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“Aprire il passato significa raccontarlo. Alla comunità scientifica sì, ma soprattutto alla comunità dei cittadini cui il lavoro degli archeologi e, più in generale, degli operatori dei beni culturali deve rivolgersi.”.
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domenica 11 febbraio 2018

Villaggio minerario abbandonato di Guzzurra - Lula

di Durdica Bacciu
Ph D.Bacciu

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L'antico villaggio di Guzzurra, si trova su una piccola collina che si affaccia sulla bellissima vallata del Monte Albo. A tutt'oggi si possono ancora vedere: l’edificio della direzione, gli alloggi degli operai e una cisterna sotterranea per l’acqua. Vista l'importanza e la grandezza del sito, vi erano presenti un ospedale e una stazione dei Carabinieri.
archeolbiaLa miniera legata al villaggio vede l'attività estrattiva in funzione nel XIX sec., nel 1845 infatti, fu concesso al nobile Antonino Guiso di Ozieri, di effettuare dei sondaggi alla ricerca della galena e nel 1852 fu aperta per le estrazioni dalla Società Gerard e Signe. Nel 1868 vede numerosi ampliamenti attraverso la creazione di numerose gallerie per intensificare l'attività estrattiva. Nonostante l'attività abbia portato buoni risultati, si arriva ad un periodo di costi troppo alti, sia per creare nuove gallerie e sia per portare nuovi macchinari e cosi, nel 1878 la miniera viene abbandonata. Nel 1902, la miniera viene presa in gestione dalla società Pertusola che ne prolunga l'attività sino al 1918. A partire dal 1919 gli unici lavori che vengono fatti sono quelli di messa in sicurezza e di manutenzione.
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La concessione venne dichiarata decaduta con D.M. del 7 luglio 1927. Nella seconda metà del XX secolo, la società RI.MI.SA, effettuerà nuovi sondaggi alla ricerca con la speranza di trovare nuovi filoni di coltivazioni galenifere ma senza risultato. A seguito di questa deludente ricerca, la minera e il villaggio furono abbandonati per sempre.
Si ha la sensazione di un abbandono silenzioso e di rispetto, verso qualcosa che ha dato vita e sostentamento a più di 100 persone. Gli edifici si presentano semidistrutti, dove i segni del tempo hanno fatto piano piano implodere parti delle strutture, senza una azione umana di abbattimento.

(fonte Roberto Curreli, La miniera di Guzzurra, in La gazzetta del Sulcis-Inglesiente; minieredoro.it)

