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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.

mercoledì 26 novembre 2025

Sa Spendula: il canto segreto della roccia e del giovane D’Annunzio - Villacidro

 di Durdica Bacciu (Archeologa)

Ci sono luoghi che non sono soltanto paesaggi, ma incontri: spazi in cui la natura, la storia e la sensibilità di chi li attraversa si intrecciano in modo irripetibile. Sa Spendula, la celebre cascata di Villacidro, è uno di questi. È qui che, nel 1882, un giovanissimo Gabriele D’Annunzio trovò un’immagine potente della Sardegna e lasciò una delle testimonianze più affascinanti del suo primo periodo creativo.

Nel maggio del 1882 un Gabriele D’Annunzio appena diciannovenne, si recò in Sardegna con gli amici  Edoardo Scarfoglio e Cesare Pascarella, con i quali collaborava alla rivista letteraria e satirica Capitan Fracassa. I tre decisero di attraversare l’isola per scoprirne luoghi, atmosfere e storie da raccontare.


Durante quel viaggio fecero tappa anche a Villacidro, nel Medio Campidano. Qui vennero accolti dallo scrittore e giornalista Ranieri Ugo, che li accompagnò nella casa del professor Giuseppe Todde, nel centro del paese. Dopo il pranzo, con una pioggia incessante, il gruppo decise di raggiungere la cascata di Sa Spendula, una delle meraviglie naturali più suggestive del paese e del medio campidano.

Fu proprio quella pioggia infinita, unita al fragore dell’acqua e al paesaggio selvaggio, a colpire profondamente il giovane poeta. La sera del 17 maggio 1882, al rientro dalla passeggiata, D’Annunzio scrisse il sonetto dedicato alla cascata. Il testo fu poi pubblicato pochi giorni dopo, il 21 maggio, sulle pagine di Capitan Fracassa.

Quel breve soggiorno lasciò un ricordo vivido anche negli altri membri del gruppo. Da Roma, Edoardo Scarfoglio descrisse così Villacidro:

“Villacidro, un pezzo di Svizzera sarda, un piccolo paradiso pieno di berrettoni neri e di saioni di pelle d’agnello e di caprari, accovacciato tra il Monti Omo e il Cuccureddu.”

Una descrizione che restituisce bene il fascino di un territorio capace di sorprendere anche viaggiatori abituati ai grandi centri culturali della penisola e dell'Europa di allora. 


Rileggendo oggi questa testimonianza, colpisce come un luogo possa imprimersi nell’immaginazione fino a diventare poesia. Sa Spendula non fu per D’Annunzio soltanto una cascata: fu un incontro con la forza primordiale della Sardegna, un momento in cui natura e sentimento si fusero in un’ispirazione immediata.
E forse è proprio questo il segreto dei luoghi che continuano a parlarci: la capacità di lasciare tracce, di trasformare un semplice viaggio in un ricordo che attraversa il tempo e ancora oggi ci invita a riscoprire il paesaggio con sguardo nuovo.

Poesia Sa Spendula

Dense di celidonie e di spineti
le rocce mi si drizzano davanti
come uno strano popolo d’atleti
pietrificato per virtù d’incanti.
Sotto fremono al vento ampi mirteti
selvaggi e gli oleandri fluttuanti,
verde plebe di nani; giù pei greti
van l’acque della Spendula croscianti.
Sopra, il ciel grigio, eguale. A l’umidore
della pioggia un acredine di effluvi
aspra esalano i timi e le mortelle.
Ne la conca verdissima il pastore
come fauno di bronzo, su ‘l calcare,
guarda immobile, avvolto in una pelle.

In questi versi dedicati a Sa Spendula, D’Annunzio sembra consegnarci non un semplice paesaggio, ma la rivelazione improvvisa di una natura che respira, trema e ricorda. Le rocce non sono pietre mute: sono corpi antichi, atleti pietrificati nel gesto di un’origine remota, figure possenti che il poeta coglie nell’istante in cui il mito sfiora la terra.

Sotto di loro, la vegetazione selvaggia — mirteti, oleandri, erbe dure e tenaci — non è un ornamento, ma una piccola folla inquieta, una “verde plebe di nani” agitata dal vento, come se la stessa Sardegna custodisse un popolo segreto che vive tra le radici e la scrosciante potenza dell’acqua.

E l’acqua, la Spendula, non scende: accade.
Scroscia, vibra, si fa suono primordiale e battito, cuore liquido di quella conca verdissima. Il cielo, uniforme e grigio, pesa come una volta sacra, mentre la pioggia accende nell’aria un’“acredine di effluvi” che il poeta sente sul volto come una carezza aspra, un richiamo selvaggio di timo e mortella.

E poi, nella quiete che segue la tempesta dei sensi, appare lui: il pastore.
Ma non come un uomo: come un fauno, una creatura sospesa tra umano e divino, immobilizzata sul calcare come un bronzo arcaico. Il suo silenzio è più eloquente del fragore dell’acqua, perché svela ciò che la poesia sarda più profonda porta con sé: l’antico patto tra l’uomo e la terra, tra la carne e la pietra, tra la voce e il silenzio.

