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Associazione ArcheOlbia
Promozione e Valorizzazione dei Beni Culturali

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ArcheOlbia
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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.

mercoledì 19 novembre 2025

I colori della tradizione - Abiti tradizionali sardi

Di Durdica Bacciu

PH: Durdica Bacciu 


Gli abiti tradizionali sardi rappresentano molto più che semplici capi di abbigliamento: sono un patrimonio vivo, un simbolo di identità e un ponte tra passato e presente. Ogni paese dell’isola possiede un proprio costume, diverso negli ornamenti, nei colori e nei dettagli, quasi come un linguaggio silenzioso che racconta la storia, la cultura e il carattere di quella comunità.


Indossare questi abiti significa portare con sé le radici della propria terra. Il gesto di allacciare un grembiule ricamato, sistemare un fazzoletto o indossare una giacca tradizionale non è solo estetica, ma una forma di rispetto verso i propri antenati. Ogni filo, ogni motivo decorativo, ogni tessuto custodisce secoli di tradizioni, abilità artigianali e valori tramandati di generazione in generazione.


L’orgoglio nell'indossarli nasce dalla consapevolezza che la Sardegna, pur cambiando e modernizzandosi, continua a riconoscersi nelle sue usanze. Durante le feste, le processioni e i momenti solenni, i costumi tradizionali diventano un segno di appartenenza: ricordano chi siamo, da dove veniamo e quanto sia forte il legame con la nostra cultura.


Per molti, indossare l’abito tradizionale significa sentire sulla pelle un’identità che non si è mai perduta, unire il proprio presente a un passato comune e ritrovare, nei colori e nei ricami, il senso profondo dell’essere sardi. 


Museo Brigata Sassari - Piazza Castello (Sassari)

Museo della Brigata Sassari  di Durdica Bacciu (Archeologa) 

Nel cuore della città di Sassari, dove le vie antiche portano ancora l’eco dei passi di generazioni, sorge un luogo capace di toccare l’anima: il Museo della Brigata Sassari. Non è un semplice spazio espositivo, ma un santuario civile dove la storia diventa carne e voce, dove si avverte il battito di un’identità collettiva forgiata nel sacrificio, nel coraggio e nell’amore per la propria terra.


La Brigata Sassari, nata nel 1915, è una delle unità più amate e rispettate dell’Esercito Italiano, l’unica formata originariamente da soli sardi. I suoi uomini – i “Diavoli Rossi” – hanno scritto pagine indimenticabili durante la Prima Guerra Mondiale, distinguendosi per valore e abnegazione nelle battaglie dell’Isonzo, del Carso e sulla neve dell’Altopiano di Asiago. Ma la loro storia non si ferma ai libri: continua nel Novecento, nelle missioni di pace, nelle operazioni umanitarie, nella presenza silenziosa ma fondamentale a fianco delle popolazioni colpite da calamità. È una storia fatta di volti, di nomi, di famiglie intere che hanno donato figli e speranze per un ideale più grande. 

Il museo racconta tutto questo con una forza straordinaria. Varcando la soglia, si viene accolti da uniformi, documenti, armi, lettere dal fronte, fotografie sbiadite che però bruciano di vita, testimonianze dirette di chi ha combattuto, sofferto e creduto. Non si tratta solo di oggetti: sono frammenti di un’epopea collettiva, tasselli di un’eredità che ancora oggi parla a chiunque sappia ascoltare. Gli allestimenti, curati con grande attenzione, accompagnano il visitatore in un viaggio emotivo che passa dal fragore della guerra alla dignità del ritorno, dalla memoria al presente.


Visitare il Museo della Brigata Sassari significa incontrare una parte profonda dell’identità sarda e italiana. Significa rendere omaggio a chi ha difeso la libertà con lealtà e sacrificio. Significa, soprattutto, capire che la Storia non è fatta solo di date, ma di uomini e donne reali, con le loro paure e il loro ardore. È una tappa imprescindibile per chi ama la cultura, la memoria, il valore della pace e il senso autentico della comunità.


