 2016

I Sardi nel Mediterraneo - Il Popolo Shardana - ed. Domusdejanas 2010



di Marcello Cabriolu
Ph: Internet
Fin da epoche remote, e per via delle sue innumerevoli risorse, la Sardegna fu verosimilmente un crocevia di beni e di ricchezze provenienti dai commerci e dalla navigazione. Probabilmente culla della più antica marineria, l’isola riuscì, come prima testimonianza di floridi commerci, a distribuire l’ossidiana estratta sul Monte Arci e nell’Isola di Sant’Antioco[1]  dalle coste del Golfo del Leone sino alle coste della Puglia e poi fino in fondo alle foci del Danubio[2]. Grazie a studi accurati sono stati indagati i circa 300 punti di estrazione del “vetro vulcanico” collocati sul Monte Arci e sono stati individuati diversi tipi di ossidiana più o meno fragili probabilmente indicati per diversi usi. 

Monte Arci
 Naturalmente l’ossidiana è testimoniata anche in altri contesti estranei alla Sardegna collocati nel Mediterraneo Occidentale quali le Isole Pontine, Lipari e Pantelleria. Degna di riflessione è la constatazione che in questi ultimi contesti lo sviluppo della vita - o di una comunità in grado di estrarre e distribuire il materiale – si manifestò solamente in epoca storica, ponendo il dubbio su chi realmente fosse lo sfruttatore delle risorse. La distribuzione del materiale dei quattro principali giacimenti vede, nell’ambito dei contesti di fruizione sparsi tra l’arco franco ligure, la Corsica, l’Italia Centrale e l’Europa Danubiana, una spiccata preferenza per il materiale Sardo nelle sue quattro varianti. Pare doveroso chiedersi, in virtù dell’assenza di forme civili negli altri contesti produttivi, quale altro gruppo umano distribuì il materiale dando preferenza a quello Sardo. Lo scrivente, stimolato da altri studiosi quali ad esempio Mikkelj Tzoroddu, è portato a ipotizzare che solo la marineria sarda fosse in grado, in epoca preistorica, di distribuire da sola sia il proprio materiale che quello estratto dai siti precedentemente citati fissando perciò un vero e proprio controllo sul traffico di ossidiana[3]. La distribuzione del materiale, avvenuta in percentuali a favore del prodotto sardo (almeno il 50% del prodotto rilevato in ciascun sito di distribuzione), è riconducibile almeno al 12.200 + 400 BP ( Before Present – prima del presente), periodo indicato dalle datazioni ottenute dall’ossidiana rinvenuta nel Riparo Mochi (Egeo). Grazie a queste indelebili tracce nella storia è possibile testimoniare la capacità dei sardi, tacciati di isolamento, di muoversi al di fuori del contesto isolano.