domenica 28 gennaio 2018

Quando il tempo si ferma...Badu Andria

di Durdica Bacciu
Ph D.Bacciu

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Ingresso villaggio
Situato nell'odierno territorio del Comune di Padru, a circa 15 km da esso, si trova, immerso nella vegetazione e nei graniti, il villaggio abbandonato di Badu Andria. Il toponimo Badu Andria traduce letteralmente dal sardo il termine Guado di Andrea e ci indica un gruppo di circa 10 unità abitative poste in prossimità di un guado sul rio Liestru, in regione Su Parisi de Sa Massa, a circa 403 m s.l.m.
Le prime testimonianze riguardanti il sito abbandonato, ci vengono documentate da uno scritto di Enrico Costa, datato al 1892, dove si testimonia una popolazione pari a 50 unità. Gli abitanti di questo sito erano originariamente pastori provenienti da Buddusò per la transumanza, ma poi fermatisi per il contratto di "mezzadria", cambiarono radicalmente il loro lavoro e si dedicarono alle attività legate alla coltivazione della terra. Questa veniva concessa da un proprietario terriero insieme al foraggio e ai buoi, mentre il contadino metteva a disposizione la manodopera cosi che tutti i prodotti e i frutti ricavati venivano divisi tra le parti. Attraverso questa nuova forma, il villaggio acquisiva una certa importanza e estensione rientrando in quelli che venivano chiamati "I salti" (Sos Saltos de Josso), una regione assai vasta che negli anni della sua fondazione, fine 1700 inizi 800, vedeva una sua porzione occupare il territorio comunale di Buddusò.
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Il primo nucleo dell'abitato è formato da una costruzione di pianta rettangolare, senza il tetto, la cui costruzione richiama parecchio la tipologia degli stazzi galluresi: orientamento delle principali porte e finestre verso il sole nascente, alzato fatto di cantonetti regolari di granito, tanti ambienti disposti in maniera longitudinale. Un settore della casa non presenta intonaco esterno ed interno (pietra a vista) e il tetto è crollato. Nelle pareti laterali possiamo osservare i classici armadi a muro o semplici ripiani su mensole di legno ormai segnate dal tempo. 
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Particolare porta ingresso con lunotto
La parte finale, del primo complesso, risulta ancora coperta da coppi sardi di colore rosso con evidenti tracce di licheni e un ingresso alla struttura con un architrave sormontato da due cantonetti a mò di lunotto.
Il gruppo abitativo successivo sembra appartenere al medesimo nucleo famigliare sia per l'elevato delle costruzioni che per la vicinanza tra gli edifici. Innanzitutto sono strutturalmente differenti dalla prima costruzione descritta e presentano un'architettura a palazzina su due piani. Gli ingressi e le finestre del primo edificio si aprono, anche in questo caso, nel lato orientale della struttura confermando una caratteristica tipica della regione. Frontale a questa si trova un altro edificio a due piani con le aperture principali, questa volta, aperte verso occidente quasi a voler mostrare una  pertinenza o comunque un legame con la prima palazzina o di proprietà della stessa famiglia. Da una prima analisi visiva queste costruzioni parrebbero successive alla prima descritta , il che fa supporre un primo impianto di tipo agro pastorale a cui poi è succeduto un ampliamento dovuto ad una crescita del nucleo famigliare o una crescita socio-economica.
Prima Palazzina
La palazzina a est mostra una facciata di corsi regolari in granito, un uscio rifinito da elementi ben sagomati e sormontato da una finestra ormai obliterata. Il piano terra della palazzina si presenta intonacato e imbiancato, con a destra un'ampia camera con camino, finestre e un ripostiglio.
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Seconda Palazzina
Attraverso una scala in muratura di poderosi parallelopipedi di granito si sale al primo piano dove a destra si apre una camera ormai spoglia ma con il tetto ancora integro impostato su una lunga trave su cui poggiano le traverse ormai anneriti dal tempo e dall'abbandono. Ancora sul  piano del tetto, impostato a doppio spiovente, residuano coppi e tegole sarde, ma non ci è dato sapere se il controtetto era reso in canne oppure in pannelli di legno. Sulla sinistra del primo piano si apre un altro spazio a cui non si può accedere.
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Complesso finale
Continuando la stradina in leggera salita, compare una nuova struttura impostata di nuovo in maniera longitudinale sviluppata in un unico livello con aperture principali sul lato orientale. Il circondario mostra la chiusura, con muretti a secco, di vari settori probabilmente destinati al contenimento del bestiame. Il nucleo abitativo si presenta assai importante e ben chiaro, mostrando, quasi congelate nel tempo, le fasi edilizie e cronologiche che hanno caratterizzato la nascita e la crescita dell'agglomerato e il suo successivo abbandono. Abbandono che, dalla lettura dei contorni e degli interni è verosimilmente avvenuta gradualmente, senza catastrofici eventi naturali o umani, dato che le ultime attività antropiche sono ricordate sino alle fasi finali degli anni 60 del XX secolo attraverso la celebrazione di un matrimonio.

Non importa quanto il tempo passa,non importa cosa prende posto provvisoriamente, ci sono cose che non verranno mai assegnate all'oblio, memorie che nessuno può rubare.
Haruki Murakami