Chi esce dal museo porta con sé qualcosa in più: la consapevolezza di appartenere a una storia grande, che continua ogni giorno grazie a chi non smette di credere nel futuro.

domenica 2 novembre 2025

Convegno Basilica di San Simplicio - Olbia

Comunicato Stampa San Simplicio: la struttura dalle origini a oggi Sabato 8 novembre 2025 – ore 18:30 Olbia – Basilica di San Simplicio L’Associazione Amici della Biblioteca Civica Simpliciana, in collaborazione con il Sistema Museale Integrato della Diocesi di Tempio-Ampurias, invita la cittadinanza alla conferenza “San Simplicio: la struttura dalle origini a oggi”, un’occasione per riscoprire la storia millenaria della Basilica e i suoi molteplici significati culturali e spirituali. L’evento nasce all’interno del Progetto San Simplicio, avviato nel 2018 dall’archeologo Marcello Cabriolu, con il contributo degli Architetti Prof. Antonio Careddu e Melania Isoni, dell’Ing. Leonardo Sini, del Geom. Antonella Mancini e sotto la revisione scientifica della Dott.ssa Archeologa Bacciu Durdica. Il progetto si propone di valorizzare in chiave multidisciplinare la Basilica minore di San Simplicio, attraverso: • ricerche agiografiche • studi scultorei e iconografici • analisi chimiche sugli affreschi e sul degrado strutturale • indagini sui fattori che favoriscono il turismo religioso Durante la conferenza verranno presentati i risultati di cinque anni di studio, con particolare attenzione agli elevati architettonici e all’evoluzione edilizia della Basilica nel corso dei secoli. Interverranno: • Marcello Cabriolu, Archeologo medievista • Andrea Careddu, Laureando in Beni Culturali • Don Antonio Tamponi, Rettore della Basilica • Matteo Micozzi, Presidente Ass. Amici Simpliciana • Salvatore Caligaris, Ass. Amici Simpliciana Un appuntamento imperdibile per chi ama la storia, l’arte e il patrimonio spirituale della città. Per informazioni: amicisimpliciana@gmail.com Instagram: @amicisimpliciana Facebook: @amicisimpliciana

giovedì 30 ottobre 2025

“Casteddos e Fortilesas” a Olbia va alla scoperta del Castello di Pedres con l'archeologo Marcello Cabriolu

 OLBIA. Nuovo appuntamento su CatalanTV (Canale 15) per la trasmissione “Casteddos e fortilesas”, programma in lingua sarda dedicato alla scoperta di alcuni dei castelli medievali più rappresentativi dell’isola. Giovedì 16 ottobre, alle 21.15, il giornalista Salvatore Taras sarà a Olbia, dove le telecamere del regista Mauro Fancello porteranno in tv un monumento molto noto, posizionato a poca distanza dall’Aeroporto Costa Smeralda e conosciuto soprattutto per la caratteristica silhouette dell’alta torre in parte crollata, che svetta su un rilievo granitico tra le fertili vallate a sud-ovest del capoluogo gallurese.

Lungo il percorso, Salvatore Taras incontrerà l’archeologo Marcello Cabriolu, originario di Sant’Antioco ma olbiese d’adozione, uno dei massimi esperti delle realtà archeologiche della zona. Pur non essendoci arrivate fonti scritte, si presume che il forte sia stato edificato nel XIII secolo da maestranze pisane durante il periodo visconteo, sotto il Giudicato di Gallura.

Attraverso una rampa di scale eretta per scopi militari durante la Seconda guerra mondiale, si accede a un primo piazzale circondato dalla vegetazione e, pochi metri più in alto, al piazzale superiore sul quale è posizionato il mastio.Pur non essendoci arrivate fonti scritte, si presume che il forte sia stato edificato nel XIII secolo da maestranze pisane durante il periodo visconteo, sotto il Giudicato di Gallura. L’area è interessata da testimonianze archeologiche molto antiche. La puntata su Pedres risulta di un certo interesse anche per il fatto che, di recente, l’accesso al pubblico è stato interrotto per motivi di sicurezza, a causa di lesioni alla torre principale con il conseguente pericolo di crolli. A impreziosire il format saranno le immagini dei figuranti in costume medievale dell’associazione Giudicato di Torres di Porto Torres. Al progetto hanno collaborato il giornalista enogastronomico Giovanni Fancello e il docente universitario Marco Milanese. Dopo Olbia la trasmissione proseguirà, ogni giovedì, con Burgos, Bosa, Osilo, Alghero, Posada, Sassari, Sanluri e Cagliari. L’attività è realizzata dalla casa di produzione db Video Management con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna. L’area è interessata da testimonianze archeologiche molto antiche. La puntata su Pedres risulta di un certo interesse anche per il fatto che, di recente, l’accesso al pubblico è stato interrotto per motivi di sicurezza, a causa di lesioni alla torre principale con il conseguente pericolo di crolli. 