L’elemento marino e la felice posizione geografica della Sardegna, al centro del Mediterraneo Occidentale, hanno costituito da sempre degli elementi di coesione anziché di isolamento. Basta riflettere su esempi quali il fiorire della Cultura campaniforme in Sardegna contemporaneamente a quella dell’Europa Centrale per capire quanto la Sardegna preistorica fosse in contatto con l’Europa continentale. Si può ancora studiare il successivo fenomeno dell’ipogeismo e ascoltare Giovanni Lilliu imputare l’origine degli ipogei eneolitici francesi della conca di Parigi ad una matrice sarda di cultura Abealzu – Filigosa[4], per avere altre testimonianze relative agli spostamenti dei Sardi. In merito al rapporto profondo e assodato tra i Sardi ed il Mediterraneo è possibile osservare l’arrivo precoce della metallurgia in Sardegna, congettura sostenuta pienamente dalle relative datazioni fatte da Tykot sulle lame di bronzo della necropoli di Mesu ‘e Montes (Ossi – Tomba II), imputate attorno al 3200 a.C e la spatola di Monte Baranta (Olmedo) del 2700 a.C.[5]. Grazie all’elemento marino le popolazioni nuragiche si rivelano esportatrici, sotto molti punti di vista, di elementi quali ad esempio la cultura materiale legata alla produzione del vino, oppure la cultura materiale legata alla produzione di armi, oppure ancora delle tecniche relative all’edilizia. Tra le regioni che condividono con la Sardegna del Bronzo Medio e del Bronzo Finale similitudini nell’edilizia abitativa e in quella religiosa troviamo la Penisola Iberica, la Francia, la Corsica e le Baleari, tutte regioni raggiungibili unicamente attraverso il mezzo marino. Si possono inoltre riscontrare somiglianze marcate, in ambito culturale, tra la Sardegna nuragica e svariati contesti umani oltre mare quali l’Etruria, il basso Tirreno, la Sicilia, le regioni ioniche e Creta, sia per quanto riguarda la ceramica della facies eoliana di Capo Graziano sia  per la presenza in tutti questi territori di brocche askoidi esclusivamente sarde[6]. A prova della familiarità con l’ambiente acquatico si possono inoltre citare le ceramiche nuragiche testimoniate a Cadice, Huelva, Sevilla e sull’Atlantico iberico a dimostrazione di una capacità commerciale di tutto rispetto[7]. La padronanza del mezzo acquatico permise ai Sardi di esportare l’attività edilizia e gli stili esclusivamente indigeni sino al Mediterraneo Orientale. La conferma di tale affermazione possiamo trovarla se analizziamo le capanne circolari del Levantino:
Capograziano - Sicilia
strutture abitative e di vario genere caratterizzate nell’architettura[8] [9] da elementi nostrani ravvisabili nell’inconfondibile paramento murario a sacco tipico delle architetture sarde. La Grecia micenea richiese l’intervento di mastri edili Sardi per edificare l’Unterburg di Tirinto come per la fonte Perseia di Micene; le sepolture ipogeiche a cassone litico circondate da circoli di pietre del diametro di 8 mt circa, create nella penisola greca [10], richiamano fortemente i circoli tombali di Arzachena e di Goni.
Goni - Circolo tombale
 
In aggiunta alle già numerose testimonianze si possono citare gli Hittiti come committenti di una muraglia favolosa per le città di Hattusha e di Buyukkake, oppure di un favoloso tunnel ad Alacha Huyuk in Anatolia[11], tutte prove di un’edilizia sarda giunta molto lontano. Infine sembra doveroso citare i contatti tenuti con l’antico Egitto grazie allo sfruttamento delle reti commerciali. I traffici di merci e di uomini, avvenuti attraverso il Mediterraneo, sono ora testimoniati nei dipinti raffiguranti l’aspetto dei principi delle Isole del Cuore del Verde Grande “recanti doni” ai faraoni Ashepsut e Tuthmosis III o verosimilmente commercianti con il regno Egizio. I caratteri somatici e le armi raffigurate nei dipinti egizi ci dimostrano che i principi delle Isole del Cuore del Verde Grande non sono Micenei, bensì appartengono al gruppo etnico dei Sardi o definiremmo meglio degli Shardana[12], citati persino nelle cronache a El Amarna tra il XIII e il XII secolo a.C.. Gli Shardana si rivelano tra i protagonisti di quella lega definita “dei Popoli del Mare” e delle vicende ad essa legate quali ad esempio l’invasione del Mediterraneo Orientale. L’antropologia ci fornisce ora i dati che ci supportano nell’elaborazione di chi fossero i Popoli del Mare ed in particolar modo su chi fossero gli Shardana e la loro identità Sarda.
 