In questo sonetto il giovane D’Annunzio non descrive: evoca.
Non osserva: invoca.
E nella cascata di Villacidro ritrova un frammento di quel mistero primordiale che l’Isola, generosa e arcana, concede solo a chi sa guardarla con stupore.

mercoledì 19 novembre 2025

I colori della tradizione - Abiti tradizionali sardi

Di Durdica Bacciu

PH: Durdica Bacciu 


Gli abiti tradizionali sardi rappresentano molto più che semplici capi di abbigliamento: sono un patrimonio vivo, un simbolo di identità e un ponte tra passato e presente. Ogni paese dell’isola possiede un proprio costume, diverso negli ornamenti, nei colori e nei dettagli, quasi come un linguaggio silenzioso che racconta la storia, la cultura e il carattere di quella comunità.


Indossare questi abiti significa portare con sé le radici della propria terra. Il gesto di allacciare un grembiule ricamato, sistemare un fazzoletto o indossare una giacca tradizionale non è solo estetica, ma una forma di rispetto verso i propri antenati. Ogni filo, ogni motivo decorativo, ogni tessuto custodisce secoli di tradizioni, abilità artigianali e valori tramandati di generazione in generazione.


L’orgoglio nell'indossarli nasce dalla consapevolezza che la Sardegna, pur cambiando e modernizzandosi, continua a riconoscersi nelle sue usanze. Durante le feste, le processioni e i momenti solenni, i costumi tradizionali diventano un segno di appartenenza: ricordano chi siamo, da dove veniamo e quanto sia forte il legame con la nostra cultura.


Per molti, indossare l’abito tradizionale significa sentire sulla pelle un’identità che non si è mai perduta, unire il proprio presente a un passato comune e ritrovare, nei colori e nei ricami, il senso profondo dell’essere sardi. 


Museo Brigata Sassari - Piazza Castello (Sassari)

Museo della Brigata Sassari  di Durdica Bacciu (Archeologa) 

Nel cuore della città di Sassari, dove le vie antiche portano ancora l’eco dei passi di generazioni, sorge un luogo capace di toccare l’anima: il Museo della Brigata Sassari. Non è un semplice spazio espositivo, ma un santuario civile dove la storia diventa carne e voce, dove si avverte il battito di un’identità collettiva forgiata nel sacrificio, nel coraggio e nell’amore per la propria terra.


La Brigata Sassari, nata nel 1915, è una delle unità più amate e rispettate dell’Esercito Italiano, l’unica formata originariamente da soli sardi. I suoi uomini – i “Diavoli Rossi” – hanno scritto pagine indimenticabili durante la Prima Guerra Mondiale, distinguendosi per valore e abnegazione nelle battaglie dell’Isonzo, del Carso e sulla neve dell’Altopiano di Asiago. Ma la loro storia non si ferma ai libri: continua nel Novecento, nelle missioni di pace, nelle operazioni umanitarie, nella presenza silenziosa ma fondamentale a fianco delle popolazioni colpite da calamità. È una storia fatta di volti, di nomi, di famiglie intere che hanno donato figli e speranze per un ideale più grande. 

Il museo racconta tutto questo con una forza straordinaria. Varcando la soglia, si viene accolti da uniformi, documenti, armi, lettere dal fronte, fotografie sbiadite che però bruciano di vita, testimonianze dirette di chi ha combattuto, sofferto e creduto. Non si tratta solo di oggetti: sono frammenti di un’epopea collettiva, tasselli di un’eredità che ancora oggi parla a chiunque sappia ascoltare. Gli allestimenti, curati con grande attenzione, accompagnano il visitatore in un viaggio emotivo che passa dal fragore della guerra alla dignità del ritorno, dalla memoria al presente.


Visitare il Museo della Brigata Sassari significa incontrare una parte profonda dell’identità sarda e italiana. Significa rendere omaggio a chi ha difeso la libertà con lealtà e sacrificio. Significa, soprattutto, capire che la Storia non è fatta solo di date, ma di uomini e donne reali, con le loro paure e il loro ardore. È una tappa imprescindibile per chi ama la cultura, la memoria, il valore della pace e il senso autentico della comunità.