A impreziosire il format saranno le immagini dei figuranti in costume medievale dell’associazione Giudicato di Torres di Porto Torres. Al progetto hanno collaborato il giornalista enogastronomico Giovanni Fancello e il docente universitario Marco Milanese. Dopo Olbia la trasmissione proseguirà, ogni giovedì, con Burgos, Bosa, Osilo, Alghero, Posada, Sassari, Sanluri e Cagliari. L’attività è realizzata dalla casa di produzione db Video Management con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna.

link: “Casteddos e Fortilesas” giovedì a Olbia va alla scoperta del Castello di Pedres - Sardegna Press

link video: https://www.facebook.com/share/v/17Y979Q9Js/ 

martedì 18 maggio 2021

Pillole di Basilica - San Simplicio - 12 novembre (1897)

 di Marcello Cabriolu

Pillole di Basilica - San Simplicio

Basilica di San Simplicio in Olbia
"...Lo scavo s'iniziò il 12 novembre (1897), ed ebbi per compagno di lavoro in queste indagini il dr. Demartis, a cui sono sommamente grato per la cortesia che volle usarmi... S'incominciò a frugare dietro la chiesa, sotto il finestrone dell'abside, e precisamente alla distanza di tredici metri dallo spigolo d'un muro moderno in rovina che delimita un appezzamento di terra degli eredi Paolino. Tolto il materiale che ingombrava in parte lo zoccolo dell'abside, e demolite, alla profondità di m.1,50, le pareti di due tombe già aperte da vecchia data, ci troviamo in un'area totalmente occupata da pietre scapole e rottami diversi."
PANEDDA D., 1953, Olbia nel periodo punico e romano, Carlo Delfino Editore, 1987, Sassari.

domenica 16 maggio 2021

Gallura Oggi - Su Monte ‘e S’Abe vandalizzato: disagio giovanile e voglia di affermarsi


 di Durdica Bacciu

su: https://www.galluraoggi.it/olbia-nova-news/monte-e-sabe-vandalizzato-disagio-giovanile-voglia-affermarsi-16-maggio-2021/

L’opinione di Durdica Bacciu.

Da pochi giorni, ho terminato un progetto con il Primo Circolo Scolastico di Olbia, dal titolo “Identità ritrovate”, promosso dal Fai, Fondo per l’Ambiente Italiano allo scopo di “ritrovare” la storia, l’archeologia e le tradizione del proprio territorio attraverso le linee guida del progetto “Ti racconto un posto”.

Durante tutto il progetto, i bambini della scuola primaria, 7 classi in totale, hanno partecipato attivamente alla riscoperta della loro città, mostrando uno spiccato interesse per l’educazione civica. In particolar modo, durante il progetto che si è occupato dell’acquedotto romano di Olbia, i bambini hanno realizzato dei cartelli sulle regole base per la tutela e salvaguardia dei siti archeologici. Le regole elencate ricordavano quanto sia assolutamente sbagliato salire sui monumenti, quanto sia dannoso per l’ambiente e per il sito l’abbandono delle cartacce o lasciare liberi i cani di fare i propri bisogni e di come sia fortemente non indicato pasticciare o distruggere strutture, regole semplici ma che fanno parte del civile modo di vivere comune.

Tutto questo nasce dalla necessità di riappropriarsi del proprio territorio e del lungo periodo di isolamento al quale siamo stati costretti a seguito di questa pandemia mondiale. In questi anni ho seguito centinaia di ragazzi e numerose scolaresche alla scoperta del territorio olbiese (e non), alla scoperta o conoscenza della sua storia ed ho favorito l’affermarsi della consapevolezza del patrimonio archeologico, con particolare attenzione alla salvaguardia dei beni culturali. Ho cercato di fare questo non perché volessi imporre una mia passione o conoscenza ma in quanto mi è parso importante e doveroso responsabilizzare i ragazzi su ciò che ancora vediamo come fondamentale per il loro avvenire, sia dal punto di vista lavorativo che culturale e identitario. Ritengo che la città di Olbia sia ricca di stimoli e di spunti di ricerca storici i quali andrebbero maggiormente valorizzati.