Ramses III contro i popoli del mare
  Nonostante si conosca l’immagine riprodotta sui bassorilievi egizi, di certo non ci è ancora dato conoscere quale fosse la pigmentazione dei Sardi presenti in Egitto. Ad incoraggiarci in questa ricerca ritroviamo le analisi fatte sui rinvenimenti indigeni, le quali ci mostrano che l’indice cranico degli uomini Sardi di cultura Ozieri è accostabile alle popolazioni stanti nell’Egitto predinastico e a Creta[13]
. Dalle rappresentazioni dell’età del Bronzo[14] egizi e cretesi compaiono caratterizzati da un colorito abbronzato, che perciò ci porta a considerare che la pigmentazione dei Sardi, stanti anche nel Levantino, potesse essere più colorita rispetto a quella dei Sardi residenti nella Sardegna, magari a tal punto da meritare l’appellativo di “Phoinikes”- uomini rossi. Dalle raffigurazioni egizie sui dipinti delle tombe di Tebe del XV sec. a.C[15] emergono degli individui armati di spade a sezione triangolare con costolatura mediana, la cui valutazione ci permette di allacciarci agevolmente alla produzione metallica Sarda.
 
La produzione Sarda testimonia infatti che tali armi hanno una matrice indigena e che solo grazie al rapporto uomo sardo - mare questa produzione è potuta giungere oltre le sponde del Mediterraneo e portate alla forgiatura di modelli come quelli individuabili nel Midì francese, nella regione di El Argar, a Filitosa, Castaldu e Cauria in Corsica. Ancora si può affermare che l’esportazione della metallurgia, avvenuta nel Bronzo Medio ad opera di agenti nostrani, ci permette di individuare forme bronzee tipiche esclusive sarde anche nella penisola Iberica, nella Locride, sull’isola di Creta e nell’attuale Israele. In conclusione si può asserire che dal Bronzo Medio alla fine dell’età del Ferro, i Sardi gestissero rapporti commerciali e tecnologici navigando in lungo e in largo nel Mediterraneo, anziché stare isolati nel proprio contesto geografico, entrando in contatto con diverse civiltà, scambiandone i prodotti e cogliendone il Know – How o gli elementi che consideravano a proprio vantaggio.


[1] M. Cabriolu, La Preistoria a Sant’Antioco, Gruppo Ed. L’Espresso, 2008
[2] M. Tzoroddu, Kircandesossardos – Sardegna, ricerca dell’origine, Zoroddu Editore, Fiumicino 2008, p. 58
[3] D.Binder, J.Courtin, Un point sur la circolation de l’obsidienne dans le domaine provencal, in “Gallia Prehistoire”, 36 (1994), p.310 – 322
[4] G.Lilliu, Aspetti e problemi dell’ipogeismo Mediterraneo, serie IX vol. X fasc. 2, in A. Moravetti (a cura di) Sardegna e Mediterraneo negli scritti di Giovanni Lilliu, Carlo Delfino Editore, Sassari1998, p.2450
[5] R.H.Tykot, Radiocarbon dating and absolute chronology in Sardinia and Corsica, Skeates & Whitehouse, London 1994, p.115-145
[6] P. Bartoloni, I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari 2009, p.37
[7] Bartoloni, I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna, p.37
[8] L. Bernabò Brea, Gli Eoli e l’inizio dell’Età del Bronzo nelle Isole Eolie e nell’Italia meridionale: archeologia e leggende, Arte Tipografica, Napoli 1985, pp.151-201
[9] G. Ugas, L’Alba dei Nuraghi, Fabula, Cagliari 2005, p.199
[10] F. Matz, Creta Micene Troia, Primato, Collana Le grandi civiltà del passato, Roma 1958, p. 31
[11] Ugas, L’Alba dei Nuraghi, p. 200
[12] W. Wolf, Il mondo degli Egizi, Collana Le grandi civiltà del passato, Primato, Trieste 1958, p.153
[13] Ugas, L’Alba dei Nuraghi, p.254
[14] Ugas, L’Alba dei Nuraghi, p.254
[15] Ugas, L’Alba dei Nuraghi, pp.205-206

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