Chi esce dal museo porta con sé qualcosa in più: la consapevolezza di appartenere a una storia grande, che continua ogni giorno grazie a chi non smette di credere nel futuro.

domenica 2 novembre 2025

Convegno Basilica di San Simplicio - Olbia

Comunicato Stampa San Simplicio: la struttura dalle origini a oggi Sabato 8 novembre 2025 – ore 18:30 Olbia – Basilica di San Simplicio L’Associazione Amici della Biblioteca Civica Simpliciana, in collaborazione con il Sistema Museale Integrato della Diocesi di Tempio-Ampurias, invita la cittadinanza alla conferenza “San Simplicio: la struttura dalle origini a oggi”, un’occasione per riscoprire la storia millenaria della Basilica e i suoi molteplici significati culturali e spirituali. L’evento nasce all’interno del Progetto San Simplicio, avviato nel 2018 dall’archeologo Marcello Cabriolu, con il contributo degli Architetti Prof. Antonio Careddu e Melania Isoni, dell’Ing. Leonardo Sini, del Geom. Antonella Mancini e sotto la revisione scientifica della Dott.ssa Archeologa Bacciu Durdica. Il progetto si propone di valorizzare in chiave multidisciplinare la Basilica minore di San Simplicio, attraverso: • ricerche agiografiche • studi scultorei e iconografici • analisi chimiche sugli affreschi e sul degrado strutturale • indagini sui fattori che favoriscono il turismo religioso Durante la conferenza verranno presentati i risultati di cinque anni di studio, con particolare attenzione agli elevati architettonici e all’evoluzione edilizia della Basilica nel corso dei secoli. Interverranno: • Marcello Cabriolu, Archeologo medievista • Andrea Careddu, Laureando in Beni Culturali • Don Antonio Tamponi, Rettore della Basilica • Matteo Micozzi, Presidente Ass. Amici Simpliciana • Salvatore Caligaris, Ass. Amici Simpliciana Un appuntamento imperdibile per chi ama la storia, l’arte e il patrimonio spirituale della città. Per informazioni: amicisimpliciana@gmail.com Instagram: @amicisimpliciana Facebook: @amicisimpliciana

giovedì 30 ottobre 2025

“Casteddos e Fortilesas” a Olbia va alla scoperta del Castello di Pedres con l'archeologo Marcello Cabriolu

 OLBIA. Nuovo appuntamento su CatalanTV (Canale 15) per la trasmissione “Casteddos e fortilesas”, programma in lingua sarda dedicato alla scoperta di alcuni dei castelli medievali più rappresentativi dell’isola. Giovedì 16 ottobre, alle 21.15, il giornalista Salvatore Taras sarà a Olbia, dove le telecamere del regista Mauro Fancello porteranno in tv un monumento molto noto, posizionato a poca distanza dall’Aeroporto Costa Smeralda e conosciuto soprattutto per la caratteristica silhouette dell’alta torre in parte crollata, che svetta su un rilievo granitico tra le fertili vallate a sud-ovest del capoluogo gallurese.

Lungo il percorso, Salvatore Taras incontrerà l’archeologo Marcello Cabriolu, originario di Sant’Antioco ma olbiese d’adozione, uno dei massimi esperti delle realtà archeologiche della zona. Pur non essendoci arrivate fonti scritte, si presume che il forte sia stato edificato nel XIII secolo da maestranze pisane durante il periodo visconteo, sotto il Giudicato di Gallura.

Attraverso una rampa di scale eretta per scopi militari durante la Seconda guerra mondiale, si accede a un primo piazzale circondato dalla vegetazione e, pochi metri più in alto, al piazzale superiore sul quale è posizionato il mastio.Pur non essendoci arrivate fonti scritte, si presume che il forte sia stato edificato nel XIII secolo da maestranze pisane durante il periodo visconteo, sotto il Giudicato di Gallura. L’area è interessata da testimonianze archeologiche molto antiche. La puntata su Pedres risulta di un certo interesse anche per il fatto che, di recente, l’accesso al pubblico è stato interrotto per motivi di sicurezza, a causa di lesioni alla torre principale con il conseguente pericolo di crolli. A impreziosire il format saranno le immagini dei figuranti in costume medievale dell’associazione Giudicato di Torres di Porto Torres. Al progetto hanno collaborato il giornalista enogastronomico Giovanni Fancello e il docente universitario Marco Milanese. Dopo Olbia la trasmissione proseguirà, ogni giovedì, con Burgos, Bosa, Osilo, Alghero, Posada, Sassari, Sanluri e Cagliari. L’attività è realizzata dalla casa di produzione db Video Management con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna. L’area è interessata da testimonianze archeologiche molto antiche. La puntata su Pedres risulta di un certo interesse anche per il fatto che, di recente, l’accesso al pubblico è stato interrotto per motivi di sicurezza, a causa di lesioni alla torre principale con il conseguente pericolo di crolli. 



A impreziosire il format saranno le immagini dei figuranti in costume medievale dell’associazione Giudicato di Torres di Porto Torres. Al progetto hanno collaborato il giornalista enogastronomico Giovanni Fancello e il docente universitario Marco Milanese. Dopo Olbia la trasmissione proseguirà, ogni giovedì, con Burgos, Bosa, Osilo, Alghero, Posada, Sassari, Sanluri e Cagliari. L’attività è realizzata dalla casa di produzione db Video Management con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna.

link: “Casteddos e Fortilesas” giovedì a Olbia va alla scoperta del Castello di Pedres - Sardegna Press

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