Ultimamente però noto sempre di più una crescente serie di atti di vandalismo sia nei confronti degli spazi comunali, sia verso le aree culturali, di cui oggi è accaduto l’ultimo episodio, in occasione di “Olbia Sping 2021″ . Ho potuto notare questo solo quando sono andata a visitare la Tomba dei Giganti di Su Monte ‘e S’Abe, situata nelle immediate vicinanze del Castello  di Pedres e raggiungibile alla fine di uno stradello che parte dal terzo chilometro della strada provinciale che da Olbia conduce a Loiri. La regione Casteddu, che ospita appunto la sepoltura, è stata frequentatissima dalla preistoria sino al medioevo. In questa località sorgono appunto, oltre al castello di Pedres e il borgo medievale conosciuto come Villa Pedresa, un nuraghe, un villaggio preistorico di capanne e la tomba a corridoio dolmenico. La sepoltura presenta un corpo lungo circa 28 mt e fa di questa, forse, una delle tombe di giganti più grandi della Sardegna. E’ importante ricordare però che non tutto il corpo allungato è occupato dal corridoio funerario e che quest’ultimo è un po’ più corto. Questa differenza è riconducibile al fatto che la tomba, per come è osservabile ora, è l’evoluzione di una tomba più antica. Un allée couverte o corridoio coperto era la sepoltura originaria, ampliata e inglobata nella tomba dei giganti come testimoniano appunto i rinvenimenti, fatti dall’archeologa Castoldi durante lo scavo condotto nel 1962, inquadrabili dall’Età del Bronzo Antico sino all’Età del Bronzo Recente. La sepoltura originaria era formata da lastre verticali infisse nel terreno e coperte da lastre orizzontali per tutta la sua lunghezza. Una sepoltura insomma dedicata ai personaggi importanti. In un secondo momento la sepoltura viene ripresa e rivestita di filari orizzontali di pietre e viene creata l’esedra, l’arco anteriore alla sepoltura, dotato di sedile e di lastre verticali rivolte con la faccia piana all’esterno.

Da queste poche righe, possiamo capire la grande testimonianza storica e archeologica della nostra tomba. Un sito frequentatissimo tutti i giorni, da turisti di ogni parte del mondo, da locali e dal turismo di prossimità. Un sito tenuto in ordine grazie all’impegno del Comune e dall’ufficio della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro – sede distaccata di Olbia. Tutto questo impegno, spesso viene messo a dura prova da atti non proprio di benvenuto verso il visitatore o semplice cittadino, e anche per chi ci crede e continua a promuovere il territorio di Olbia senza nessun interesse personale se non quello di vedere l’apprezzamento e la considerazione la storia e i siti. Per questo motivo mi chiedo il perché del vandalismo verso i cartelli esplicativi del sito? Il pannello didattico relativo alla sepoltura è stato realizzato nella passata gestione dell’Associazione ArcheOlbia, sotto la guida della sottoscritta, nel 2011/2012, compilato in 6 lingue (compreso il russo, predisposto come nuovo flusso turistico nel nostro territorio da diverso tempo).

Il pannello è stato deturpato con firme di vandali, realizzate con bombolette spray di diversi colori e forme, senza poi un vero e proprio motivo ma unicamente per il gusto di pasticciare forse dettato della noia. Spesso penso e posso capire che questi ragazzi abbiano anche voglia di parlare, di gridare, di affermarsi, di farsi sentire…ma certamente non è questo il modo, non possiamo assolutamente accettare una mancanza di rispetto per il bene di tutti causata da una insofferenza personale. Dobbiamo veramente fermarci un attimo a riflettere e ascoltare questa nuova gioventù, diversa dal passato perché rinchiusa in uno schermo senza essere ascoltata, senza potersi affermare se non attraverso una firma. Quella firma non indica un passaggio o una conquista ma un regredire dal punto di vista civile e del rispetto verso il prossimo, in primis verso la storia e verso l’impegno sociale.

Come operatore culturale e archeologa propensa alla divulgazione archeologica, non posso che condannare questi atti ma non posso rimanere indifferente verso un bisogno di voce dei giovani. Basti pensare che in tanti anni che mi occupo della valorizzazione dei siti olbiesi, è la prima volta che vedo i giovani spingersi sino al sito di Su Monte ‘e S’Abe, elemento questo che mostra unicamente una forte voglia di evasione.